Immaginate uno dei 'corsi' di Romena. Immaginate che un monaco 'speciale' vi accompagni lungo il cammino più difficile ed entusiasmante: la ricerca di un senso per la nostra vita. Ecco il contenuto di Esercizi spirituali di Giovanni Vannucci: una serie di meditazioni straordinariamente stimolanti e aperte che padre Giovanni tenne nel 1965, ma che, 40 anni dopo, continuano ad essere proiettate nel futuro. Dopo 'Custode della luce' e 'Nel cuore dell'essere', Gli Esercizi spirituali proseguono l'incontro della Fraternità con Giovanni Vannucci.
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Era il 1965, una settimana di esercizi spirituali a Udine nel nostro liceo, ero in seconda fila nella cappella. Ricordo la calma liberante delle sue parole e la voce quasi come fosse trattenuta, eppure se ne andava in pezzi come un velo nero che era posato sulla mia vita di giovane frate, se ne andavano in pezzi le incrostazioni di anni di formazione superficiale, e si gonfiava di vento nuovo una vela nascosta che non sapevo di avere.
In quell'anno, una mano sapiente e tenera, e al tempo stesso forte, ridipingeva la mia icona interiore, una nuova immagine di Dio, e Dio divenne un desiderio, e Dio divenne finalmente bello. E fu per me lo stupore di essere vivo nella fede di essere libero. Ricordo che scrivemmo accanitamente gli appunti delle sue meditazioni. trascrivemmo minuziosamente e meticolosamente tutte le registrazioni: neanche una parola doveva andare perduta.
Fu un lungo, bellissimo lavoro, a quel tempo solo la carta carbone ci permetteva di moltiplicare le copie: ne uscirono pochissime e ce le disputammo in quaranta giovani liceali; una la conquistai io e la tengo ancora con la fragilità di quella povera carta che avevamo allora, scolorita ormai dietro a quelle vene azzurre della carta carbone. La tengo non come un trofeo, ma come il ricordo della incandescenza del cuore.
Ascoltarlo, ascoltare padre Giovanni per noi come rimanere accesi. Era l'esperienza di Emmaus, dei due camminatori sconsolati rimasti di nuovo soli dopo che il pellegrino sconosciuto è scomparso e che si dicevano l'un l'altro: ...ma non ci bruciava forse il cuore per via mentre ci spiegava le Scritture?... Ecco questo fuoco del cuore, questo bruciore dell'anima è ciò che padre Giovanni portò fino a me.
Ermes M. Ronchi
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INTRODUZIONE
di Marco Tannini
Il testo che presentiamo è costituito da un corso di esercizi spirituali, tenuto dal padre Vannucci ai suoi confratelli nel convento di Santa Maria delle Grazie ad Udine nel settembre 1965. Questi elementi danno alcune coordinate importanti per inquadrarlo, almeno sotto certi aspetti, non solo formali.
Gli esercizi spirituali — concetto su cui torneremo tra un attimo - sono infatti una pratica, e poi un genere letterario, ben definiti, con una struttura abbastanza rigida ed una precisa scansione, e ciò spiega la forma esteriore del testo, con le sue ripartizioni. Queste sono dunque delle meditazioni, un testo parlato, con tutta la vivacità del parlato, ed anche con i limiti che esso porta inevitabilmente con sé.
