INDEX
Per comunicare meglio
60. I casi difficili/29
Esposti in prima persona, con le proprie
vicende personali (R. Laurita)
I nostri modi di dire
20. Gesù accoglie tutti
1. «Gesù accoglie tutti». L’accoglienza,
le porte chiuse e le città murate (A. Carrara)
2. «Gesù accoglie tutti». tutti, ma proprio tutti? (D. Albarello)
3. Per un’accoglienza generosa e intelligente (M. Ambrosini)
Il giardino del mondo
Un invito a meravigliarsi, custodire, coltivare la vita (C. Cremonesi)
Dalla 16ª alla 20ª ordinaria
19 luglio / 16 agosto
16ª domenica ordinaria (M. D’Agostino, M. Torcivia, M. Orizio)
17ª domenica ordinaria (M. D’Agostino, P. Bignardi, M. Orizio)
18ª domenica ordinaria (M. D’Agostino, + F.G. Brambilla, A. Ghersi)
19ª domenica ordinaria (M. D’Agostino, L. Alici, A. Ghersi)
Assunzione della Vergine Maria (M. D’Agostino, S. Cumia)
20ª domenica ordinaria (M. D’Agostino, L. Vantini, A. Ghersi)
60.
I casi difficili /29
Esposti in prima persona,
con le proprie vicende personali
di Roberto Laurita
Nella precedente puntata abbiamo sviluppato l’analisi della risposta di un prete alla lettera anonima di “un Amico” che gli era stata inviata. Ci aveva colpito il piglio diretto, la schiettezza del dialogo, il contrappunto tra il passato e il presente, il contenuto riguardante vita cristiana e ministero sacerdotale. A proposito di quest’ultimo tema potremmo domandarci: qual è la sorgente di questo modo di vedere il servizio presbiterale? Perché la coscienza dei propri limiti («non essere sempre all’altezza della missione ricevuta»), dell’alto ideale che si propone («essere prete secondo il cuore di Dio e le giuste esigenze della gente») non lo fa sprofondare nel pessimismo o nei sensi di colpa? Le ragioni sono due e vengono esplicitate da due frasi, collocate una dopo l’altra, che costituiscono un po’ i cardini di tutto il discorso:
• «So che il Signore è con me e che è Lui che mi ha chiamato ad essere prete e che non mi abbandona mai».
• «Poi trovo affetto, collaborazione, vicinanza, sostegno da molte persone e questo fa sì che non mi sento mai solo, anche nei momenti difficili e impegnativi». Così, paradossalmente, grazie a questi due punti di riferimento, accade che anche l’essere considerati «una razza in via di estinzione» non fa paura e si è «pienamente d’accordo» nel ravvisare anche nella crisi numerica dei preti «un segno di Dio» e «una provvidenza».
5. Ma c’è un altro aspetto che vorremmo segnalare ai nostri lettori e che colpisce in questo testo: l’equilibrio tra razionale e affettivo, tra intelligenza e sentimenti. Questo equilibrio è forse possibile proprio perché manca qualsiasi atteggiamento dotto, qualsiasi riferimento alla dottrina, qualsiasi citazione di documenti della gerarchia cattolica o di autori molto considerati. Le citazioni evangeliche sono ridotte all’osso. Il capitale simbolico è evocato in modo sobrio e con parole proprie. La presentazione di Gesù consiste in alcune pennellate appassionate: «dava gratis da mangiare a chi veniva ad ascoltarlo»; «stupiva con i suoi miracoli»; ma anche «chiedeva qualcosa di impegnativo »; «non demordeva»; «entrava in tutte le case, parlava a tutti dell’amore del Padre, non aveva paura di “perdere tempo”». È un Gesù, comunque, che non assicura il successo immediato, ieri come oggi. Lui stesso, infatti, ha sperimentato il calo di consenso e il fallimento: «quasi tutti si tiravano indietro e se la svignavano elegantemente, proprio come avviene adesso». Si evoca il Vangelo, certo, ma per constatare che la religione che ognuno si inventa «spesso non è la religione del Vangelo». E quando si parla della Pasqua, del Cristo risorto, si ammette che «dovrebbe rivoluzionare la nostra vita», «dovrebbe lasciare il segno ogni volta che arriva, con le sue proposte sconvolgenti». Non sfugga ai lettori, comunque, il modo in cui è presentato il Mistero pasquale. Nessuna concessione all’apologetica, ma piuttosto la presentazione delle coordinate che esso può assumere nell’esistenza quotidiana: «amate i vostri nemici»; «fate del bene a tutti»; «perdonate sempre a tutti».
Nulla di dotto, dunque, in tutto questo. C’è invece l’esercizio dell’intelligenza, che legge in profondità la propria storia individuale e quella più grande in cui si è immersi. Lo abbiamo già rilevato nei passaggi dal passato (ieri, un tempo) al presente (oggi), nel riconoscere le difficoltà, nel non ignorare pregi e difetti delle comunità in cui ci si trova a vivere, nel segnalare l’indifferenza, la fede “fai da te”, le “mille altre cose per la testa” e i “mille problemi” (con quello religioso che «non è certamente tra i primi della lista»). E anche la noia a messa («una funzione noiosa e che non dice nulla»). Non c’è solo lucidità, tuttavia, in queste analisi, c’è anche fede e speranza. Lo abbiamo segnalato proprio mettendo in luce la passione e la simpatia, l’ottimismo che trasuda dalle righe, insieme ai sentimenti. Questo prete che risponde al suo interlocutore non li nasconde perché sono parte importante del suo ministero: la contentezza («sono molto contento di essere prete»; «sono contento di essere parroco»), il rincrescimento, ma anche la fiducia («non mi abbandona mai»). E poi l’affetto, la vicinanza (fatta di collaborazione e sostegno), la gratitudine [...]