Sguardi in pastorale
11. Desiderio desideravi.
Fede, liturgia e vita (A. Carrara)
I nostri modi di dire
41. Togliere i peccati
1. Togliere i peccati (A. Carrara)
2. Gesù di Nazaret, l’Agnello di Dio
che toglie il peccato del mondo (D. Arcangeli)
3. Il peccato e la sua remissione (M. Aliotta)
La via della croce
seguendo il vangelo di Matteo
(R. Laurita)
Tempo di Quaresima 2023
22 febbraio / 8 aprile
Mercoledì delle Ceneri (S. Vuaran, R. Laurita)
1ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)
2ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)
3ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)
4ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)
5ª domenica di Quaresima (S. Vuaran, R. Laurita)
Domenica delle Palme (S. Vuaran, R. Laurita)
Giovedì santo (R. Laurita)
Venerdì santo (R. Laurita)
Veglia pasquale (R. Laurita)
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11.
Desiderio desideravi.
Fede, liturgia e vita
di Alberto Carrara
Desiderio desideravi (= DD) è il titolo della Lettera apostolica
di papa Francesco, «dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano,
il 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo,
dell’anno 2022, decimo del mio pontificato».
1. La bellezza, la verità della liturgia
e le abitudini dei credenti
Lo scopo della lettera è dichiarato esplicitamente all’inizio:
Condividere con voi alcune riflessioni sulla Liturgia, dimensione
fondamentale per la vita della Chiesa. […] Non intendo trattare
la questione in modo esaustivo. Voglio semplicemente offrire alcuni
spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la verità
del celebrare cristiano (DD 1).
È uno «stato d’animo» tipico di papa Bergoglio: fare andirivieni
fra alcuni grandi principi e alcuni concreti modi di fare e
di dire che si vedono e si sentono dentro la chiesa, per mostrarne
la reciproca, feconda tensione. Tensione che esiste anche tra
«bellezza» e «verità» della liturgia. Giocando sui due termini,
la lettera di papa Francesco permette di affermare, infatti, che
la liturgia è vera solo se è bella e viceversa. Il documento, come
non tratta in maniera esaustiva della liturgia e delle sue indefinite
implicazioni, così non intende essere un autorevole aggiornamento
di rubriche di “modi di celebrare”, ma portare a scoprire
quanto è portatrice di valori una bella celebrazione.
In questo sta il carattere pastorale del documento: non enunciare
grandi verità sconosciute, ma richiamare, quasi rivitalizzare,
antiche verità variamente nascoste e in parte dimenticate.
In effetti, la liturgia trae le proprie possibilità e i propri rischi
dal fatto di far parte della normale vita quotidiana della chiesa.
La liturgia – e, in particolare, la messa – è diventata il criterio
dominante per definirne l’identità, sia dentro, sia fuori la chiesa.
Questa, infatti, ritrova se stessa soprattutto quando celebra l’eucaristia.
Anche l’identità del singolo cristiano coincide, prevalentemente,
con la sua pratica liturgica. Il buon cristiano è colui
che “va a messa” tutte le domeniche.
Tutto questo conferma il “peso teologico” della messa, cuore
di tutta la vita cristiana, che dovrebbe essere il punto più alto
verso cui tutto converge, punto di arrivo di tutto il vivere cristiano.
In realtà, il punto massimo di arrivo è diventato punto minimo
di partenza. Non si partecipa alla messa perché si è cristiani;
si è cristiani perché si partecipa alla messa. Si può dire, quindi,
che l’ovvietà quotidiana del rito liturgico finisce per contribuire
anche alla sua relativa banalizzazione. Più il cristiano è partecipante,
più si abitua alla messa. Se si vuole portare alle estreme
conseguenze tutto questo, si potrebbe affermare che la celebrazione
del mistero si appiattisce sul rito e il rito è governato dal
precetto (superfluo forse notare che rito e precetto non negano
la profondità misterica dell’eucaristia, ma possono negarla e di
fatto, talvolta, la negano).
D’altronde, anche dall’esterno la chiesa – e chi ne fa parte – è
vista allo stesso modo. Basti pensare ai criteri correnti con cui si
articolano le indagini sociologiche sul mondo credente. I vari livelli
di appartenenza ecclesiale vengono definiti con i diversi livelli
di partecipazione liturgica. I cristiani sono divisi tra coloro
che partecipano alla messa tutte le settimane, una volta al mese,
qualche volta nell’anno, una volta all’anno, mai.
Ora, Desiderio desideravi, di fronte al rischio dell’appiattimento
sul rito e sul precetto, ripropone lo spessore, la profondità
del mistero, quasi a recuperare quello che talvolta sembra
essere dimenticato. Si potrebbe dire che papa Francesco parla
di due diverse sproporzioni che segnano l’eucaristia: una sproporzione
nel tempo e una sproporzione nello spazio.
Papa Francesco ricorda quello che sta all’inizio, «l’infinito
desiderio» del Signore che «non si potrà saziare finché ogni uomo,
di ogni tribù, lingua, popolo e nazione (Ap 5,9) non avrà
mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue». Desiderio, per
forza di cose, irrealizzato. Per cui «quella stessa Cena sarà resa
presente, fino al suo ritorno, nella celebrazione dell’Eucaristia»
(DD 4).
Non solo, ma quello che non si è ancora realizzato e non si
realizzerà mai nel tempo, «fino alla fine», si incrocia con la ristrettezza
spaziale nell’oggi della chiesa. Il gregge del Signore è
piccolo. Non tutti sanno che esiste il dono che il Signore ha lasciato
all’umanità e non tutti quelli che lo sanno amano riceverlo.
Di conseguenza: «Non dovremmo avere nemmeno un attimo
di riposo, sapendo che ancora non tutti hanno ricevuto l’invito
alla Cena o che altri lo hanno dimenticato o smarrito nei sentieri
contorti della vita degli uomini» (DD 5).
Il carattere inattingibile del mistero, l’intensità del desiderio
del Signore irrealizzato nel tempo e nello spazio diventa, necessariamente,
urgenza pastorale. La grandezza del dono diventa
«santa inquietudine» dei credenti di fronte alla non accoglienza
di quel dono o al suo oblio. Si torna a sentire, anche in questi
passaggi, la costante del magistero di papa Francesco: la chiesa
è per gli uomini, la chiesa è «in uscita», missionaria. Anche la liturgia
non è tanto donata alla chiesa, se così si può dire, in esclusiva,
ma attraverso la chiesa è offerta a tutti. Si può ritrovare in
questo magistero del papa una specie di insistente circolo virtuoso:
il “dato” della fede, la bella notizia del Vangelo, richiede
anche la sintonia dell’annuncio dinamico, aperto da parte della
chiesa. Altrimenti il circolo da virtuoso rischia di diventare vi […]
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Corrado Mazza il 5 agosto 2023 alle 18:17 ha scritto:
Ottimo libro.