Democrazia e religione a Venezia
(Studi Storico Patristici ISSR San Lorenzo Giustiniani)EAN 9788889736449
Ecco un libro di cui si sentiva la mancanza. A colmare il vuoto è un giovane sacerdote della diocesi di Venezia alla sua prima opera. Un motivo in più per essergli riconoscenti. Oggetto della sua ricerca è il patriarca Federico Maria Giovanelli, nato a Venezia il 26 dicembre 1728. Le origini della famiglia non erano veneziane, ma bergamasche. A Gandino, una ridente cittadina in provincia di Bergamo, i Giovanelli avevano fatto fortuna grazie all’attività commerciale nel campo dei tessuti e dell’attività mineraria nell’Eurora orientale. Da quest’ultima lucrosa fonte di guadagno essi avevano acquisito dal 1668 anche l’iscrizione al patriziato veneziano dovuta soprattutto a un generoso finanziamento concesso dai Giovanelli alla Repubblica Veneta per le spese che incontrava nella guerra di Morea.
Federico Maria, rimasto orfano di padre in tenera età, fu educato dalla madre che ben presto lo affidò ai gesuiti del Collegio Romano e poi ai colleghi di Brescia. Conseguita la laurea in utroque a Padova nel 1754, decise di diventare sacerdote. Fino a trent’anni visse in modo ritirato e modesto. Le cose andarono però diversamente quando il vescovo di Padova Carlo Rezzonico, eletto Papa con il nome di Clemene XIII nel luglio 1758, lo invitò a Roma inserendolo nel numero dei suoi prelati domestici e camerieri segreti.
Nominato nel 1773 a 48 anni vescovo di Chioggia, rimase in diocesi per soli tre anni. Il periodo chioggiotto, sebbene breve, fu tuttavia assai fecondo dal punto di vista pastorale. Fu trasformato in una sorta di laboratorio per quelle iniziative pastorali che il Giovanelli avrebbe promosso con maggiore evidenza nel periodo veneziano.
Il 5 gennaio 1776, infatti, il Senato veneziano lo chiamava a succedere a Giovanni Bragadin come patriarca di Venezia, nomina accolta con favore dallo stesso Pio VI. Il servizio pastorale che il Giovanelli prestò in diocesi di Venezia si può dividere cronologicamente in tre periodi. Il primo periodo va dall’elezione a patriarca alla caduta della Repubblica Veneta ne alla costituzione della municipalità democratica (1776-1797). Il secondo periodo si configura all’interno della stessa municipalità democratica (maggio 1797-gennaio 1798). Il terzo periodo si consuma nei primi anni della dominazione asburgica che va dal 1798 al 1800, anno della morte del patriarca.
Nel primo periodo il Giovanelli seppe abilmente e intelligentemente combinare nella sua attività pastorale il ruolo di suddito fedele della Serenissima con quello di pastore profondamente legato alla Santa Sede. Fu avvantaggiato in questo anche dal fatto che la Repubblica aveva allentato la politica strettamente giurisdizionalista, assumendo un atteggiamento di collaborazione nei confronti del patriarca, subito da lui ricambiato nella comune consapevolezza che la formazione del cristiano andava di pari passo con l’educazione del suddito della Repubblica.
Qualche problema su questo versante cominciò invece a serpeggiare nel periodo della municipalità democratica, che pure si era aperta sotto i migliori auspici. La pretesa di esercitare da parte della municipalità una specie di monopolio educativo sui giovani, di coinvolgere in quest’opera di rigenerazione il clero secolare e regolare, l’entusiasmo troppo ostentato da parte di alcuni membri del clero veneziano verso la democrazia allarmarono a tal punto il patriarca da costringerlo a più riprese a far sentire la sua voce.
Se nel periodo della Repubblica aristocratica la figura del Giovanelli era rimasta praticamente nell’ombra dentro la logica tradizionale dei rapporti tra Chiesa e Stato, essa assunse allora un ruolo politico di primo piano che in coscienza, data la sua formazione e il suo carattere, non sentiva naturale, del quale avrebbe fatto volentieri a meno. La figura del patriarca di Venezia accentuò quindi una dimensione anche politica che poco aveva a che fare con la tradizionale non ingerenza che aveva caratterizzato da sempre il ruolo del patriarca nei suoi rapporti con le autorità civili.
Durante il periodo asburgico il Giovanelli non cambiò linea. Richiesto ufficialmente dal governo austriaco di legittimare le nuove autorità, non si tirò indietro: l’atteggiamento assunto prima con la municipalità lo estese anche agli ultimi arrivati. Era a garanzia di un rispetto, anche se formale, nei confronti della religione e della morale cristiana; era un gesto volto a pacificare il clero e il popolo messi in situazioni particolarmente difficili; un atto destinato a favorire e a ristabilire l’ordine pubblico. Furono quelli gli anni in cui fu inaugurata, anche se non sempre felicemente attuata, una sorta di politica del patteggiamento tra autorità pubblica e patriarca su questioni di politica ecclesiastica con la quale il Giovanelli venne ad assumere un ruolo di controparte sconosciuto in precedenza, ruolo che, comunque, egli seppe assolvere con responsabilità e abilità diplomatica.
Se la figura del Giovanelli è al centro della ricerca del Tonizzi va pure detto che in un periodo di massima densità di clero in tutta la penisola italiana, oggetto di particolare attenzione è anche il clero veneto e specialmente quello veneziano. Con osservazioni di una certa novità si parla durante gli anni rivoluzionari non solo di preti francesi, di preti emigrati e di preti sospetti, ma durante la municipalità anche di preti collaborazionisti, di preti democratici e di preti giacobini. Non mancano nello stesso periodo gli «ultras», i «nicodemiti» e i controrivoluzionari: un mondo ecclesiastico ancora sconosciuto, che merita di essere approfondito.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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