Iconografia di Santa Chiara d'Assisi in Italia tra Medioevo e Rinascimento
(Con gli occhi dello Spirito)EAN 9788879622738
È disponibile ora in lingua italiana il contributo della studiosa israeliana Nirit Ben-Aryeh Debby, docente nel Dipartimento di Belle Arti dell’università Ben-Gurion di Negev (Israele), che ci offre degli affondi in vari interessi storiografici. In questo caso uno relativo all’iconografia di santa Chiara, in area italiana e fino al Rinascimento, che ha il pregio di incrociare il dato artistico con quello affiorante dai sermoni e la modalità in cui immagini e testi hanno scambiato reciproche influenze. Santa Chiara ha difatti una tradizione rappresentativa diversificata sia nei materiali in cui è rappresentata (tavole, affreschi, disegni, stampe, manoscritti e altro) ed è soprattutto stata oggetto di un culto che va ben oltre il Duecento e il primo Trecento (periodo generalmente preso in considerazione dagli studi sull’iconografia della santa) e che, nel libro della studiosa arriva a sfiorare la contemporaneità di Chiara patrona della televisione e dei gatti, non meno che il rapporto che il culto primo novecentesco, segnatamente di epoca fascista, istituisce con il primo linguaggio medievale (per esempio nel pannello di Guido da Siena del 1260, Siena, Pinacoteca Nazionale), recuperando l’idea della donna forte, coraggiosa, pari nell’importanza rispetto a san Francesco, eroina universale, vittoriosa sui saraceni.
Preliminare all’analisi iconografica è tuttavia la riflessione sui sermoni e la tradizione omiletica tutta, che hanno interferito reciprocamente, seguendo ciascuno la propria storia interna, ma conoscendo, il campo dei sermoni, un approfondito fiorire di studi negli ultimi decenni, a partire da quelli di Michael Baxandall e più di recente di Lina Bolzoni, in cui si incrociano le strategie di predicazione medievale con la messa a punto dell’ars mnemonica che tanto ha interessato gli uomini di Rinascimento.
La biografia di Chiara e gli studi su questa affascinante figura sono indicati in linee sintetiche ma essenziali, evidenziando gli snodi fondamentali dei tracciati di ricerca: santità femminile medievale, anche in relazione ad altre figure di rilevante presenza, come Caterina da Siena, la spiritualità femminile, l’ordine francescano. La scansione dell’analisi del materiale iconografico presentato nel volume segue questi percorsi principali, e in questo è l’interesse principale del presente studio, nella sua continua interferenza di piani di lettura che si spostano dall’iconografia propriamente detta, ai sermoni, alla letteratura, alle fonti di vario genere che di Chiara hanno accentuato i diversi aspetti, a partire dalla sua bellezza, anche nel severo contesto dell’abito monacale.
Nel susseguirsi dei capitoli viene presentata la Chiara medievale (la maggior concentrazione di immagini è ad Assisi, in San Damiano, Santa Chiara e San Francesco in particolare, ma con un forte punto di interesse nella Napoli angioina e, a Firenze, in Santa Maria di Monticelli e in Santa Croce), santa civica e umile vergine: a partire dalla raffigurazione nella cappella di San Martino in San Francesco ad Assisi, ma che assume anche il ruolo di santa civica, difenditrice di Assisi dai saraceni, sicché il confronto con la realtà islamica viene percepito come una specie di compensazione del desiderio di un martirio reale, desiderato dalla santa.
Il Quattrocento sposta l’attenzione su altri aspetti della virtù di Chiara, in relazione a quel vasto, articolato e disseminato porsi delle diverse Osservanze, e di quella francescana in particolare, che identificò in Chiara la badessa devota e taumaturga, con un culto ormai ubiquitario, pur se poco interessato alla raffigurazione di cicli narrativi sulla sua vita. In veste di monaca e con il giglio in mano (nel Quattrocento si registra anche la presenza del ramo di palma e del cuore), Chiara viene raffigurata in Umbria, nelle Marche, in Toscana, in Emilia-Romagna e in Veneto, da artisti comprimari oppure di rango minore, insieme ad altri santi, sia in posizione eminente che paritetica, e con una quasi naturale e diffusa associazione, con santa Caterina d’Alessandria, santa Brigida di Svezia e soprattutto con santa Elisabetta d’Ungheria – anche nella tradizione omiletica erano ben note le similitudini tra le due sante – proveniente, come santa Chiara, da una famiglia aristocratica, e quindi in grado di rappresentare un modello di pietà per quelle monache di provenienza sociale alta, non di rado in grado di esercitare ruoli di committenza. L’analisi dell’autrice si dispiega mediante l’osservazione di opere di fama diversa, ma i cui autori, nel caso a esempio di Piero della Francesca (polittico di Sant’Antonio, Perugia, Galleria Nazionale), o di Lorenzo Lotto, costituiscono un esempio di primaria importanza. Nel caso di quest’ultimo si nota, nella pala della Madonna del Rosario di Cingoli (chiesa di San Niccolo`, 1539), l’attributo del pastorale, che qualifica Chiara come ‘‘capo religioso’’, della sua comunità di clarisse. Va detto tuttavia che in questa pala l’identificazione di Chiara non è sicura e anzi, per il contesto in cui è inserita, la santa meglio verrebbe a identificarsi nella domenicana Caterina da Siena. È un altro pittore veneto però, e decenni prima, Antonio Vivarini, ad avere chiaramente raffigurato Chiara come badessa, con il cingolo francescano e il manto rigato, in origine segno dei modesti tessili messi insieme con cascami di filature e tessiture diverse e con il libro in mano, allusivo alle Sacre Scritture e insieme alla Regola dell’ordine di cui fu la fondatrice (Vienna, Kunsthistorisches Museum, 1451, già nella chiesa di San Francesco di Padova). Tale tipologia è la più frequente nel Quattrocento italiano, quando si fece forte il richiamo agli ideali originali del movimento francescano, e Chiara è ben presente nelle predicazioni dei \"campioni\" dell’Osservanza, come Bernardino da Siena, Giovanni da Capestrano, Giacomo della Marca e Alberto da Sarteano, e anche le clarisse stesse ebbero un ruolo importante nel recupero dell’immagine della loro fondatrice, soprattutto quando, verso la fine del secolo, si diffondono gli sforzi per una riforma interna dell’Ordine.
