Editoriale
Sono trascorsi 27 anni da quando «Rivista Liturgica» ebbe l’opportunità di offrire una riflessione – era il secondo fascicolo del 1984 – attorno al tema: La liturgia nel nuovo Codice di diritto canonico. Si trattava di un contributo atteso, data l’allora recente pubblicazione del Codice (2 gennaio 1984); doveroso e necessario era l’interesse nell’affrontare almeno alcuni dei tanti problemi – sollecitati dalla pubblicazione del Codice in dialettica con gli ordo liturgici – in vista soprattutto di un’armonizzazione tra il dettato giuridico e le normative dei libri liturgici.Nel presente contesto non riprendiamo le linee scaturite da quelle pagine, anche se il riferimento ad esse costituisce un punto di passaggio obbligato per predisporre l’animo ad affrontare le questioni toccate in questo fascicolo. Già allora emergeva il bisogno di non trascurare il fatto che «ogni normativa del Diritto canonico in materia liturgica può essere elaborata solo tenendo conto della riforma liturgica voluta dal Vaticano II e dei documenti che la Chiesa ha predisposto in merito a partire dal Concilio stesso» (p. 147).Nello scorrere di quasi tre decenni la riflessione canonico-giuridica attorno a problematiche di indole liturgica non è mancata. Pubblicazioni di vario genere, unitamente a manuali e monografie, hanno offerto uno sviluppo notevolissimo alle tematiche, e altre pubblicazioni stanno per affacciarsi all’orizzonte, come, per esempio, il Diccionario de derecho canonico che da anni sta predisponendo l’Università di Navarra, e la cui apparizione in 4 tomi (con oltre 2000 voci) è prevista per il prossimo anno 2012.I contributi apparsi, comunque, rispondono a problematiche emergenti o sollecitano ancora approfondimenti. Di fatto in questo periodo postconciliare si sono presentate varie situazioni che a partire dal versante liturgico hanno interpellato il diritto canonico. Ultima in ordine di tempo è la complessa problematica sollevata dalla pubblicazione del «motu proprio» Summorum Pontificum (7 luglio 2007) e della successiva Istruzione Universae Ecclesiae (30 aprile 2011).Consapevole di trovarsi di fronte a una tematica di non facile sistematizzazione, il Consiglio di redazione già da tempo aveva messo a punto una prima riflessione che, dopo numerosi confronti sul come affrontare l’argomento, ha raggiunto un coerente risultato nell’analisi e una visione per quanto possibile organica, anche se non esauriente, relativamente ad alcune problematiche.1. È possibile stabilire uno status quaestionis?Il momento storico-ecclesiale che stiamo vivendo fa avvertire la necessità e l’urgenza di recuperare un collegamento più stretto tra liturgia e diritto. È un rapporto fra due realtà di per sé non immediatamente «compatibili», ma che crediamo possa essere stabilito con frutto solo attraverso il confronto. Da una parte, infatti, si colloca la logica del diritto con tutto il proprio sistema di regolamentazione normativa di una prassi, come quella ecclesiale, che per la sua complessità esige una lex. Dall’altra si pone la realtà dell’azione liturgica, che si articola su livelli diversi: la dimensione strettamente sacramentale e cultuale che intreccia il rapporto tra il fedele e la Trinità e il bisogno della normativa che, a sua volta, coinvolge sia lo svolgimento dell’azione liturgica sia il rapporto del fedele con la prassi ecclesiale. Si tratta di un confronto complesso che potrebbe essere assunto in modo sistematico da un «diritto liturgico», frutto però di una visione della liturgia che sia soprattutto teologica.In questa linea riemerge il ruolo del libro liturgico, del rapporto tra liturgia-diritto e scelte pastorali, del diritto-dovere del fedele alla partecipazione liturgica, del valore che hanno le singole parti in cui è composto lo stesso libro liturgico, ecc. Si tratta di un insieme di elementi, vari per genere e portata, che si trovano a intersecarsi e confrontarsi dentro il rapporto tra diritto e liturgia.L’approfondimento di questo rapporto permette di delineare un vero e proprio status quaestionis, e di articolare un percorso che si apra a una mentalizzazione più coerente con la res dell’azione liturgica, cioè con la celebrazione del memoriale della storia della salvezza.2. Alla luce della storiaUn Editoriale non è una trattazione sistematica, ma anche semplici accenni possono costituire un indicatore per una valutazione più adeguata e attenta di quanto avvenuto in tempi recenti e per offrire ragionevoli elementi in vista di un’ermeneutica che favorisca un dialogo più proficuo tra diritto e liturgia. La stagione che stiamo vivendo – superati i tempi dell’incertezza quando si era in attesa del nuovo Codice – può presentarsi propizia per acquisire e condividere i termini di un dialogo il cui obiettivo è l’azione