Editoriale
2 E. Massimi
La domenica per i cristiani in Europa
Interviste
5 La domenica in Europa
6 A . Haquin
In Belgio
9 F. Wernert
In Francia
13 K.P. Dannecker
In Germania
17 L. Berzano
In Italia
21 J.A. Goñi Beásoain de Paulorena
In Spagna
24 L. Pope scu
In Romania
27 I . Pákozdi
In Ungheria
Postfazioni
29 L. Girardi
Una rilettura teologico-liturgica
34 F. Zaccaria
Una rilettura teologico-pastorale
Formazione
39 E. Beaumer
Schede
3. «Domeniche delle famiglie»
44 A . Meneghetti
Liturgia e disabilità: percorsi
3. Domenica e pastorale inclusiva
49 G. Sgroi
Pietà popolare e liturgia
3. Confraternite e processioni
Sussidi e testi
54 R . Barile
Dal Vaticano II ad oggi.
Magistero e domenica
59 G. Bezze
IC e domenica.
L’esperienza di Padova
Segnalazioni
EDITORIALE
Elena Massimi
La domenica per i cristiani
in Europa
1. Una ricerca commissionata prima dell’emergenza Covid 19. Il presente numero di Rivista di pastorale liturgica esplora come i cristiani (e non), in alcuni Paesi europei e in differenti contesti, sia rurali che urbani, vivono la domenica. In realtà dovremmo dire che vivevano così: la pandemia ha certamente sconvolto ciò che leggiamo nei contributi. Eppure, il tema merita di essere ancora studiato, senza farci catturare completamente dal momento attuale. 2. L’uomo ha smarrito la festa? «Senza la domenica non possiamo vivere »: così testimoniarono i 49 martiri di Abitène che nel 304 preferirono morire piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore. Oggi possiamo fare nostra questa espressione? La domenica rappresenta uno dei nodi pastorali più problematici. La Pasqua settimanale sembra ormai ai margini della società odierna. L’uomo contemporaneo, oscillando tra il lavoro e il tempo libero, ha smarrito il senso autentico della festa. «Si potrebbe definire l’inizio e lo svolgersi della società moderna come l’avvento del tempo vuoto»: scrive A. Rizzi1. I centri commerciali rappresentano i nuovi templi, nei quali di domenica, considerato oramai giorno lavorativo, ci si incontra per consumare2, lontani dalle logiche di gratuità proprie della festa e del rito. Questo numero ci permette di fare il punto sulla situazione, in un certo senso viaggiando nel tempo e nello spazio. 3. La domenica in questo tempo di pandemia. I lettori non troveranno studi dedicati a questo tema nel fascicolo. Ci sembra però possibile raccogliere ora alcuni interrogativi che le riletture affidate a L. Girardi e F. Zaccaria sapranno rintracciare negli approfondimenti svolti. A partire dal nostro contesto eccezionale, dovremmo dunque chiederci: quale sarà il volto delle nostre comunità? Quali le conseguenze del lockdown, del distanziamento, dell’assenza prolungata della celebrazione eucaristica domenicale? Lungi dal fare analisi affrettate, potremmo però, cautamente, tentare di rileggere alcune situazioni intuendo forse possibili sviluppi. 4. La quarantena come grande sabato? In una breve riflessione sul futuro ai tempi del Coronavirus, il filosofo U. Galimberti evidenzia come abbiamo «affidato la nostra identità al ruolo lavorativo. [Per questo il lockdown ha procurato un senso di vuoto e smarrimento – nda] … La sospensione dalla funzionalità ci costringe con noi stessi: degli sconosciuti, se non abbiamo mai fatto una riflessione sulla vita, sul senso di cosa andiamo cercando»3. Ci si chiede quali vie possa aprire una tale situazione, potrebbe forse portare l’uomo contemporaneo a ricercare il senso dell’esistenza, uscendo dalle logiche economiche? 5. Dal digitale al relazionale. Oggi, inoltre, ancor più rispetto a qualche mese fa, la nostra socializzazione è affidata al digitale. Fortunatamente questo, sebbene siamo immersi in una società segnata dall’individualismo, sembra far emergere una nostalgia di «relazioni sociali secondo natura»: vederci sullo schermo non ci basta. Se la situazione descritta rappresentasse l’occasione per individuare possibili vie di accesso per l’uomo contemporaneo al senso profondo della domenica? Relazioni, corpo, ricerca di senso, sono infatti determinanti nelle logiche celebrative e festive. 6. Una migrazione digitale che pare pericolosa. D’altra parte, dobbiamo anche chiederci quali saranno le conseguenze o i rischi che si corrono, con il perdurare di celebrazioni domenicali in streaming. Se, da una parte, si percepisce «la nostalgia di una comunità, di un rito reale, non formale, cui uno partecipa e che gli scandisce la vita, [e] resta il bisogno di un luogo, di un punto di riferimento, di uno spazio, di un ambiente fatto di volti, di un popolo cui si appartiene, anche fisicamente rappresentato»4, dall’altra forse l’assenza prolungata di celebrazioni reali potrebbe anche condurre ad una disaffezione per la messa domenicale. Un dato interessante, a tale proposito, è come prevalgano nella popolazione più i segni di fede che di indifferenza religiosa. Nell’attuale emergenza sanitaria un quarto degli italiani ha l’esigenza di una vita spirituale più forte, che porta ad un incremento della preghiera. Nota Garelli, però, come «la crescita del bisogno religioso e spirituale è comunque circoscritta, coinvolge molto di più i credenti impegnati o i cattolici praticanti che il vasto insieme dei credenti/cattolici che vivono ai margini di una vita di fede e di Chiesa. Nessun cambio di indirizzo o prospettiva si manifesta invece tra i non credenti» 5. 7. La domenica nella fase 2. Se ci spostiamo sul piano propriamente celebrativo dobbiamo chiederci come conciliare le dinamiche rituali con il distanziamento sociale, con l’uso delle mascherine, dei guanti, con la sostituzione (provvisoria) dell’acquasantiera con il dispenser del disinfettante. Come potremmo regolare chi ha accesso alla celebrazione e chi deve rimanere fuori perché nella chiesa si è raggiunto il numero massimo consentito di fedeli? Potremmo ancora parlare di celebrazioni accoglienti quando non possiamo accogliere tutti? E poi come ci comporteremo quando qualcuno si avvicina eccessivamente, o al primo colpo di tosse di chi siede al banco vicino al nostro? Proveremo sentimenti di paura? Ritroveremo probabilmente gli ostiari alle porte della chiesa che regoleranno l’entrata dei fedeli e si assicureranno che tutti prendano posto secondo quanto stabilito dai protocolli; il volto della comunità cambierà, dal momento che forse gli anziani, essendo più a rischio contagio, saranno invitati a rimanere a casa e la gestione dei bambini e dei ragazzi del catechismo impegnerà richiedendo un numero maggiore di catechisti. Inoltre, come vivremo la gioia dell’incontro senza un abbraccio, il gioco (a squadre) nel cortile dell’oratorio, l’incontro delle famiglie? 8. Un tempo di creatività. Probabilmente in questo tempo dovremmo tentare di riflettere sul futuro individuando cammini, progetti, interventi che possono essere dispiegati a partire dalla situazione attuale. Dovremmo tener presente che cambieranno anche le dinamiche all’interno dei centri commerciali (sarà così gradevole attendere in fila fuori dal negozio per entrare uno alla volta?). Chissà, forse tutto ciò rappresenta l’occasione per individuare alcune vie (lunghe) che potranno condurre l’uomo contemporaneo a riscoprire che «Senza la domenica non possiamo vivere».