Aristotele contro Averroè. Come cristianesimo e Islam salvarono il pensiero greco
(Saggi stranieri)EAN 9788817028288
Esiste la storia ed esistono le leggende. Ed esistono le leggende “nere”, che si ammantano di valore storico o almeno vengono spacciate per tali. La maggior parte di esse è di stampo anticattolico: le crociate intraprese per interesse, la sadica Inquisizione medievale, la conquista sanguinosa delle Indie Occidentali e via dicendo. A queste leggende “nere” si possono affiancare altre leggende, che potremmo definire “bianche”, anch’esse anticattoliche che però si distinguono dalle prime perché, anziché attaccare la Chiesa, preferiscono elogiare i suoi avversari. Abbiamo quindi la purezza dei catari, la buona fede di Lutero, l’irreprensibilità di Calvino, la mirabile spiritualità delle religioni orientali, etc.
Da un po’ di tempo oggetto dell’interessamento delle leggende “bianche” è la religione islamica, la cui cultura e la civiltà avrebbero consentito all’Occidente medioevale di evolversi. Gli arabi avrebbero portato prosperità e pace nel Mediterraneo, civilizzando la Sicilia e la Spagna e influenzando, con i loro pensatori, l’intero sistema filosofico cristiano. In particolare avrebbero permesso la conoscenza di Aristotele, fino ad allora praticamente ignorato in Europa.
Inutili sono le dimostrazioni del contrario, dall’impossibilità di tradurre il linguaggio filosofico in una lingua poco strutturata come l’arabo (la filosofia, sostengono i glottologi, nacque in Grecia e non altrove anche per la complessità della lingua greca, che con la presenza dell’articolo permetteva di esprimersi con una precisione maggiore di altri idiomi) al fatto che il verso di Dante su Averroè («che il gran comento feo») indica semplicemente una interpretazione dello studioso di Cordova (le cui opere peraltro finirono al rogo nei Paesi islamici, che lo perseguitarono costringendolo all’esilio in Italia), non certo che ci abbia fatto conoscere un autore altrimenti ignorato.
Le leggende, di quale colore esse siano, sono dure a morire e l’immagine di un Islam raffinato, costretto suo malgrado ad avere a che fare con un Occidente medievale cristiano, rozzo e fanatico, esiste da almeno un secolo e sembra destinata a perdurare, con grande soddisfazione degli amanti di una società “multiculturale” decisa a tagliare definitivamente le proprie radici cristiane.
Ecco perché ha suscitato tanto scandalo un saggio di Sylvain Gouguenheim, medievista dell’École Normale Supérieure di Lione, specializzato in storia delle crociate, che dimostra come l’Occidente “ignorante” conoscesse in realtà benissimo le opere di Aristotele ben prima delle traduzioni dall’arabo effettuate in Spagna, poiché autori quali Giacomo Veneto (studioso che operò nel monastero di Mont-Saint-Michael) avevano già messo mano alle opere aristoteliche. Peraltro la civiltà islamica non avrebbe mai dimostrato un vero interesse per la sapienza greca: da parte musulmana si sarebbe trattato più che altro di un approccio selettivo, attento ai settori delle scienze naturali ma quasi nullo sul piano politico, morale o metafisico.
Molte le polemiche suscitate in Francia, con richieste di censurare il libro e di sollevare il suo autore dall’insegnamento sottoscritte dal gotha della intellighentsia locale (ma tra i firmatari c’è anche il “nostro” Carlo Ginzburg): così Gouguenheim sconta la colpa di aver ricostruito ricostruisce il percorso dei filosofi greci – e di Aristotele in particolare – nel Medioevo, riconsegnando all’Europa il merito di uno sforzo culturale che in tempi recenti, per mere ragioni ideologiche, si è voluto ascrivere all’Islam.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 46 - Giugno 2009