ecclesiale mirata sempre alla salus animarum, quae in Ecclesia suprema semper lex esse debet, come recita l’ultimo canone del Codice di diritto canonico (can. 1752).Se nel primo millennio il rapporto tra liturgia e dimensione canonico-giuridica è stato pacifico, sarà forse opportuno cogliere gli elementi fondanti che hanno determinato il sorgere delle collezioni canoniche e il conseguente sviluppo di una rubricistica che ha finito col prevalere sul senso teologico dell’actio liturgica.Percorso certamente complesso, perché se il primo millennio può apparire relativamente lineare – ma anche creativo nel bisogno di ordines, che puntualmente si vengono a strutturare (si pensi all’opera di Michel Andrieu) –, molto più variegato è l’alveo entro cui si muovono i primi secoli del secondo millennio quando lo sviluppo dello ius viene a coinvolgere la stessa visione e organizzazione della liturgia. La lezione che proviene dal periodo tridentino è emblematica in questo senso. È al seguito della riforma tridentina, infatti, che il dispositivo rubricale entra nel libro liturgico, da allora in poi aperto con una Bolla – una novità («rottura»?) rispetto alla tradizione plurisecolare! –. Gli sviluppi successivi sono da leggere nella mens dell’attività della Congregazione dei riti e nella logica che ha animato per secoli la pubblicazione dei Decreta authentica. Tutto questo permette di far comprendere alcuni aspetti del percorso realizzato poi dal movimento liturgico durante il sec. XX, fino alla riforma liturgica iniziata da Pio XII (1951) e alla pubblicazione del Codex rubricarum durante il pontificato di Giovanni XXIII (25 luglio 1960).La fase successiva contempla l’evento conciliare e l’attuarsi della riforma liturgica che ha visto, in conformità al mandato conciliare, la realizzazione dei nuovi libri liturgici che si presentano con un’impostazione nuova rispetto al passato, proprio allo stesso modo con cui sono stati predisposti i libri della riforma tridentina rispetto ai quelli dei secoli precedenti.Il libro liturgico che oggi caratterizza e guida la vita liturgica della Chiesa si presenta con una struttura che racchiude in sé elementi diversificati per importanza giuridica. Dal Decretum ai Praenotanda (di natura mistagogica, e intenzionalmente ideati per superare una certa visione troppo giuridica della liturgia), dalle singole parti con tutta la ritualità e il dispositivo rubricale, fino alle appendici… è un insieme di principi ispiratori e di testi normativi, in un intreccio tra questioni rubricali, giuridiche e pastorali, che richiede attenzione rigorosa da parte di tutti e responsabilità diversificate.C’è un collegamento da recuperare? Ci sembra che sia proprio questo momento storico a farci avvertire la necessità e l’urgenza di una ripresa del rapporto tra diritto e liturgia, in vista di un’offerta formativa cui si accennerà più oltre. E la problematica si svilupperà ancora quando – forse tra breve – dovremo parlare del rito romano-anglicano (così o altrimenti definibile) per le comunità anglicane che hanno chiesto l’unione alla Chiesa di Roma conservando le proprie tradizioni liturgiche.3. «Hoc facite in meam commemorationem»Ordo, ordines, ordinare, «ordinamento», «ordinario»… sono termini di una lex che vuol essere espressione del credere nel pregare e degli elementi giuridici che lo strutturano. La storia prova ampiamente il senso dell’ordo liturgico, non riducibile a un ordinamento qualsiasi come capita nella consuetudine degli atti giuridici, ma comprensivo di un rapporto peculiare tra un’assemblea orante unitamente ai suoi ministri e la Trinità Ss.ma.Il comando di Cristo riportato dalla 1Cor 11 e dai Sinottici – già eco di quello del primo memoriale di Es 12,14 – denota una prescrizione; e l’espressione può essere assunta anche come specchio di una normativa da attivare, di un ordo da seguire. Prescindendo dall’esegesi di cosa si intenda per «hoc», rimane il «facite» e dietro quel comando si situa la normativa che sempre ha guidato l’azione liturgica, come ben ricorda la stessa introduzione al Messale Romano:«Cristo Signore, desiderando celebrare con i suoi discepoli il banchetto pasquale, nel quale istituì il sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue, ordinò di preparare una sala grande e addobbata (Lc 22,12). La Chiesa, quando dettava le norme per preparare gli animi, disporre i luoghi, fissare i riti e scegliere i testi per la celebrazione dell’Eucaristia, ha perciò sempre considerato quest’ordine come rivolto a se stessa.Allo stesso modo le presenti norme, stabilite in base alle decisioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, come anche il nuovo Messale, che d’ora in poi la Chiesa di rito romano utilizzerà per celebrare la Messa, sono una prova di questa sollecitudine