L'origine del termine protestantesimo risale alla «protesta» (protestatio) che i principi e le città luterane di Germania presentarono alla II dieta di Spira (19 aprile 1529) contro la decisione di Carlo V e della maggioranza degli «stati» di dare esecuzione all'editto di Worms (8 maggio 1521), con cui Lutero e i suoi seguaci venivano messi al bando dall'impero, fissando in maniera vincolante la religione dello Stato nella forma della fede cattolico-romana. Col tempo, il termine fu riferito a tutte le Chiese formatesi in seguito alla Riforma di
Lutero fuori della Chiesa cattolica: luterana,
calvinista, zwingliana e anabattista. Attualmente il termine indica il patrimonio dottrinale e il complesso delle istituzioni originate dal movimento della Riforma, anche se non è facile esprimere in una formula incontestabile l'essenza del protestantesimo, in quanto esso è una realtà quanto mai frantumata e diversificata. Questa frantumazione e diversificazione sono attestate dalla presenza nel protestantesimo, oltre che di gruppi storici, da una moltitudine di altri gruppi, quali i presbiteriani, i metodisti, i battisti, i quaccheri, i pentecostali, gli avventisti ecc. A livello teologico, secondo Melantone, discepolo di Lutero, alla radice della Riforma protestante si collocano due principi: un principio formale, costituito dall'autorità sovrana delle
sacre Scritture, e un principio materiale, costituito dalla giustificazione per mezzo della fede nella sola grazia di Dio; la loro interpretazione unilaterale ha portato a una contrapposizione e differenziazione marcate con il cattolicesimo.