Con il ricorso alla tecnologia satellitare la ricca e articolata galassia della comunicazione ha subito radicali modificazioni. In qualche modo il «villaggio globale» è uscito dalle nebbie della fantasia, cominciando a prendere forma; infatti le distanze fra un Paese e l'altro si sono ridotte, i confini tra gli Stati sono stati cancellati, i popoli si sono avvicinati. Sulla ribalta della storia, a fianco dei protagonisti di sempre, ne sono saliti altri, finora rimasti ai margini delle grandi vicende che hanno segnato il cammino dell'umanità nei secoli. Si sono così delineati nuovi scenari per gli anni futuri: con l'effetto di «globalizzazione» prodotto dal massiccio impiego del tubo catodico, si sono aperte possibilità finora imprevedibili per i rapporti politici, economici e sociali; inoltre si sono dischiusi orizzonti illimitati per l'immaginazione e la creatività umana.
Ma non è solo sul piano dell'estensione che il fenomeno ha prodotto i suoi effetti: ha determinato mutamenti anche nel senso della profondità. Con la collaborazione fra televisione e informatica è divenuto ormai normale procedere oltre la superficie del visibile e di ciò che è reso tale mediante la simulazione e l'ingrandimento, fino ad approdare al mondo stesso del video e dello schermo computer. Con l'analisi di microscopi a strumentazione elettronica e congegni a risonanza magnetico-nucleare poi, oltre a sondare la profondità raggiunta dall'intelligenza umana nell'arte, nella scienza e nella tecnologia, si è aperta la possi bilità di penetrare fin nei recessi infinitamente piccoli delle strutture molecolari, genetiche ed atomiche.
Il fenomeno peraltro, benché appaia già per se stesso straordinario, è ancora lontano dal potersi considerare definitivamente concluso; l'avventura multimediale infatti è soltanto agli inizi, perché se ne annunciano già nuovi e significativi sviluppi, da un lato, con il ricorso alla tecnologia delle fibre ottiche e all'alta definizione e, dall'altro, con l'introduzione delle reti informatiche che, mescolandosi e combinandosi, possono produrre innovazioni ancora più radicali. In una certa misura perciò il sogno rinascimentale di trasformare il macrocosmo in un microcosmo è sul punto di diventare realtà: tutt'altro che utopistic appare, sotto questo profilo, l'aspirazione perseguita dall'uomo fin dall'antichità di instaurare il regnum hominis, almeno sotto il segno della comunicazione.
Poiché dunque mondi ritenuti finora inaccessibili con la comunicazione elettronica si aprono alla penetrazione dell'uomo, è pensabile che questo fenomeno sfoci nella costituzione di mercati senza rischio di saturazione per la produzione industriale. È prevedibile inoltre che, in un prossimo futuro, le transazioni economiche e commerciali non conoscano più né barriere né ostacoli e possano svilupparsi su scala planetaria. Si aprirà così un nuovo spazio sociale, dove non sarà più possibile impartire ordini, ma vigerà come unico imperativo quello di tener viva la comunicazione.
Non è da escludere che questi profondi mutamenti sul piano della conoscenza e dei rapporti tra i popoli e tra gli individui abbiano benefici riflessi anche sotto il profilo politico: come hanno contribuito ad accelerare il crollo dei regimi comunisti, così possono influire anche a livello più vasto, predisponendo le condizioni per la ripresa di un dialogo non più guerreggiato o condotto all'insegna della reciproca diffidenza, ma tale da sfociare in una fiducia nuova e più autentica, capace di dar vita a una pace di dimensioni mondiali. Non sono però soltanto queste le prospettive che si aprono in seguito all'effetto di «globalizzazione» provocato dalla televisione e dalle reti telematiche. In primo luogo occorre ricordare che, come è stato opportunamente rilevato da Derrick de Kerckhove, la televisione parla al corpo più che alla mente e quindi ha un impatto diretto sul sistema nervoso1. Sotto questo profilo perciò può essere considerata come una sorta di prolungamento del nostro organismo, in virtù del quale siamo pienamente inseriti nel mondo a cui apparteniamo e condividiamo con altri visioni e sensazioni.
L'effetto di «globalizzazione» così impone all'uomo di guardarsi intorno, al di là dei confini, spesso angusti, che gli sono imposti dalla nascita e dall'ambiente in cui vive, e di pensare che i problemi con i quali è chiamato a confrontarsi nella sua realtà quotidiana, anche se locali, rientrano in un orizzonte più vasto e più articolato di quanto non creda. Richiede pertanto lo sviluppo di un maggiore e più acuto senso critico, fondato sull'attenta osservazione dei fatti e sulla puntuale ricostruzione della loro genesi, ma anche svincolato dal peso della loro attualità e della loro urgenza. Esige inoltre un più preciso senso della vicenda storica, accompagnato da una maggiore consapevolezza della complessità delle questioni che l'umanità si trova abitualmente a fronteggiare. Infine, la prospettiva multiet-nica che dischiude impone l'attivazione e la realizzazione di nuove e più genuine forme di convivenza umana, aperte al massimo rispetto e alla più autentica solidarietà. Dunque, è d'indubbia utilità per le menti e per i cuori l'effetto prodotto dalla «globalizzazione»: oltre a sviluppare la conoscenza e quindi ad allargare l'orizzonte della verità con cui l'uomo deve confrontarsi e a scuoterne l'immaginazione, non lo fa sentire legato a un sé preciso per tutta la vita, ma gli rende manifesta l'esigenza di assumere un'identità multipla e quindi una mentalità aperta, flessibile, libera. Sollecita inoltre in lui l'acquisizione di una cultura più vasta di quella attuale, che comprenda una nuova e più sviluppata competenza scientifica e tecnologica, una più avvertita coscienza ambientale, nonché una morale fondata sul senso di responsabilità verso se stessi e verso gli altri, nei confronti delle generazioni presenti e di quelle future.