della Chiesa, della sua fede e del suo amore immutato verso il grande mistero eucaristico, e testimoniano la sua continua e ininterrotta tradizione, nonostante siano state introdotte alcune novità» (n. 1).La lex che ha ordinato la prassi si è costantemente intrecciata con la lex credendi e con la lex orandi, in modo che l’espressione del culto fosse «vera» perché in linea anzitutto con la parola di Dio (ius divinum!) e quindi con la traditio, così da esprimere un elemento di comunione con tutti i fedeli.Dov’è espressa oggi questa lex? Da una parte abbiamo il Codice di diritto canonico, ma dall’altra – e prima ancora – abbiamo il libro liturgico in quanto documento normativo dell’espressione di fede celebrata nella Chiesa. Il fatto stesso che il libro liturgico venga approvato dalla suprema autorità costituisce un elemento che talvolta sembra passare in secondo ordine, mentre invece va sottolineato che è proprio l’importanza del libro liturgico che va evidenziata per la sua normatività quale segno di retta celebrazione e di comunione ecclesiale.4. Una pedagogia a partire da alcuni indicatoriGià il n. 26 di Sacrosanctum concilium ricordava che «le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi». In quanto «celebrazioni della Chiesa» le azioni liturgiche devono manifestare questa comunione anche attraverso un ordinamento tale da far sì che tutti si possano ritrovare in comunione.Abbondante è la normativa che negli anni successivi è stata progressivamente elaborata in vista di un corretto ordinamento delle azioni liturgiche. In tempi recenti adeguate puntualizzazioni sono state specificate nel documento Redemptionis sacramentum (25 marzo 2004). Due passaggi in particolare:«Tutti i fedeli […] godono del diritto di avere una liturgia vera e in particolar modo una celebrazione della santa Messa che sia così come la Chiesa ha voluto e stabilito, come prescritto nei libri liturgici e dalle altre leggi e norme. Allo stesso modo, il popolo cattolico ha il diritto che si celebri per esso in modo integro il sacrificio della santa Messa, in piena conformità con la dottrina del magistero della Chiesa. È, infine, diritto della comunità cattolica che per essa si compia la celebrazione della Santissima Eucaristia in modo tale che appaia come vero sacramento di unità, escludendo completamente ogni genere di difetti e gesti che possano generare divisioni e fazioni nella Chiesa» (n. 12).«I fedeli hanno il diritto che l’autorità ecclesiastica regoli pienamente ed efficacemente la sacra liturgia, in modo tale che essa non sembri mai “proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della comunità nella quale si celebrano i misteri”» (n. 18).Sono espressioni che – insieme a numerose altre presenti nel documento – richiamano la correttezza nel celebrare e la fedeltà alle indicazioni offerte dal libro liturgico e da altri documenti, al fine di assicurare non solo per validità o liceità a un’azione liturgica, ma soprattutto per far sì che l’insieme della ritualità (gesti e parole) sia tale da assicurare una degna e completa partecipazione all’azione liturgica e far godere ai presenti frutti adeguati e attesi.Da qui il compito per l’autorità della Chiesa di richiamare la normativa e tutte le condizioni di validità-liceità e, in particolare, di tenere desta la sfida dell’educazione ad agire secondo la norma, a celebrare correttamente. Questa è oggi una responsabilità impellente per tutti: per i vescovi e i superiori religiosi nel richiamare l’obbedienza alle norme; per chiunque svolga una qualsiasi forma di ministerialità nell’operare con fedeltà a quanto stabilito dai documenti liturgici. Da un’attenzione specifica e attenta a quanto indicato nel libro liturgico deriva un’azione comunitaria quale espressione di una fede comune e fondamento di unità (com-unità, com-unione) nel momento stesso in cui Parola e ritualità si attuano come esperienza peculiare che si pone sempre tra l’umano e il divino.Educare, pertanto, alla fedeltà alla norma non è cadere in un nuovo rubricismo o rendere l’azione liturgica un momento di risposta a dei canoni estetici o rubricali, ma formare a un linguaggio che sia elemento di unione e garanzia di fedeltà a un mandato ricevuto direttamente da Cristo Signore e affidato all’attuazione della Chiesa.