Già da qualche anno sono divenuti numerosi e frequenti gli studi su papa Paolo VI, sia di carattere più divulgativo sia di tipo scientifico e documentaristico. Le due qualità sono unite nell’opera di Andrea Tornielli, Paolo VI. Le audacie di un papa, pubblicato nella collana Le Scie della casa editrice Mondadori. Tornielli, da giornalista, riesce a caratterizzare la sua opera per il linguaggio compren-sibile al lettore di cultura media e per il rigore dell’indagine scientifica, fondata su una documentazione ampia e ampiamente riportata nel narrare eventi e situazioni. Il sottotitolo L’audacia di un papa indica insieme la prospettiva in cui viene letta la vicenda terrena di Giovan Battista Montini e il giudizio che la storia del suo pontificato ad orami trentuno anni dalla morte.
La corposa pubblicazione di Tornielli (721 pagine) si estende in realtà al di là del quindicennio di pontificato e mostra come le audacie di questo papa affondino nel suo passato, nella sua composita formazione giovanile, nell’esperienza di una famiglia saldamente cattolica, nella sua attività pastorale fra i giovani universitari, oltre che nel suo aggirarsi per lunga parte della sua vita sacerdotale nei corridoi vaticani. Il giovane Montini, infatti, malfermo di salute, era stato costretto ad essere seminarista in casa; questa condizione aveva ampliato però i suoi orizzonti culturali lasciandolo più a contatto con gli stimoli culturali di una famiglia in cui giravano testi di autori cattolici francesi e che era partecipe del travaglio culturale e sociale e politico dei cattolici italiani nei primi decenni del Novecento: il padre, Giorgio Montini, era direttore del giornale cattolico di Brescia e sarà deputato popolare, sulla linea antifascista di Sturzo. Ordinato sacerdote don Battista si lascia ispirare dall’oratoriano don Giulio Bevilacqua, che poi nominerà cardinale, e dalle opere dell’abate Caronti, e di Romano Guardini, che aprivano squarci nuovi nella visione della Liturgia e dell’essenza della Chiesa.
Interessante in questo senso è una circolare che Montini, da assistente nazionale della Fuci, invia ai circoli periferici riguardo agli incontri aperti a tutti gli studenti per la Pasqua 1933 nella quale fra l’altro di legge: Si scelga un ambiente ... dove l’arredamento sacro non si presti alle facili irrisioni di chi se ne farebbe un’arma per distruggere nelle anime incerte l’effetto della predicazione pasquale. (Non chiese dove siano pellegrinaggi di devoti davanti a statue di cartapesta, con grandi illuminazioni elettriche, ecc.)… “Dall’altare” si tolga ... l’inutile e indecorosa molteplicità di candelabri, palme, fiori, ecc..., … si curino i minimi particolari eliminando quelli che possono suscitare disgusto, distrazioni, ironia (p.e. beghine circolanti davanti le immagini, sagristi raccoglienti l’elemosina, ecc.) … Non si reciti il Rosario la cui alta pietà avrebbe bisogno di essere spiegata agli indifferenti. Si potrebbe invece prima della conferenza recitare in italiano la sequenza dello Spirito Santo ... ovvero leggere la Passione del Signore nel testo dei Vangeli concordati.
Le audacie del papa Paolo VI nel portare avanti il Concilio e curarne l’attualizzazione, nelle grandi aperture della Ecclesiam suam e della Popolorum progressio, nella riforma delle istituzioni vaticane, nell’appello alle brigate rosse per Aldo Moro, nei «no» pronunciati in alcune occasioni, il lettore le trova ben descritte e ben documentate nelle sezioni del volume dedicate agli anni del pontificato. In questa sede vorrei piuttosto ricordare altre audacie, anch’esse riferite da Tornielli: il non tenere denaro in tasca sin da quando arriva come arcivescovo a Milano (p. 209); il rifiuto del bacio alla pantofola sin dall’elezione del 21 giugno 1963 (p. 338) che sul finire della vita, nell’anno santo 1975, diviene suo bacio al piede del metropolita ortodosso (p. 580); la rinuncia alla tiara in favore dei poveri (p. 405-406); la scelta di un arredo povero per la sua stanza nel palazzo aposto-lico (p. 339); l’essenzialità e la rapidità dei suoi viaggi, nei quali riservava comunque uno spazio per la visita ai poveri (p. 381; 409; 436-437; 511; 551). Si tratta di particolari spesso dimenticati, ma che svelano le profondità dell’essere della persona. L’ampiezza dell’opera di Tornielli consente di recuperarli e leggerli insieme ai grandi gesti, più noti e documentati dai mezzi di comunicazione sociale, giungendo – a differenza d’altri – ad una lettura unitaria del pontificato montiniano, caratterizzato sempre dalla custodia del depositum fidei e dalla perseverante applicazione delle riforme conciliari, tenendo «la barra diritta di fronte alle tendenze centrifughe in avanti e alle resistenze tenaci che tentavano di vanificare il Concilio» (p. 518).
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 2/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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