Il volume propone un'originale lettura del libro dell'Apocalisse nella prospettiva del divenire della vita cristiana. Un contatto particolare con lo Spirito e un incontro con Cristo risorto provocano nell'autore dell'Apocalisse una trasformazione profonda. È quella a cui anche ogni cristiano è chiamato.
INTRODUZIONE
di Ugo Vanni
Quando, nell'ambito del Nuovo Testamento, parliamo di spiritualità, si richiede una precisazione. Il termine non si riferisce a una riflessione sulla devozionalità o sulla dimensione immateriale del cristiano, ma indica, in una maniera aderente e precisa, un'attenzione prestata alla vita vissuta sotto la guida dello Spirito. Nella spiritualità neotestamentaria il riferimento diretto allo Spirito è sempre determinante.
Lo ritroviamo nell'Apocalisse con un'impostazione originale. Giovanni — il protagonista ideale di tutta l'esperienza che l'autore del libro mette in risalto facendolo parlare in prima persona — dice per due volte: «Divenni nello Spirito» (1,10; 4,2), indicando un contatto particolare con lo Spirito, che provoca in lui un divenire, una trasformazione.
I due «divenire» sono significativi. Il primo — «Divenni nello Spirito nel giorno del Signore»: 1,10 — veicola un incontro rinnovato con il Cristo risorto, il quale, tramite Giovanni, invierà la sua parola a tutte le chiese, realizzando in esse la forma migliore. Il contatto rinnovatore con lo Spirito si sviluppa così in tutta la prima parte dell'Apocalisse (1,4-3,22).
Il secondo «divenire» — «... mi diceva: Sali quassù e ti mostrerò le cose che devono accadere dopo questo. Subito divenni nello Spirito»: 4,2 — si colloca all'inizio della seconda parte. Realizzato l'ascolto dello Spirito, che nella prima parte era stato tanto inculcato alla chiesa — «Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese» (2,7.11.17.29; 3,6.13.22) —, l'assemblea liturgica cerca di leggere i segni del suo tempo, interpretando e applicando il materiale simbolico che l'Autore le propone.
Si tratta di un materiale profetico: lo Spirito, che ha guidato prima la redazione scritta, ora, tramite un impulso rinnovato, quello proprio del «divenire», lo fa rivivere nell'assemblea liturgica, portandola così a una sua rilettura, a un suo discernimento della storia. L'assemblea così, da una parte manterrà «la Parola ascoltata», elaborando, approfondendo, gustando il materiale profetico veicolatole dal-lo Spirito; dall'altra, sempre sotto la guida dello Spirito, identificherà lepiste applicative dove collocare poi il suo impegno fattuale. È questo l'intento di tutta la seconda parte dell'Apocalisse (4,1-22,5).
Il materiale raccolto e che presentiamo in questo libro' intende illustrare le punte emergenti di questo doppio «divenire» nello Spirito.
Dopo un'esposizione globale della spiritualità dell'Apocalisse collocata nel quadro più ampio della spiritualità apocalittica —, viene presentata la preghiera, che è la radice di ogni spiritualità. Con la preghiera individuale e comunitaria scatta il divenire nello Spirito.
Una punta emergente di tale «divenire» è proprio la Parola che viene proclamata nella liturgia. Animata dal dinamismo che le imprime lo Spirito, essa diventa un messaggio diretto e immediato di Cristo che ha, data la situazione liturgica in cui avviene, un impatto para-sacramentale. L'assemblea che l'accoglie ne risulterà trasformata.
Frutto di questa trasformazione è la presa di coscienza di quello che è per la chiesa Cristo risorto, proprio in quanto risorto, in quanto «vivente».
In particolare, la chiesa-assemblea trasformata sarà in grado di apprezzare adeguatamente il dono fondamentale dell'Eucaristia. Su questi aspetti, implicati dal primo divenire nello Spirito, battono i primi 8 capitoli.
