Siamo in grado, anche sulla scia dei gesti e delle parole di papa Francesco, di guardare al mondo e all'istituzione ecclesiale con occhi amorevoli e critici, consapevoli e coraggiosi? Non si tratta certo di opporre Vangelo e istituzione ecclesiale, quanto piuttosto, come ha fatto Gesù, di mettere a confronto la radicalità del Vangelo e la tentazione diffusa di assolutizzare l'istituzione. Questa è la via percorsa da Barros in una luminosa meditazione biblica e teologica che lega la fede e la spiritualità, la Bibbia e la vita quotidiana, la storia e le sfide della chiesa nel mondo, con uno stile provocatorio e fuori dagli schemi dell'«ecclesialmente corretto».
PREMESSA
Chi mi conosce sa bene che non mi piace discutere e, naturalmente, soffro molto quando qualcuno si arrabbia con me. Fin da giovane, ho imparato a distinguere il dibattito delle idee dalle relazioni personali. Nel campo della fede, cerco sempre di favorire la comunione con i fratelli e le sorelle. Per causa della fede, mi impegno per la trasformazione del mondo e per la venuta del regno di giustizia e di pace in tutta la terra. Ma non posso dedicarmi alle attività orientate al cambiamento sociale senza, allo stesso tempo, prendermi cura della mia conversione personale e della purificazione della nostra chiesa, per far sì che essa si presenti al Signore e all’umanità «pura e senza macchia», come voleva l’apostolo Paolo. I vescovi latino-americani riuniti a Medellín vollero «una chiesa povera, missionaria e pasquale, impegnata nella liberazione di tutta l’umanità, di ogni uomo e di tutto l’uomo» (Medellín 5,15).
Dalla conferenza di Medellín (1968) ai nostri giorni molte cose sono cambiate nel mondo e nelle chiese cristiane. Dinanzi alle difficoltà di inserirsi nella realtà viva e di dire una parola profetica per il mondo di oggi, molte volte i ministri e i pastori si rifugiano nelle posizioni di potere e tendono a rafforzare l’istituzione.
Trovandomi a essere testimone di questa realtà diffusa, da anni medito e rifletto sulla questione del potere nella chiesa. Di questo ho discusso, frequentemente, con uno dei miei più grandi maestri di vita, padre José Comblin, il quale nei suoi ultimi anni di vita, più volte, ha parlato pubblicamente e ha scritto su tale argomento. In queste pagine raccolgo alcuni dei suoi insegnamenti.
Dedico pertanto la presente meditazione biblica e spirituale su Vangelo e istituzione al mio amato insegnante e maestro di vita, il caro defunto padre José Comblin.
La dedico come segno di gratitudine per tutto ciò che, nei tanti anni della sua vita dedicata all’America Latina, da lui abbiamo potuto imparare.
Riguardo a ogni cosa si possono sempre avere almeno due punti di vista differenti. Perciò non voglio assolutamente presentare queste riflessioni come l’unico punto di vista possibile su questa materia. Chiedo scusa, in anticipo, a qualunque persona io possa ferire o mettere a disagio con queste pagine. Mi propongo solamente di suscitare il dialogo con i fratelli e le sorelle, impegnati nel cammino ecclesiale, su un argomento che ci riguarda tutti: la profezia evangelica e le sue conseguenze per le chiese. Mi rendo conto che la mia è una riflessione incompleta e perciò mi dispongo a mantenere il cuore e la mente aperti a qualsiasi critica dei contenuti, come pure ad accettare le osservazioni di chiunque su queste pagine. «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7).
N.B. I brani di autori stranieri qui riportati, se in nota non vi è riferimento a un’edizione italiana, sono stati tradotti da G. Staccone.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
IL TEMA DI QUESTO LIBRO
Poco prima di partire da questa vita, padre Comblin, che dal mio primo anno di teologia fino alla fine della sua vita è sempre stato mio maestro e amico, fece un discorso (in Cile) che fu molto divulgato dai mezzi di comunicazione. La sua conferenza aveva come tema la situazione della chiesa cattolica in America Latina e nel mondo. Le sue affermazioni, libere e profetiche, provocarono un grande dibattito e molte polemiche nel mondo ecclesiastico. Un vescovo cattolico del Brasile pubblicò un articolo intitolato: Tramonto di un profeta.
