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Descrizione
Pagine di forte impatto emozionale, brevi racconti che avvolgono il lettore per condurlo, con identica serena determinazione, nei cieli più tersi come negli abissi più profondi. Verità raccontate talvolta impietosamente ma sempre con stile ed equilibrio poiché nulla, neanche il dramma più crudele, merita di essere svilito con facili retoriche o compiacimenti truculenti. L'autrice guarda il mondo che la circonda e ne raccoglie gli echi, senza filtri morali né censure, certa che ciò che racconterà sarà un'esperienza utile per ogni lettore; forte della propria prosa sobria ed efficace, affida quegli echi alla sensibilità di chi legge lasciando che ognuno ne possa trarre ciò che maggiormente gli appartiene o ciò che maggiormente lo inquieta o lo preoccupa. Una "vetrina" singolare quella che l'autrice propone, ma certamente mai gratuita né strumentale: osservare e raccontare sono le sue cifre caratteristiche, ma in mezzo c'è un "comprendere", che scava a fondo di ogni storia perché possa davvero costituire un gradino verso maggiori consapevolezze.
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gino battaglini il 7 febbraio 2011 alle 11:03 ha scritto:
poco piacevole triste monotematico anche nella varietà dei racconti che hanno tutti il sottofondo della morte di persone in assoluta solitudine e che rimane l' unica consolazione quasi fiabesca di vite chiuse e vissute in mondi propri senza apertura all' altro a dio o al mondo
vittorio conti, vitorioconti@alice.it il 12 giugno 2011 alle 16:03 ha scritto:
Contesto il commento espresso da Gino Battaglini il quale,a mio avviso, non ha capito nulla. La raccolta di Alessandra Ponticelli Conti, in ogni racconto, presenta la speranza di un futuro gioioso, del ritorno a Dio (con la D maiuscola), che è segno di letizia, non di lugubre, "monotematica" tristezza. Monotematica semmai è l'esperienza del dolore umano "che ha una voce e non varia" ( Umberto Saba). I personaggi dei racconti non sono fuori della realtà: vivono nel mondo, lo osservano e ne rifiutano i falsi valori. Che il libro abbia uno spessore umano e cristiano è testimoniato dalla recensione apparsa sull' "Avvenire" del 9 novembre 2010 nella quale viene colto il vero signficato dell'opera,cioè che:"La solitudine dei personaggi, però, si apre a "celesti corrispondenze": una sorta di scrigno prezioso dentro cui vengono custoditi, coltivati, alimentati gli affetti più cari. In questo modo la loro sofferenza riesce a dare un senso autentico di compimento, proiettandosi oltre la vita".