Si tratta poi di esercizi rivolti ai Servi di Maria, un ordine religioso fondato nella Firenze del Duecento dai cosiddetti Sette Santi, ovvero un gruppo di mercanti che lasciò la vita mondana, si ritirò nella solitudine di Monte Senario, vicino alla città, dove furono poi seguiti da molti altri, dando così luogo a quello che sarà appunto il nuovo Ordine, nel quale la spiritualità mariana tratto rilevante. Ciò spiega l'insistenza sul tenia mariano — molto caro al padre Vannucci anche in molti altri suoi scritti — oltre alla quantità di riferimenti specifici che si trovano nel testo: ovviamente familiari agli ascoltatori, possono esserlo meno al lettore. Così, ad esempio, i nomi di sant'Alessio (Falconieri), il più noto dei Sette Santi, e san Filippo (Benizi), servita, o diversi toponimi, come la chiesa e il convento di Monte Senario stesso, o della Santissima Annunziata a Firenze luogo di culto molto caro, almeno allora, ai fiorentini, e dove Vannucci stesso ha soggiornato, insieme al confratello friulano Turoldo —, o il santuario di Monte Berico a Vicenza, o ancora il Collegio di Sant'Alessio a Roma, ecc., tutti luoghi serviti. Ma ciò spiega anche l'insistenza su certi temi, quali quello dell'obbedienza, della povertà, ed anche, in modo più sfumato, della castità, tipici della vita e della problematica intrinseca di un ordine monastico.
Siamo, infine, nel periodo del Concilio Vaticano II: nella memoria dei più giovani questo non significherà molto, ma chi ha passato la cinquantina, ricorderà la tempesta che esso ha significato in ambito ecclesiale — e non solo ecclesiale. Si dibatteva allora di un rinnovamento più o meno parziale della Chiesa e delle sue strutture, a volte millenarie; sostenitori della tradizione e corifei del rinnovamento si davano battaglia, dentro e fuori le aule conciliari. Certo è che il cattolicesimo uscì dal Concilio profondamente mutato, non solo in aspetti esteriori, quali ad esempio l'uso del volgare al posto del latino, ma anche in modi di pensare più direttamente e profondamente involgenti l'ambito del religioso. In modo più o meno diretto, anche di ciò v'è precisa traccia in questo testo, nel quale il padre Vannucci si mostra per quello che era: un deciso rinnovatore, ma per il quale — per dirla con De Lubac — la tradizione stessa è la fonte del rinnovamento.
La precisa collocazione in un genere letterario, in un ambito specifico, in un determinato periodo storico, nulla toglie però all'universalità di questo testo, che non appare oggi affatto "datato", e che parla al laico nello stesso identico modo che al chierico. Ciò è evidente fin dalla critica che paradossalmente, padre Vannucci rivolge al concetto stesso di esercizi spirituali, proprio nel momento in cui ne sta tenendo.
Gli esercizi spirituali sono, come è noto, una pratica ascetica, elaborata essenzialmente da Ignazio di Loyola e diffusa soprattutto dai gesuiti, con la quale si mira a rendere il cristiano più forte nel combattimento spirituale.
Forte della sua esperienza militare, Ignazio riteneva infatti fondamentale l'esercizio, l'addestramento, con il quale si vincono le battaglie — sul campo di. battaglia come contro il demonio. Con una precisa utilizzazione di tecniche ed attraverso l'uso preciso dell'immaginazione, si vuole esperienza nel condurre il fedele ad avere sempre presente il fine soprannaturale, per essere così capace di comportarsi virtuosamente nelle diverse circostanze specifiche. Divenuti prassi comune con la Controriforma, gli esercizi spirituali, più o meno simili a quelli ignaziani, erano e sono ancora prescritti obbligatoriamente nelle comunità religiose.
Orbene, il fatto che padre Vannucci prenda posizione contro il concetto stesso di esercizi spirituali (ed anche, in modo più o meno esplicito, contro Ignazio stesso, i gesuiti, e soprattutto un certo "gesuitismo"),' è estremamente significativo e ci conduce direttamente al cuore della sua mistica. Con la sicurezza del vero maestro spirituale, Vannucci sottolinea infatti quel carattere strumentale degli esercizi che li situa immediatamente in un universo dualistico - ovvero di divisione tra mezzi e fini, tra profano e sacro, tra naturale e soprannaturale — nel quale tutta la vita dello spirito risulta falsata. Anzi, in una pagina davvero esemplare, padre Vannucci rileva il carattere "religiosamente non esatto" della meditazione ignaziana, fondata com'è sull'immaginazione. Meditare significa invece "partecipare con tutto il nostro essere al mistero che si presenta", e quando entriamo nel Santo dei Santi "tutto in noi deve tacere", a cominciare, ovviamente, dalla fantasia.