Verso la fine del secolo, inoltre, Chiara viene investita anche di alti protettorati, come una specie di Madonna della Misericordia, in grado di garantire sicurezza soprattutto a gruppi laicali raccolti in confraternite devote, e ancora fu una defensor pestilitatis, con un ruolo centrale per le attività delle confraternite laicali di Assisi. Infine, a iniziare dalla seconda metà del secolo, Chiara acquistò anche i tratti della visionaria e della taumaturga, acquisendo, fino a un certo punto, i tratti caratterizzanti le due domenicane Caterina da Siena (la studiosa dedica attenzione al rapporto tra Chiara e Caterina anche in relazione alle discussioni sul tema della stimmatiz- zazione che oppose i francescani ai domenicani) e Brigida di Svezia, la cui iconografia si sviluppò nel momento in cui il culto di santa Chiara stava riprendendo nuovo vigore e nell’iconografia contò soprattutto la visione della scena della Natività: Dio misericordioso concesse a Chiara, inferma, la visione del piccolo Gesù nella mangiatoia, con un chiaro collegamento, in tal senso, con Brigida, la mistica svedese che nei decenni centrali del Trecento a Roma ebbe accesso alla curia papale e alla corte napoletana. L’interesse della correlazione fra le tre sante è un punto molto ben evidenziato nel volume, soprattutto in quanto, nel Quattrocento, i cicli pittorici – il più delle volte nelle predelle di polittici e pale compartimentate – hanno messo a di- sposizione una sorta di biografia per immagini, a partire, per Chiara, dall’area di Siena e di Pisa e segnatamente nell’opera di Giovanni di Paolo, senese (1403- 1482), che forse potrebbe aver avuto per committente anche lo stesso Bernardino da Siena. La prova migliore della vitalità rinnovata del culto di Chiara è costituita dal dossale di Messina, già situato nel monastero delle clarisse di Santa Maria di Basicò a Messina, oggi nel Museo Regionale della città, opera di un pittore anonimo della metà del Quattrocento, che potrebbe forse essere legato all’attività della badessa e santa Eustochia Calafato (1434-1485). Il dossale in cui Chiara, stante, è contornata da dieci scene della sua vita, incentrate soprattutto sul rapporto con Francesco e gli aspetti istituzionali dell’Ordine, è però, nel libro, manchevole sul piano dell’immagine, che in questo caso avrebbe meritato foto di maggiore qualità: ma si sa che, ancora, nella scrittura di un libro di carattere storico-artistico, il reperimento di foto adeguate può diventare una corsa a ostacoli.
Il terzo capitolo infine analizza le immagini di Chiara della prima età moderna: donna forte, eroina della Riforma cattolica. Chiara viene rappresentata con l’ostensorio in mano, quasi innalzata a un rango sacerdotale, all’interno di una tradizione di sante \"eucaristiche\" ben documentata dal Medioevo in avanti, ma che in Chiara assume un’ulteriore accentuazione nel contesto generale della Riforma cattolica e della teologia post-tridentina, all’interno della riforma dell’Ordine francescano e del richiamo alle sue origini, e infine nello scontro in atto con gli ottomani, richiamato grazie all’episodio della cacciata dei saraceni da Assisi. Inoltre donne di rango, in grado di orientare con i loro scritti i circoli delle Riforma cattolica, come Caterina Cibo, duchessa di Camerino, e Vittoria Colonna, sostenitrici dell’Ordine dei cap- puccini, manifestarono una particolare devozione nei confronti di san Francesco e una rinnovata attenzione nei confronti anche di Chiara, che assume una forte centralità nei racconti agiografici delle diverse famiglie francescane e nei sermoni di predicatori osservanti e cappuccini, e anche dei gesuiti, in un contesto storico in cui la stampa tipografica e l’incisione meccanica permettevano una dispiegata riproducibilità di testi e immagini, in modo ubiquitario. Infine, e ancora legata all’uso emozionale delle immagini propugnato dal clima post-tridentino, anche l’iconografia di santa Chiara con il piccolo Gesù in braccio, che ha avuto esempi di raffigurazioni celebri nel caso di Guercino e in una stampa di Annibale Carracci, rievocando la delicata tenerezza delle immagini analoghe di san Francesco e sant’Antonio di Padova, sollecitava la sensibilità emotiva dei fedeli in piena adesione al criterio barocco che considerava le immagini sacre uno strumento in grado di muovere alla pietà e alla devozione personale.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LIX, 2019, fasc. 3
(http://www.centrostudiantoniani.it/)
-
-
-
-
-
18,00 €→ 17,10 € -
-
-
-
-
-
45,00 €→ 31,50 € -
-