Editoriale
Il 1o gennaio del 2013 è stato ricordato, sia pur in sordina, il terzo centenario della morte del cardinale Giuseppe Maria Tomasi (1649-1713), il santo patrono dei liturgisti («Ecclesiae lumen - Theatinorum honor - Siciliae decus»: questi i titoli nella medaglia commemorativa coniata in occasione della canonizzazione, il 12 ottobre 1986). La sua opera è ampiamente conosciuta. A lui si deve, in particolare, la prima edizione a stampa dei Sacramentari apparsa nel 1680. Dopo di lui saranno predisposte numerose altre edizioni e lo sviluppo della conoscenza delle fonti liturgiche diventerà sempre più ampio tanto da costituire una «pagina» essenziale all’interno del movimento liturgico e, di conseguenza, in ciò che esso ha poi prodotto in seguito alla Sacrosanctum Concilium.La riforma liturgica promossa dal Vaticano II è stata resa possibile soprattutto per aver avuto a disposizione una tale quantità di fonti da permettere di conoscere meglio la traditio Ecclesiae in re liturgica. Ne è scaturita la più grande riforma che la Chiesa abbia mai conosciuto in ordine alle forme del suo culto. In tempi recenti, in seguito al «motu proprio» Summorum Pontificum, il rapporto fra traditio et progressio ha assunto una dialettica piuttosto accesa, determinata più da elementi a priori che non da una corretta conoscenza della stessa traditio. L’aver poi collocato spesso tale dialettica in una così detta «ermeneutica della continuità» ha comportato prese di posizione che richiedono un più attento confronto con la storia e un più profondo rispetto per la stessa ermeneutica.
1. Un servizio alla storia e all’oggiNel contesto del culto è rischioso affermare: «Si è sempre fatto così». Parole simili in ordine all’ordo Missae denotano poca conoscenza della storia. E il discorso si potrebbe allargare a tutto ciò che costituisce il patrimonio di testi con cui lungo il tempo le varie Chiese si sono espresse nel pubblico culto.La conoscenza delle fonti passa ovviamente attraverso le loro pubblicazioni. Per questo è doveroso prendere atto di ciò che si è realizzato tra il XVII e il XX secolo. Da qui emerge come, ad esempio, la così detta «riforma tridentina», a cominciare dal Breviarium e dal Missale, si sia svolta con alacrità lavorando sui testi allora in uso e facendo alcune opportune modifiche, ma nulla più. Più rielaborato sarà il Rituale del 1614. La stessa cosa accadrà con gli altri libri liturgici oggi a disposizione nella collana «Monumenta Liturgica Concilii Tridentini» (LEV 1997-2005).Di fronte al bisogno di percorrere alcune pagine della storia sorgeva ovviamente il dubbio della scelta: quali privilegiare? Studi e ricerche hanno approfondito finora numerosi ambiti; si trattava pertanto di offrire alcuni elementi essenziali sia per tenere alta l’attenzione sulla storia, e sia per cogliere la portata di alcuni capitoli specifici che, ordinariamente, non vengono presi in considerazione.
2. Dagli studi qui raccoltialle novità delle «concordanze»Il presente fascicolo deve essere considerato come un ulteriore contributo a un ideale «manuale» sui libri liturgici. Più volte «Rivista Liturgica» si è interessata del tema sotto prospettive diversificate. Era però doveroso riprendere la tematica per rispondere a ulteriori attese. Tra i tanti contributi che caratterizzano le pagine che seguono ce ne sono due «recuperati» dall’oblio del tempo: la Praefatio al Codex sacramentorum nongentis annis vetustiores del Tomasi; e il testo di Michelini Tocci predisposto in occasione dell’edizione fotostatica del Sacramentario Gelasiano nel 1975. Mentre del primo offriamo la traduzione arricchita da una documentazione essenziale, del secondo è riprodotto il testo in seguito alla graditissima autorizzazione del Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana.Lo studio sui Lezionari al tempo dei Sacramentari Veronese, Gelasiano e Gregoriano sviluppa la serie dei contributi che toccano i libri per il canto, gli Ordines Romani, il contesto dei Padri della Chiesa – contemporanei e talvolta autori di testi dei Sacramentari –, per giungere all’oggi con uno sguardo sul senso teologico delle strutture architettoniche in rapporto alla celebrazione. Nel contesto di questo orizzonte si pone il completamento di una trilogia di Concordanze. Come già evidenziato nel recente passato, la collana «Veterum et Coaevorum Sapientia» (VCS, Libreria Ateneo Salesiano, Roma) ha accolto la Concordantia del Sacramentarium Gregorianum (VCS 7, 2012), quella del Sacramentarium Veronense (VCS 10, 2013), e finalmente quella del Sacramentarium Gelasianum (VCS 11, 2014). L’impegnativo lavoro si è concentrato nell’offrire un testo latino corretto per realizzare una Concordantia che fosse di aiuto sia per accostare meglio il Sacramentario e sia per offrire l’opportunità di confronti con la ricchezza eucologica presente nell’editio typica tertia del Missale Romanum.A questo punto lo studioso di letteratura cristiana antica, l’esperto di filologia, il ricercatore in teologia liturgica può predisporre dell’uso di strumenti che danno il quadro completo e omogeneo relativo alle fonti più importanti della tradizione occidentale. Quando poi sarà possibile predisporre la traduzione in lingua corrente di tutti e tre i Sacramentari allora il confronto con i contenuti della traditio risulterà ancora di più a portata di mano al di là del limite imposto dalla lingua latina. Il progetto è già in progress!