Proprio la polemica contro ogni dualismo e — in parallelo — l'appassionata difesa di una profonda visione unitaria dell'uomo, del cosmo, di Dio, sono i fili conduttori di questo testo, che gli conferiscono una struttura robustissima e ne fanno, insieme, un classico della mistica del nostro tempo, se è vero, come è vero, che mistica significa essenzialmente unitas spiritus, esperienza dell'unità dello spirito. Coerentemente perciò Vannucci non combatte solo la pratica specifica degli esercizi ignaziani, ma il concetto stesso di ascetismo, in tutte le sue varie forme, da quelle estreme dei Padri del deserto a quello più "morbido" dei gesuiti', e si pronuncia, nello stesso tempo, contro ogni tipo di metodica', di tecnica spirituale, con la precisa consapevolezza che, dove c'è metodo e tecnica, non c'è spirito, ma qualcosa di molto diverso, e di molto peggiore, cioè una volontà di potenza, di potere, anche se potere spirituale. Non la tecnica, non i libri, ma la vita stessa danno il vero insegnamento, cioè rendono uomini veri, ed essere uomini veri significa essere anche davvero religiosi.
Per il padre Vannucci, infatti, tutto è religioso, tutto è bello e buono, e non v'è un sacro separato da un profano, così come non dobbiamo pensare la materia separata o opposta allo spirito, giacché la materia stessa è santa e l'atto del mangiare è "religioso" quanto quello del pregare'. Né si deve opporre contemplazione ad azione, giacché il creato non è separato da Dio e Dio stesso è nelle sue creature', che da Lui vengono ed a Lui tornano.
Si comprende quindi come in questo insegnamento, rivolto — lo ripetiamo — a dei religiosi, sia costante la polemica contro il clericalismo, in tutte le sue forme. Fin dalle prime pagine Vannucci si fonda sul vangelo di Giovanni, rivelazione cristiana fondamentale, per prendere posizione contro il concetto di tempio e di sacerdozio, a beneficio della concezionedi Dio come spirito, che si adora non nei templi, ma in spirito e verità. Lo stesso passo giovanneo serve a Vannucci per insistere su un altro concetto chiave o della mistica, a lui molto caro: quello dell'eterno nel presente.
Qui ed ora infatti, nell'attimo che noi viviamo, si incarna in noi la Parola, e la perpetua novità che incessantemente ci si presenta non rappresenta un di più, come se i tempi non fossero compiuti e il futuro dovesse apportarci qualcosa che il presente non dà, ma è soltanto la manifestazione di quell' "infinito oceano di luce e di gioia che è Dio".
Ogni istante della vita, ed ogni genere di vita — a seconda della personalità di ciascuno — sono perciò santi, pieni di luce, perché la ricevono dall'uomo interiore. Un gioioso Sì-Amen alla vita è il messaggio centrale di questi esercizi/antiesercizi: l' evangelo è infatti lieta novella, notizia di gioia, non di croce o di lutto'', ed il cristianesimo non è rinuncia, ma "ingrandimento sconfinato del nostro essere". Si coglie qui una chiara eco della lettura e riflessione su Nietzsche, che proprio in quegli anni godeva di una sorta di riscoperta, e ciò è evidente anche nella ripetuta messa in guardia che Vannucci fa nei confronti del risentimento, visto come trappola davvero mortale per la vita cristiana in generale e religiosa in particolare".
