Chiamati ad abitare il tempo in piena coscienza
Che cos’è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so;
se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so
(S. Agostino, Confessioni, libro XI, 14)
«Sul tempo e sull’attesa» è stato il tema scelto per il corso estivo 2014 della Scuola di formazione teologica e della Scuola di spiritualità dell’Istituto teologico «S. Antonio Dottore» di Padova. Il tema è stato affrontato da un punto di vista interdisciplinare, nel tentativo di giungere a uno sguardo sinfonico circa una realtà non definibile, e tuttavia comprensibile, secondo la nota espressione di Agostino, richiamata in esergo.
Anche per noi il tempo può essere visto privo di senso, frantumato, specialmente nelle situazioni confuse che stiamo vivendo. Il tempo dell’attesa sembra non finire mai, eppure Gesù fin dalle sue prime parole ha annunciato: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino» (Mc 1,14). Gesù è venuto, in lui è già iniziato il regno di Dio, ma non è ancora giunto il suo pieno compimento.
Molto noto a questo proposito è anche il racconto della tradizione ebraica dei chassidim, nel quale si narra che un giorno i discepoli corrono dal loro maestro, un rabbino che sta studiando la Torah nella sua stanza e gli dicono pieni di entusiasmo: «Maestro, è arrivato il Messia!». Il rabbino si alza, apre la finestra e vede che nella strada la gente continua a passeggiare come prima, i negozi sono aperti, tutto è tranquillo o, meglio, niente è cambiato. E dice: «Non può essere che il Messia sia giunto, perché non è cambiato nulla». Poi chiude la finestra, torna indietro e si siede. «Allora? Che cosa dobbiamo fare?», gli domandano. «Nulla. Continuate semplicemente a studiare», risponde il rabbino.
È questo l’invito che viene dal presente fascicolo, che raccoglie i principali contributi emersi dal citato convegno. Bisogna studiare, riflettere, approfondire: tutti possiamo cadere nella tentazione che Gesù ha vinto, quella di pensare la venuta del Messia come di un personaggio che con la bacchetta magica cambia il mondo. Gesù ha scelto la strada della croce e del servizio, non quella della potenza, della spettacolarità, dei grandi gesti che incantano le folle.
Il fascicolo si apre con una pregnante riflessione di Giorgio Bonaccorso che, dal punto di vista antropologico, mostra la funzione fondamentale della memoria che permette all’essere umano, unico tra gli esseri creati, di recuperare il tempo passato e renderlo attuale mediante il rito che diventa «memoriale».
Il successivo intervento di Dario Ventura, con un approccio storico-filosofico, analizza l’apporto di due famose correnti, caratteristiche dell’antichità classica: gli epicurei e gli gnostici, che in modo opposto si rapportano con il tempo. I primi mettono in luce il valore del presente, mentre i secondi sottolineano i limiti in cui la materia costringe lo spirito. Ne risulta un ammonimento valido anche per l’uomo d’oggi a non evadere nelle illusioni di un futuro beato e a non lasciarsi sedurre dalle tentazioni del consumismo materialistico, che non può mai saziare la sete dello spirito, la scintilla divina deposta in ogni uomo.
Da parte sua Giulio Peruzzi spiega come la scienza moderna, da Galileo a Einstein, si è occupata del problema del tempo e ci fa comprendere che il tempo non può essere disgiunto dalla dimensione spaziale: non esiste fissità, ma tutto è regolato da precise dinamiche che l’approccio scientifico e tecnologico è riuscito a individuare. Ne risulta che l’uomo non può essere fissato dentro il tempo e che non esiste una definizione assoluta del tempo, ma solo una sua comprensione entro la teoria della «relatività universale» e dei continui mutamenti che si registrano nel cosmo. Resta, tuttavia, il fatto incontestabile che l’uomo è sottomesso all’inesorabilità del tempo, anche se esso rimane per tutti come una possibilità aperta.
Dando uno sguardo alla realtà odierna, Antonio Bertazzo propone poi una lettura della società contemporanea, dove sembra predominare la «sindrome di Peter Pan», cioè il moltiplicarsi di persone che non riescono a crescere, che rimangono degli «eterni bambini», proprio perché mancano figure di adulti capaci di incamminare e accompagnare i figli verso una pienezza di vita.
Dopo questa prima parte, il fascicolo prosegue con una lettura esegetica del Salmo 90, che sembra quasi una risposta da parte di Dio agli interrogativi umani circa il tempo: solo la «sapienza del cuore» permetterà all’uomo di comprendere il senso del tempo, anzi a «far tesoro dei nostri giorni», come spiega con precisione e profondità l’analisi della biblista Roberta Ronchiato. Passando quindi dal Primo al Secondo Testamento, la meditazione sul tempo trova il suo fulcro nel mistero di Cristo, il Figlio di Dio che entra nella storia umana e la redime con la sua morte e risurrezione. Su questo si sofferma ampiamente Gilberto Depeder, mostrando che Cristo diventa non la fine, ma il fine a cui tende tutta la storia umana.
Gli ultimi due contributi, pur partendo da angolazioni diverse, aprono prospettive nuove. L’intervento di Andrea Toniolo offre anzitutto una nuova visione della chiesa, anch’essa immersa nella storia e in cammino verso il regno mediante una graduale e crescente comprensione del messaggio evangelico: pur nelle difficoltà dei vari momenti storici, il suo compito è di «scrutare i segni dei tempi» e di accompagnare il cammino dell’umanità, fornendo motivi di speranza e impegnandosi attivamente per costruire un mondo sempre più fraterno e solidale.
Egualmente Valerio Bortolin, senza nascondere il limite costitutivo che la morte segna per ogni essere umano, affronta tale realtà indicando che ciò non diventa solo fonte di angoscia, ma al contrario spinge a vivere il tempo con senso di responsabilità, perché il tempo che ci è dato da vivere può sempre essere occasione di apertura e di dono verso gli altri con i quali siamo chiamati a condividere gli anni della nostra vita. In definitiva, il tempo è il grande dono che riceviamo da Dio. Tocca a noi viverlo senza fughe impossibili nelle utopie o negli spiritualismi, senza visioni fondamentalistiche, ma aperti alle novità che ogni giorno ci presenta.
Si comprende, infine, una verità non scritta: c’è una storia che tutti scriviamo, ma la pagina finale, non sta nelle nostre corde: solo gli altri possono narrarla per noi e solo Dio la conosce.
Come sempre, il fascicolo si conclude con le consuete rubriche: l’Invito alla Lettura, curato da Antonio Bertazzo, e alcune novità librarie presentate nelle schede In Libreria.