I segni della fine
-Storia di un predicatore nell'Italia del Rinascimento
(I libri di Viella)EAN 9788833138145
Il 18 dicembre 1513 nella piazza di Santa Croce di Firenze il minorita frate Francesco da Montepulciano (1476-1513) teneva un’infuocata predica dai toni apocalittici. La predica del frate ebbe una vasta risonanza non solo locale, accolta con toni diversi, ma il fatto in se ? e le parole pronunciate raggiunsero anche Roma dove si trovava l’arcivescovo di Firenze Giulio de’ Medici, cugino del papa regnante, poco convinto delle rassicuranti informazioni fornite dal governatore della citta` Lorenzo di Piero de’ Medici. Al frate, infatti, veniva ingiunto di recarsi a Roma per essere interrogato; ingiunzione inutile perche ? frate Francesco, stroncato dalla rigida vita ascetica che conduceva e dall’intensa attivita` di predicazione, moriva il 31 dicembre di quello stesso anno. Trovava requie sepolto in una tomba terragna (tuttora visibile) nella basilica francescana di Santa Croce. Il suo fu un funerale accelerato per evitare manifestazioni di devozione nell’entusiasmo popolare che la sua predicazione aveva suscitato, un fenomeno che non fu diverso da quello tributato ad altri predicatori di fama.
È questa l’essenziale sintesi di una micro-storia che si innesta nella macro storia fiorentina del tempo. Un periodo percorso da tensioni interne collegate alla politica medicea controllata da Roma, dove la famiglia medicea era assurta ai vertici ecclesiastici con l’elezione al pontificato di Leone X, e, soprattutto, nella non sopita memoria di Michele Savonarola (1452-1498).
In questo contesto il giovane e promettente autore del testo costruisce una ben articolata storia legata a una figura poco nota di un frate minore conventuale, al contesto storico e religioso del tempo, alla fortuna editoriale che ebbe da subito il testo della predica tenuta in quella piazza, che viene dettagliatamente analizzata. Il tutto in un’architettura narrativa modulata in tre parti, con una serie di capitoli esplicativi che citiamo per comprendere la ricchezza dell’analisi condotta: I. Voci («Niccolo` Macchiavelli e Francesco da Montepulciano»; «I fiorentini tra paura, speranza e diffidenza»; «La reazione dei Medici tra Roma e Firenze»). II. Letture («La tradizione manoscritta e a stampa della predica»; «Il testo della predica»; «‘‘Non aspettare piu` profeti: i profeti son passati’’»; «Fermenti e tradizioni apocalittiche alla vigilia della Riforma»). III. Tracce («Chi era Francesco da Montepulciano?»; «L’anello mancante tra spirituali e cappuccini»; «Da frate Francesco da Montepulciano al beato Francesco Cervini»).
Nella successione narrativa, propongo un percorso a ritroso rispetto al testo, cercando di comprendere l’originale figura del frate protagonista. Originario di Montepulciano, dove la sua memoria era rimasta viva, o quanto meno riesumata, soprattutto dopo che la famiglia Cervini – da cui proveniva il papa Marcello II (un fugace pontificato consumatosi in 22 giorni nel maggio 1555) – tramite il fratello Alessandro aveva voluto ascriverlo al proprio clan familiare promuovendo, a molti anni di distanza, con il determinante appoggio del vescovo locale, un processo canonico per la sua beatificazione. Un processo bloccatosi nel 1766 al titolo di servo di Dio, non proseguendo nell’iter successivo per la morte del pontefice Clemente XII. Gli atti originali del processo, presenti nell’archivio della cancelleria episcopale di Montepulciano (e in copia nella Biblioteca Pubblica di Siena, oltre che nell’archivio della Congregazione romana dei riti segnato Processus 1803), erano stati redatti dal conventuale Luigi Maria Poggi. La presenza di un frate dello stesso Ordine di appartenenza, oltre alle pressioni familiari, rispondeva a varie inchieste su santita`possibili del passato promosse dall’Ordine stesso dei Conventuali che a meta` del Settecento avevano istituito una postulazione ad hoc. Era un impegno per dimostrare una santita` presente anche nella Famiglia conventuale, ideologicamente contestata nella sua identita` e storicita` francescana in una virulenta polemica con la famiglia Osservante. Dagli atti del processo di beatificazione, per altro tardivi rispetto al periodo storico vissuto dal protagonista, emerge una chiara metamorfosi della memoria, piu` in sintonia con il modello controriformistico che non sulla realta` della sua vita.
