INTRODUZIONE
Contro gli eretici è un'opera che, a prima vista, si potrebbe considerare non attuale o, comunque, poco interessante: dove sono, infatti, al giorno d'oggi, gli eretici? Ammesso che vi siano degli eretici dichiarati (tanto per non far nomi), dove sono, comunque, i loro seguaci? Ma l'eresia esiste ancor oggi: essa si presenta con altre forme e sotto differenti maschere, diverse da quelle dell'eresia antica: sono le maschere — numerose e varie — che attirano, anche oggi, il cristiano, e gli fanno balenare una realtà seducente, ma che è diversa da quella che gli insegnano Cristo e la Chiesa. E ancora, quante volte si ritiene, al giorno d'oggi, sacrosanto diritto rifiutare non dico l'insegnamento, ma certo la tradizione della Chiesa? Il temine "eresia" proviene dal greco hairesis: nel mondo antico esso significava la "scelta personale" di una dottrina, e quindi l'adesione ad una determinata scuola filosofica, come conseguenza di quella scelta; divenne poi la "scelta" di una dottrina religiosa all'interno di un insegnamento cristiano, a parole almeno, mai rifiutato. Ancor oggi, quindi, si può _fare (e spesso una scelta del genere. Non è difficile constatare, quindi quanto sia attuale l'eresia e quanto sia opportuno riconsiderare l'insegnamento della Chiesa, che deriva dai sacerdoti e dai vescovi. i quali l'hanno ripreso dagli apostoli e gli apostoli da Cristo.
Questo, infatti, è il tema del trattato di Tertulliano che stiamo considerando. Gli eretici insegnano una dottrina che non è quella della Chiesa, e quindi non è quella di Cristo, perché solo la Chiesa possiede l'insegnamento di Cristo. Un discorso che potrebbe essere ovvio, ma che agli occhi di Tertulliano era necessario ribadire.
Per svolgere il suo pensiero, e precisamente per contestare le pretese degli eretici di essere loro i veri discepoli di Cristo, Tertulliano ricorre ad alcuni punti essenziali della Chiesa cristiana: l'insegnamento da lei professato deriva dagli apostoli e da Cristo per tradizione; è un insegnamento che risale alle origini; è un insegnamento che è comune a tutti. Le Chiese, infatti, se hanno un'origine apostolica, sono sorelle: la Chiesa di Roma come quella di Cartagine, quella di Atene come quella di Efeso; il cristiano ha in tutte, ovunque esse si trovino, la sua vera dimora. Il trattato di Tertulliano, quindi, difende apostolicità e l'unione delle Chiese cristiane.
1. Che cosa è la "tradizione"? La riflessione sul suo significato e il suo ruolo, all'interno della Chiesa, non cominciano nel III secolo. Ma Tertulliano è il primo a proporre un'interpretazione complessiva e organica di questo concetto, essenziale per il Cristianesimo antico ancor più che per noi. Già verso il 180 d. C. Ireneo di Lione sottolineava il ruolo centrale che la tradizione aveva nella Chiesa. Forse per influsso della teologia gnostica e, insieme, per polemica contro di essa, ilgrande vescovo di Lione introduce questa nozione nel vocabolario della teologia cristiana, chiamandola apostoliképaradosis, cioè «tradizione degli apostoli".
Tutto l'inizio del terzo libro del Contro le eresie è un'appassionata difesa della tradizione in polemica con gli eretici. La verità non può essere in possesso di coloro che ignorano la tradizione. Essa non è consegnata attraverso le lettere, ma a viva voce: «Non enim per litteras traditam illam, sed per vivam vocem» 2, 1). «Dunque, la tradizione degli apostoli, che è stata manifestata in tutto il mondo, la possono vedere in ogni chiesa coloro che vogliono vedere la verità, e noi possiamo enumerare nelle varie chiese quei vescovi che sono stati istituiti dagli apostoli, e le loro successioni fino ai nostri tempi» (III, 3,1). Di conseguenza, Ireneo traccia rapidamente la successione dei vescovi di Roma, da Pietro e Paolo fino ai suoi tempi (III, 3).