Io reagii con un articolo in cui dicevo che, contrariamente a quanto affermava quel vescovo, i profeti biblici erano stati sempre critici e perfino pessimisti nei confronti della comunità d’Israele. E sostenevo che padre Comblin esercitava il suo profetismo proprio perché era una persona libera e molto critica. Io simpatizzavo con il mio maestro e lasciavo intuire molto chiaramente che concordavo con tutto quello che lui aveva detto in quella conferenza. Comblin mi scrisse ringraziandomi. In quel messaggio mi diceva che avrebbe voluto scrivere una riflessione più profonda sul rapporto tra Vangelo e istituzione. Tre giorni dopo, improvvisamente, ci ha lasciato. Con la sua morte inaspettata quel progetto è rimasto incompiuto. Successivamente, quasi due anni più tardi, Monica Muggler, che per Comblin è stata figlia spirituale e segretaria, ha pubblicato una serie di scritti su questo e altri argomenti correlati. Ha dato al libro il titolo che Comblin aveva lasciato: Lo Spirito Santo e la tradizione Gesù. Ho letto e riletto quel libro e da esso ho stralciato molti riferimenti per questo mio scritto.
Negli anni Novanta avevo scritto un testo su «chiesa e potere», che non ho mai pubblicato. Quel libro piacque a padre Comblin, il quale mi inviò alcune osservazioni che ho conservato. Ora, in memoria di lui, ho deciso di riprendere quella meditazione e di pubblicarla come una provocazione al dialogo per chiunque voglia approfondire il tema del rapporto tra Vangelo e istituzione.
Su questo argomento sono stati scritti diversi libri e pubblicati molti studi. Basti ricordare una delle opere più famose di Leonardo Boff: Chiesa, carisma e potere 3. Ma già nel XIX secolo, Antonio Rosmini aveva scritto Delle cinque piaghe della santa Chiesa, un libro in cui trattava dei problemi più seri che ferivano il corpo della chiesa4. Con quel libro Rosmini causò molte polemiche e un grande disagio. In Brasile, sono stati pubblicati diversi lavori su questo argomento. Solo per citarne uno, ricordo Il ritorno alla grande disciplina di João Batista Libânio, nel quale l’autore riflette sul ritorno al passato istituzionale della chiesa durante il pontificato di Giovanni Paolo II. In una linea più meditativa e biblica, più recentemente, padre Comblin ha pubblicato per l’editrice Paulus un libro su La vocazione alla libertà e un altro su La profezia nella Chiesa. Entrambi contengono riflessioni sul tema che mi appresto a trattare. Per ultimo, ricordo il libro pubblicato da Hans Kúng: Salviamo la chiesa.
Devo inoltre registrare che nel mese di marzo 2013, il nuovo papa, Francesco, ha dato inizio al suo ministero presentandosi come «vescovo di Roma». Egli mantiene uno stile di vita personale semplice e comunicativo e fa dichiarazioni che promettono cambiamenti nella struttura della chiesa. Fin dall’inizio del suo pontificato, molti cattolici e anche molti non cattolici s’interrogano sul significato dei suoi annunci, e si domandano se è possibile un cambiamento profondo della chiesa, e fin dove potrà arrivare il movimento di rinnovamento che papa Francesco sembra volere.
Siamo ancora agli inizi di questo processo e non possiamo parlare per lui o usare le sue parole per qualcosa che egli potrebbe non approvare. Tuttavia, è chiaro che i suoi gesti semplici e alcune sue parole profetiche sulla necessità della chiesa di aprirsi al mondo, di entrare nel mondo dei poveri e di dialogare, costituiscono uno stimolo forte per riprendere e approfondire una teologia e una spiritualità che diano sostegno e supporto all’auspicato processo di rinnovamento evangelico. Non si può ignorare, peraltro, che la simpatia che circonda il papa, come capo carismatico di un’immensa forza sociale, può servire a rafforzare l’istituzione ecclesiastica che, in quanto tale, non sembra rivolta a sostenere il cambiamento e le trasformazioni sociali e umane richieste dal piano divino di giustizia e di pace per tutti. Se un papa buono rendesse accettabile e gradevole una struttura che, presentandosi nella sua vera realtà, sarebbe rifiutata, allora quella bontà e quella simpatia finirebbero per favorire qualcosa che buono non è.
In una delle sue interviste in Brasile, papa Francesco ha citato il motto medievale: «La chiesa deve sempre riformarsi». Dobbiamo aiutarlo in questo compito. Mi domando se possiamo soltanto entusiasmarci con le dichiarazioni cordiali e simpatiche del papa o se, invece, possiamo sostenere noi stessi un punto di vista più consapevole e critico in relazione al mondo e alle stesse strutture della chiesa, come ha fatto Gesù nel suo tempo. Questo desidero fare con le riflessioni che propongo in questo libro.