Occorre però che la marcia verso «l'estensione tecnologica della coscienza» avvenga molto rapidamente, nel più breve tempo possibile, e in modo da provocare un vero rinnovamento dell'uomo. E questo, come si può immaginare, è un problema di difficile soluzione, anche perché comporta la rimozione di incrostazioni mentali, di chiusure ideologiche piuttosto consolidate e quindi la disponibilità, da parte dell'individuo, a mettersi in questione e a riflettere su se stesso. Oltre a una conversione sul piano dell'intelligenza, che è già molto impegnativa per se stessa, ne esige una analoga sul piano morale e per quanto concerne il rapporto con l'ambiente. Processi questi che, se non ci si vuole imbattere in forti resistenze o in reazioni assolutamente imprevedibili, hanno bisogno di tempi lunghi, perché richiedono molta pazienza, un'adeguata formazione e quindi un itinerario educativo chiaramente definito nei metodi e nei contenuti.
D'altro canto, con l'effetto di «globalizzazione», per l'uomo non si aprono soltanto esaltanti prospettive, ma anche gravi e inquietanti pericoli. Innanzitutto la televisione porta a credere che è tutto lì, davanti ai tuoi occhi, facendoti così dimenticare che dietro alle immagini che ti propone c'è un altro universo, che essa non è in grado di esplorare2. Crea cioè nell'individuo l'illusione di vivere, anche grazie al digitale, tutte le situazioni possibili e che perciò l'unica realtà sia quella che appare sul teleschermo; inoltre, che non esista altra dimensione temporale all'infuori di quella attuale. Lo colloca pertanto fuori del corso stesso della storia, della successione reale degli eventi, in una sorta di presenza continua e senza limiti. Un effetto analogo provoca nei confronti dello spazio; infatti, con la forza della sua suggestione, il mezzo televisivo induce a ritenere che «tutto ciò che accade quasi ovun-que può capitare ovunque. noi ci troviamo. Ma se siamo ovunque osserva Joshua Meyrowitz non siamo neppure in un posto particolare»3. Portando l'individuo a pensare in senso globale, gli fa perdere la nozione dello spazio e lo sradica dalla terra d'origine, dalla realtà corrente in cui conduce i suoi giorni. Egli, dal canto suo, in quanto si sente cittadino del mondo, guarda lontano, vive intensamente i grandi eventi che lo strumento elettronico gli propone, ma è del tutto estraneo o, quanto meno, indifferente ai piccoli accadimenti quotidiani che pure ne segnano l'esistenza. Risulta cioè sovvertita l'idea stessa dello spazio vitale, in quanto ciò che è prossimo e vicino perde ogni rilevanza, quello che accade entro la sfera della quotidianità è banale e insignificante. Ma ancora più consistente è il rischio dell'omologazione, sia relativamente al modo di vedere e di sentire, sia per quanto riguarda le scelte e i comportamenti sociali. Già Pier Paolo Pasolini in un articolo del 1973 denunciava, in riferimento all'Italia, che la televisione «ha assimilato a sé l'intero Paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza».
Esprimendosi con immagini che arrivano in un flusso continuo e secondo uno schema di mutamento che non consente di fissarle, la televisione parla principalmente ai nostri sensi. Inoltre, poiché contrae in modo spasmodico il tempo degli intervalli tra stimoli e reazioni, fa passare il telespettatore da una sensazione ad un'altra, abbassando ne notevolmente la possibilità di difesa. Anestetizza così la sua capacità di leggere, di interpretare ciò che vede, impedendogli di afferrarne il senso e, insieme, favorisce l'insorgere in lui di un'attitudine mentale pienamente sintonizzata con i suoi moduli espressivi e con i suoi contenuti culturali, e perciò di un pensiero a una sola dimensione e privo di qualsiasi autonomia.
Ai messaggi standardizzati e a circolo chiuso emessi dalla televisione il telespettatore non solo non reagisce criticamente, ma li accetta, anzi li subisce in modo passivo, uniformando visi senza alcuna resistenza. In virtù del forte potere ipnotico che la caratterizza, essa ci tiene avvinti al flusso immateriale delle immagini che colpiscono la retina dei nostri occhi e «colonizzano la nostra anima» fino ad annichilirla.
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