La vita di frate Francesco da Montepulciano riflette il percorso curricolare di un ‘‘normale’’ frate conventuale del Cinquecento, costruito in un cursus studiorum tra 1493 e 1506 circa, a Bologna, Perugia e negli Studia accademici dell’Ordine a Ferrara e a Padova dove e` presente partecipando agli atti accademici come bachalarius nell’ottobre 1502 e ancora nel novembre 1504 (cf. Acta graduum academicorum ab anno 1501 ad annum 1505 [III.1], a cura di Elda Martellozzo Forin, Antenore, Padova 1969, ai numeri 171, 355).
L’importanza e la novita` di questo lavoro sono nell’aver fatto emergere una figura di un francescano conventuale proprio in quegli anni in cui si consumava, inevitabilmente, la divisione tra le due famiglie minoritiche, quella storica della Communitas e l’ormai prorompente Osservanza. Dice tra l’altro, e l’argomento potrebbe aprire nuove piste di indagine, di un’anima riformista trasversale, rappresentata anche da altre figure presenti anche tra i Conventuali; un’‘‘anima’’ che ritornera` , comunque, anche in seguito con il gruppo dei Conventuali riformati, smantellati dopo il riassetto dell’Ordine con le nuove costituzioni urbane del 1628. A questa corrente appartiene di certo frate Francesco, deciso a una scelta radicale con il ritirarsi a vita eremitica tra il 1506 e 1512 in un eremo tra il Gargano e la Maiella, senza mai lasciare formalmente la Famiglia conventuale. Puo` sorprendere il fatto della sua opposizione alla utopica riforma proposta dal ministro generale Egidio Delfini nell’ultimo sforzo di mantenere un’unita` almeno formale dell’Ordine. Ipotizzo che a non convincerlo possa essere stata la piega assunta dall’Osservanza, sempre piu` potente e vicino alla ‘‘vittoria’’ nel riconoscimento della sua supremazia, ma gia` con evidenti segni di deviazioni tra i modelli proposti e la realta` della vita.
L’anno 1513 puo` essere considerato quale data dirimente tra l’esperienza eremitica e l’avvio di un’itineranza quale predicatore, quasi un prima e un dopo della sua vita. In questa data riemerge come predicatore itinerante secondo un modello che sembra imitare le performances oratorie dell’Osservanza. Predicatore a Perugia, nel maggio 1513 nella pubblica piazza di Assisi, nel compito di ricomporre le feroci divisioni presenti in citta` , in concomitanza con il capitolo generale dei Conventuali, occasione in cui riceve dal ministro generale eletto Bernardino da Chieri la destinazione per l’eremo aretino del Cerbaiolo, a meta` strada verso la Verna e, secondo la tradizione, abitato anche da sant’Antonio di Padova.
Eremita, con un abito austero, i segni fisici di una vita ascetica, predicatore itinerante: sono tutte caratteristiche che costruiscono la memoria di Francesco da Montepulciano considerato dalla riforma cappuccina quasi un anticipatore della propria idealita` francescana, l’‘‘anello di congiunzione’’ tra persistenti domande di riforma e il progetto perseguito con tenacia dal gruppo uscito dall’appena riconosciuta Osservanza. Significativo e` che proprio due dei discepoli di frate Francesco, Liberale da Colle Val d’Elsa e Bonaventura Fei, faranno la scelta di entrare nella riforma cappuccina, in una continuita` di comuni ideali. L’impegno di predicatore di frate Francesco si colloca nel clima che precede la Riforma protestante, in un’urgente domanda di rinnovamento, testimone, come altri, di quell’urgenza di riforma predicata con toni apocalittici che percorre la Penisola del tempo. Prediche che preoccupano sia la dirigenza politica, quanto quella ecclesiastica che nel concilio Lateranense V (1516) aveva sottoposto i predicatori al controllo episcopale.
Dopo Assisi, la piazza e` Firenze. Una citta` dove non si era spenta la memoria della predicazione penitenziale savonaroliana con le tensioni che questa aveva lasciato, parzialmente sedate dalla politica medicea che risponde alle predizioni apocalittiche con ‘‘panem et circenses’’ per il popolino. Alla predicazione di frate Francesco da Montepulciano le reazioni furono diverse, tra il non sopito sogno di una palingenesi religiosa in un orizzonte di rinnovamento penitenziale, ispirato piu` al vangelo di Matteo (cap. 24) che non all’Apocalisse. Sullo sfondo oratorio del frate sembra esserci, piu` che il mito savonaroliano, la figura del riformatore francescano portoghese Amadeo da Silva (1420-1482), con connessioni che richiamano a loro volta le visioni di Brigida di Svezia (1303-1373) o di Vincenzo Ferrer (1350-1419). Rimandi, all’una o all’altra posizione, che hanno animato la discussione storiografica e che viene analizzata dall’autore.