È in questa ottica che si comprendono le attenzioni che le Conferenze episcopali pongono nel presentare un nuovo libro liturgico e, talora, l’impegno che largiscono nel suo adattamento. Qui si comprendono le responsabilità del vescovo diocesano, primo liturgo della propria Chiesa. Qui va collocata l’attenzione che il parroco con i suoi collaboratori deve porre nel far sì che l’insieme dell’agire liturgico sia sempre in sintonia e in comunione con tutta la Chiesa. Da qui scaturiscono normative che possono proibire di predicare e, più ancora, di celebrare i santi misteri. Educare a queste realtà è da tempo anche la sfida che ingaggiano i professori di liturgia e i formatori dei seminari (diocesani e religiosi, di movimenti e di prelature…).Si tratta di un percorso che può essere ben realizzato solo se si parte da un concetto corretto di liturgia. Disponiamo di una Costituzione conciliare – la Sacrosanctum concilium – che troppo spesso è letta solo in parte, a volte è strumentalizzata o stravolta a proprio servizio. Se non ci si rimette con coraggio – a partire da schieramenti ideologici talora opposti – in ascolto di quel testo e di ciò che i pontefici hanno stabilito fino ad oggi, non si riuscirà a trovare quella serenità di giudizio e, di conseguenza, quella comunione nell’agire che – sola – può caratterizzare l’espressione della stessa fede nell’ambito dello stesso rito.I fedeli hanno bisogno di ritrovare questa unità che non è uniformità fine a se stessa, ma espressione visibile di un’esperienza di fede che ciascuno è chiamato a vivere nel proprio ambito di vita e che ha bisogno, poi, di riesprimere nella celebrazione dell’Eucaristia, degli altri sacramenti e sacramentali e nelle varie forme della pietà popolare.In definitiva, va consolidata la certezza che la veritas dell’azione liturgica è assicurata dall’evento cristologico, non dal diritto, anche se questo contribuisce a ordinare le modalità e a regolare le condizioni di tale evento.5. Il presente fascicoloIn continuità con il quinto fascicolo del 2008, che ha offerto una panoramica completa sui libri liturgici della Chiesa di Roma, e con il terzo del 2011 circa l’ermeneutica del libro liturgico, i contributi racchiusi nelle pagine che seguono intendono approfondire un altro aspetto dell’identità del libro liturgico perché non sia accostato e gestito come un qualunque altro libro, ma come lo strumento da cui dipende una comunicazione unica qual è quella che si attua tra Dio e il suo popolo. Da ciò l’impostazione che segue:– Studi. I primi cinque contributi offrono il quadro generale per un accostamento della problematica giuridico-canonica oggi. Nello specifico l’attenzione è posta sul versante liturgico considerato sia nella tradizione della Chiesa di Roma che delle Chiese di Oriente. Tutto questo per comprendere la dimensione sociale del sacramento e per rispondere alle attese dei fedeli che hanno il diritto di avere una liturgia vera.– Note. Seguono due approfondimenti che illuminano due aspetti specifici: l’autorità del vescovo diocesano in materia liturgica e il significato degli adattamenti previsti dai libri liturgici. Queste problematiche richiedono attenzione soprattutto da parte di coloro che svolgono un servizio di formazione.– Orizzonti. I due contributi riconducono l’attenzione anzitutto sulla complessa panoramica offerta dalle diverse tipologie dei documenti della Chiesa (del Romano Pontefice e della Curia romana) e del loro valore giuridico (si pensi alle varie sfumature di termini come approbatio pontificia e confirmatio pontificia, apostolica, simplex, in forma communi, ex scientia certa seu in forma specifica…). Il tentativo di una loro sistematizzazione non significa conclusione del discorso, ma invito a un ulteriore confronto. Il tutto accompagnato dall’invito-riflessione a una lettura antropologica – e dunque anche pastorale – della normatività e insieme creatività propria del rito.– Attualità. In un fascicolo dedicato al rapporto tra diritto e liturgia non poteva non essere presa in considerazione la problematica – da alcuni posta sotto l’interrogativo: per unire o per dividere? – relativa alla pubblicazione del Summorum Pontificum e della successiva Istruzione Universae Ecclesiae. La puntualizzazione di alcuni aspetti di ordine principalmente canonico – ma senza dimenticare che il vero problema si pone a livello ecclesiologico – intercetta una situazione che sta caratterizzando la prassi pastorale.Tema complesso e in movimento, quindi, quello offerto dal presente fascicolo; ne eravamo consapevoli fin dall’inizio del percorso. Ci sembra però che quanto autorevolmente delineato in queste pagine possa costituire un aiuto in un momento delicato com’è questo tempo in cui, da una parte, si comincia a intravedere un certo fermento nei preparativi del 50o del Vaticano II e, dall’altra, emergono situazioni ecclesiali che – a livello liturgico – non inducono a serenità né di giudizio né tanto meno di azione. Ne sono un segno eloquente vari siti web nei quali si riversa un insieme di livore – misto a uno spregiudicato spessore di ignoranza storica e di pastorale liturgica – contro papi, vescovi e persone, tale da condizionare un sereno servizio nella Chiesa. In attesa di una pax liturgica!«Rivista Liturgica»www.rivistaliturgica.it