ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. CONTENUTO
In questo volume si presenta la traduzione di due testi di Giovanni Crisostomo conosciuti con il titolo Ad Theodorum lapsum e di un breve scritto compreso tra gli spuria crisostomiani e indicato come Theodori lapsi responsio ad Chrysostomum. Per i primi due non si rispetta l'ordine della Patrologia graeca, essendo stato adottato quello stabilito nella recente edizione critica francese delle Sources Chrétiennes. Il testo Ad Theodorum lapsum II è una lettera indirizzata a tal Teodoro, il cui nome ricorre più volte, mentre quello Ad Theodorum lapsum I, di lunghezza assai superiore, non ne menziona mai il nome e, se pure è rivolto in seconda persona a un "tu" forse generico, si può considerare un vero e proprio trattato che sviluppa e amplia i temi già presenti nella lettera e che ad essa quindi, per unanime ime consenso degli studiosi moderni, è posteriore. Di conseguenza, :ella presente traduzione. la lettera precede il trattato.
Pare opportuno, per una migliore comprensione dei rapporti tra i testi, riassumerne a grandi linee il contenuto.
Nella lettera l'autore piange per la definizione di Teodoro: tuttavia potrebbe non essere cosa grave, purché egli si riabbia dalla sua caduta, verificatasi proprio quando muoveva i primi passi nella lotta contro il maligno. Tutti in precedenza si erano stupiti della sua rapida conversione e della sua rigorosa condotta di vita, spesa nella lettura dei testi sacri e nella preghiera. Se infatti la natura umana è pronta a cadere nell'errore, si risolleva velocemente, come accadde a Davide, che dopo l'adulterio si penti e riottenne il favore di Dio. Non sono certo il tribunale e la camera forme a interessare Teodoro: piuttosto deve avere ben presente il terribile tribunale preparato da Dio. Egli non impone all'uomo prescrizioni gravose, perché il suo giogo è dolce e il suo carico leggero.
Le preoccupazioni del mondo, infatti, sono ben più moleste, e onori e ricchezze sono effimeri e non sono nulla di fronte alla libertà dei cristiani. Se il matrimonio è una buona cosa, per Teodoro non è più permesso, perché rinnegare Cristo, lo sposo celeste a cui si è già legato, sarebbe un adulterio; inoltre i piaceri della vita finiscono, ma i castighi che ne derivano non hanno fine. Come molte sante persone pregano per la sua salvezza, così egli non deve disperare di se stesso, tanto più che è molto giovane e la conversione è possibile anche alla fine della vita, pur essendo sconsigliabile aspettare quel momento.
Una vita affannosa spesa tra gli impegni privati e pubblici" finisce miseramente e non permette di conquistare il cielo, mentre l'anima è schiava delle preoccupazioni familiari e non vive in funzione di se stessa. Chi vive per Cristo, invece, è indenne da qualsiasi pericolo e niente può danneggiarlo né colpirlo. perciò in ogni caso è superiore all'uomo sposato. Pensando a tutto ciò, Teodoro deve sottrarsi alla disperazione, che è l'arma di cui si è servito il maligno per farlo cadere. L'autore ha scritto la lettera perché abbia un qualche effetto sull'anima dell'amico, benché molti lo dissuadessero, ritenendola fatica vana, e spera di poterlo riaccogliere presto nel gregge di Cristo, mentre lo invita frattanto a rispondergli per lettera.