Le reazioni furono contrastanti, la fama della predicazione di frate Francesco aveva superato i confini fiorentini per arrivare in altre citta` : cosa che non sorprende tenendo conto del considerevole numero di predicatori itineranti, autori di infuocate prediche con incombenti castighi apocalittici, che circolavano nelle piazze urbane del tempo.
Se da una parte l’accoglienza popolare con cui venne accolto nella citta` toscana mise in allarme la dirigenza medicea, ricevendo l’ingiunzione di presentarsi a Roma, dall’altra ci fu la reazione beffarda di un Machiavelli ironico circa questi predicatori professionisti capaci di riempire le piazze facendo breccia sulle credenze popolari, ma con connesse preoccupazioni per le possibili conseguenze in campo sociale e politico.
Puo` sorprendere il successo della predicazione di Francesco da Montepulciano in Santa Croce nel 1513. Le sue parole ci vengono trasmesse da una tradizione sia manoscritta, a partire probabilmente dalla prima redazione del reportator fiorentino, il notaio Lorenzo Vivoli, o Violi, pervenutaci in quindici manoscritti, di cui dodici con il testo integrale; sei le edizioni a stampa, la piu` antica delle quali in un opuscolo rintracciato nella Biblioteca Nazionale di Parigi, senza dati tipografici, ma di probabile provenienza veneziana stampato tra il 1520 e il 1530.
Il testo e` stato scandagliato dettagliatamente dall’autore in una diffusa analisi che lo colloca, per la parte manoscritta, nella circolazione di testi a uso semi-privato, interessato a tematiche profetiche e penitenziali, collegate alla fortuna di altri testi di ampia circolazione attribuiti a Telesforo da Cosenza (la cui voce e` stata curata dall’autore nel DBI) o alla produzione del minorita Giovanni de Rocatlhada/Roque- taillade (de Rupescissa, 1310-1362), collegata a sua volta al profetismo dello spiri- tualismo francescano (Pietro di Giovanni Olivi, Angelo Clareno), con l’utilizzo dei tre topoi riferentisi alla corona francese, alla presenza di un imperatore malvagio e all’elezione di un antipapa. Opere circolanti e che Francesco da Montepulciano po- trebbe aver conosciuto nel suo curriculum accademico, o nel silenzio del periodo eremitico, o nella nutrita biblioteca di Santa Croce.
Ma oltre a questi possibili percorsi, c’e` un preciso riferimento citato da un contemporaneo del frate, Sigismondo Tizio (1458-1528), secondo il quale il diretto re- troterra culturale proverrebbe dalle dottrine del senese Pietro Rossi (1403-1459) che raccorda l’Antico Testamento, e in primis il profeta Daniele, con calcoli astronomici a sostegno di visioni profetiche e di rinnovamento spirituale.
Per interessi anche personali, rilevo la possibilita` di aprire dei processi investigativi circa l’identita` del francescanesimo della Communitas, nelle domande che la percorrevano, di cui Francesco da Montepulciano e` un testimone, decisamente contrario all’Osservanza, e antesignano dei Cappuccini, che con i Conventuali intratterranno stretti collegamenti.
L’analisi che l’autore compie nel ricostruire l’ambiente culturale, diretto o indiretto, e` sorprendente per l’acribia nell’inseguire e individuare percorsi eruditi che stanno alle spalle del testo, ricostruendone il contesto, non meno per la ricchezza bibliografica (pp. 229-267), che ne fanno una proposta di alto valore storico, per i suoi contenuti e per la metodologia della ricerca.
Merito particolare del testo e` come da un episodio, la predicazione di un frate pressoche ? sconosciuto, pur in una Firenze scossa da fremiti religiosi, si possa ricostruire una storia culturale e religiosa molto piu` ampia, che si colloca nel grande tornante storico dello Riforma, non piu` solo protestante ma anche cattolica, ormai note in un nesso inscindibile pur con percorsi diversi.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LXII, 2022, fasc. 1
(http://www.centrostudiantoniani.it/)
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