Il secondo «divenire nello Spirito» si realizza in dipendenza dal primo. La chiesa-assemblea, una volta tonificata dalla Parola efficace di Cristo risorto, è in grado di leggere i segni dei tempi. Cristo risorto, continuando il messaggio della prima parte, la invita a farlo. La chiesa accetta, e a questo punto avviene un nuovo contatto con lo Spirito, che si aggiunge e quasi si moltiplica con il primo. La chiesa prende coscienza di una missione profetica e si affaccia sul mondo.
Come prima reazione, lo Spirito la spinge ad attivare la sua fede. Così essa potrà compiere la lettura discernente della sua situazione storica, identificando e focalizzando sia le forme di bene, oggetto di benedizione, sia le forme di male, oggetto di maledizione. Si impegnerà in una cooperazione a tutto campo alla vittoria di Cristo. Nella difficoltà del suo cammino saprà guardare in avanti, portata dalla speranza, fino alla conclusione esaltante della Gerusalemme nuova. A questo secondo «divenire nello Spirito» sono dedicati i cc. 9-14.
I testi raccolti non vogliono costituire un manuale e neppure una sintesi riassuntiva. Si limitano a presentare, nell'arco del contesto organico proprio del divenire nello Spirito, dei saggi di approfondimento che si situano tra lo studio e l'applicazione concreta, toccando spesso insieme i due campi. Vogliono offrire approfondimenti, provocare riflessioni, sensibilizzare e condurre il cristiano alla sua forma migliore e a un impegno mirato e consapevole nella sua storia della salvezza. La spiritualità dell'Apocalisse — nel senso illustrato più sopra risulta particolarmente impegnativa. Senza indulgere a sentimentalismi facili, senza entrare nell'astratto di sistemazioni teoriche, essa interpella una chiesa matura e adulta, contribuendo a renderla tale. Le chiede di credere nello Spirito, di accettarne la pressione, lasciandosi lavorare da lui.
In questa disponibilità ad ascoltare lo Spirito, a custodire — sempre sotto la guida dello Spirito — alacremente nel cuore il messaggio ascoltato, per attuarlo poi nella prassi, sta il segreto della spiritualità a cui ci guida l'Apocalisse. La chiesa ne avrà bisogno nel suo cammino quotidiano fino all'approdo finale nel «secolo dei secoli».
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
L'APOCALISSE DI GIOVANNI NEL QUADRO DELLA SPIRITUALITÀ APOCALITTICA
I. La «scuola apocalittica»
Un discorso sulla spiritualità apocalittica presuppone risolto un problema: è esistita davvero nell'ambito del Nuovo Testamento una scuola apocalittica'? E per «scuola apocalittica» intendiamo, sempre nell'affrontare questo problema, un gruppo che, tramite scritti, tramite contatti, tramite un rapporto di maestro-discepolo, abbia potuto costituire un'entità autonoma storicamente rilevabile.
Dobbiamo riconoscere con franchezza che notizie precise sull'esistenza e sull'attività di un gruppo apocalittico — come, per esempio, quello di Qumràn, oppure quello dei farisei e dei sadducei — non ci sono state tramandate. Alcuni studiosi sono arrivati, proprio in considerazione dell'assenza di notizie minute, ad affermare che l'apocalittica non ha costituito propriamente una scuola, ma semplicemente una tendenza o, ancora più semplicemente, l'accentuazione di alcuni temi e di alcuni atteggiamenti riflessivi, provocata dalla pressione delle persecuzioni.
Non è questa la sede per approfondire nei dettagli una discussione del genere. Attenendoci a quella che è oggi l'opinione prevalente, dobbiamo riconoscere — anche soltanto a livello di Nuovo Testamento — una larga corrente, che possiamo chiamare apocalittica e di cui possiamo determinare con precisione sufficiente sia le caratteristiche formali sia i contenuti teologici-biblici e sia anche un atteggiamento spirituale tipico.