Dell'orizzonte davvero sconfinato di letture, tra Occidente ed Oriente, percorso da Vannucci, il lettore si rende facilmente conto, così come della apertura spirituale, che lo rendeva pronto a cogliere la verità ovunque si manifestasse, a partire da quell'Eraclito che anche a Meister Eckhart era apparso come uomo che aveva conosciuto la verità prima dell'Incarnazione.
Quel che, al di là delle ovvie differenze, accomuna Vannucci ai grandi mistici di ogni tempo e luogo, è — naturalmente, vorremmo dire — la dottrina del distacco, sul quale anche in questo testo ci sono pagine molto belle: in particolare quelle in cui il vero distacco da noi stessi viene mostrato come condizione prima per la formazione di una personalità matura. E chiaro qui come la lezione dei "classici" — ad esempio Meister Eckhart — si saldi con le letture più moderne, Nietzsche o Jung, per fare solo due nomi abbastanza evidenti. In parallelo, come espressione di un distacco radicale, che si estende perciò anche alla pretesa conoscenza di Dio, la teologia negativa — che le scuole di teologia non insegnano — è dichiarata come quella che dovremmo davvero sapere, giacché è da essa che si apprende l'essere-oltre di Dio, al di là di ogni nostra immagine, definizione, teoria.
In conclusione, ci sembra che questi Esercizi spirituali rappresentino una delle cose più compiute e più belle tra le molte che il padre Vannucci ha lasciato, e che spesso appaiono alla luce in questi ultimi anni, dopo la sua morte, quando ciò che poteva sembrare allora rivoluzionario o scandaloso costituisce ormai patrimonio comune della spiritualità cristiana.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
Domenica sera
meditazione introduttiva
L'ora è tarda. Vi accennerò solo all'argomento di questo nostro ritiro spirituale. Sono molto felice di essere in mezzo a voi, non per insegnarvi qualcosa, ma per esporvi dei pensieri che approfondiremo insieme. Come tema di questi nostri incontri, io sceglierei la vita religiosa, intesa non soltanto nel suo concetto astratto, che generalmente noi conosciamo, ma come deve svolgersi, strutturarsi, intessersi nel nostro tempo.
Noi viviamo in un particolare momento della storia. E nel tempo in cui la nostra vita fiorisce, si manifesta, si esplica, dobbiamo essere interamente liberi. Liberi nel senso che Dio, creando tutte le cose, crea sempre delle creature nuove: non c'è mai un momento dell'esistenza, dall'inizio della creazione e per tutta l'eternità, che sia simile al momento precedente. Tutto è sempre nuovo, Dio è sempre nuovo. E Dio è eterno proprio per questa mancanza di consumazione. E così anche il creato è sempre nuovo: ogni alba è differente dall'alba precedente; ogni tramonto è diverso dal tramonto del giorno prima e sarà differente dal tramonto del giorno successivo. Noi stessi, in ogni istante, siamo differenti da quello che siamo stati nel momento precedente.
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Maria Stella Lobianco il 9 febbraio 2011 alle 10:04 ha scritto:
......andare oltre... gli schemi e le mie conoscenze! parole e pensieri che lasciano il segno in chi come me ha sete di Cristo....ma non quello che trovi seduta in un banco di una chiesa,ma quello che incontri ogni giorno camminando x strada....Grazie Dio,x averci donato uomini come Padre Vannucci.
Pasqualino Casaburi il 19 agosto 2011 alle 13:59 ha scritto:
Quest' anima nobile vive ancora tra noi grazie alle folgoranti intuizioni espresse mirabilmente in questo libro che si rivolge a tutti noi dandoci il senso autentico della nostra vita. Con le sue riflessioni ci apre la mente a comunicarci la dinamicità dell' amore che muove da Gesù Cristo e ci sollecita ad avere sempre ben presente la nostra ..meta : la pienezza della realizzazione del suo Regno.....Lo consiglio a tutti
Emanuela Sponda il 12 dicembre 2020 alle 08:51 ha scritto:
Bellissimo!