3. DUE APPROFONDIMENTI
I contributi delle due Note – come ben evidenziato nel Sommario – propongono tematiche diverse e pur complementari. Mai era stata offerta una «recensione» dei rotoli liturgici. Il censimento e la rispettiva bibliografia evidenziano una ricchezza di testi che va ben al di là dell’Exsultet, come solitamente si ritiene. E ci auguriamo che la pubblicazione di questa ricerca possa costituire un invito per scoprire nuovi «rotoli».Diversa, anche se propria del canto, è la riflessione attorno al ministero del cantore alle prese con il gregoriano. Il cammino che sta dinanzi consiste soprattutto nel cogliere la dimensione spirituale propria del «gregoriano»: una dimensione che riconduce, attraverso il canto, alla sorgente che l’ha ispirato, la parola di Dio. Educare a questa realtà implica considerare il gregoriano non come una pagina di archeologia, ma come un linguaggio che aiuta a interpretare e ad attualizzare il contenuto della Parola rivelata.
4. Nel ricordo di fedeli servitori della scienza liturgicaIl capitolo della storia comporta automaticamente il ricordo di chi ha lavorato a servizio della ricerca e della pastorale ecclesiale. Se il fascicolo di apre con i lavori di un grande precursore della scienza liturgica e di un ricercatore, le pagine si concludono con il ricordo di tre persone decedute in questo 2014; di una, in particolare, è tracciato il profilo.Venerdì 3 gennaio è passato alla casa del Padre Jean Evenou; le sue esequie sono state celebrate il 6 successivo, nella solennità dell’Epifania. Nato nel 1928 egli ha lavorato – tra l’altro – nel Centro di pastorale liturgica a Parigi dal 1975, e dieci anni dopo (dal 1985 al 2001) presso la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Il ricordo delle sue pubblicazioni e l’affabilità della sua persona, insieme all’acribia dei suoi interventi, costituiscono un prezioso patrimonio per chi ha saputo trarne esempio.L’11 febbraio si è conclusa l’esistenza terrena di mons. Iginio Rogger. Qui è ricordato per tutti i «meriti» che egli si è conquistato nel suo servizio alla scienza liturgica.Infine, il 16 agosto ha terminato il suo lungo percorso di vita Carlo Braga. Era nato il 1o gennaio 1927. La sua vita è legata essenzialmente alla riforma liturgica «piana» e in particolar modo a quella del Vaticano II.
5. Conoscere l’oggi attraverso il passatoCon un’adeguata conoscenza del passato è possibile cogliere più in profondità i valori dell’oggi. I contenuti che caratterizzano gli odierni libri liturgici sono spesso debitori del passato. Testi ripresi integralmente dai più antichi Sacramentari o rielaborati secondo un orizzonte di teologia liturgica che riflette la ricchezza del patrimonio della tradizione più recente: ecco il risultato di un eccezionale lavoro svolto dalla riforma liturgica e giunto ormai alla conclusione.Ed è proprio in questa prospettiva che è possibile ritenere l’attuale Missale come il più «tradizionale» che sia mai esistito; solo questa edizione, infatti, ha saputo raccogliere quello che di meglio e di più prezioso è stato elaborato in passato. Ma il depositum può ancora riservare ampie sorprese qualora si vogliano interpellare altre «pagine» racchiuse nelle fonti liturgiche.Resta ora il percorso altrettanto arduo: quello del rinnovamento liturgico attraverso la conoscenza specifica delle ricchezze racchiuse nei libri liturgici attuali; ricchezze che non sempre riescono a essere percepite a motivo del limite di una traduzione. Non è solo il testo in sé e la sua conoscenza diretta che permette di coglierne l’insieme della ricchezza, ma è il testo proclamato, cantato, ascoltato, accolto, fatto riecheggiare all’interno di una celebrazione… che plasma la vita di preghiera; il testo non è tanto un brano da leggere quanto un’occasione per celebrare il culto in Spirito e verità.
Rivista Liturgica