B.J.F. Lonergan tra tomismo e filosofie contemporanee
(Semiotica ed Ermeneutica) [Copertina in carta]EAN 9788889094822
Il dehoniano G. Guglielmi, docente a Napoli presso la Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, arricchisce la bibliografia italiana di studi su Lonergan con una pubblicazione agile e ben documentata. Il titolo del lavoro evoca l’annosa e discussa questione di un Lonergan «tomista» o «neotomista», e tuttavia non appare del tutto conseguente nel collocare la figura dell’illustre pensatore originario del Quebec «tra tomismo e filosofie contemporanee». Se è vero che nel testo viene data la dovuta importanza a un’interpretazione del pensiero di Tommaso che ne coglie l’originalità e l’ardire situandole nel suo tempo, indipendentemente della loro intelaiatura metafisica, è vero anche che il Lonergan studioso di Tommaso, quello delle prime opere per intenderci, rimane sullo sfondo. Piú che il rapporto tra i due, si sottolinea la lezione che il gesuita seppe trarne per definire il suo metodo e per tematizzare la persona umana in quanto soggetto conoscente. Sull’altro versante, per «filosofie contemporanee» sembra di dover intendere gli sviluppi del pensiero moderno nel loro insieme, o al piú quelli contemporanei a Lonergan stesso.
È vero tuttavia che l’A. pone felicemente in risalto, in apertura del suo lavoro, alcuni scritti brevi di Lonergan che hanno per oggetto proprio il rapporto ambivalente tra Tommaso, anzi lo stesso tomismo, e le acquisizioni filosofiche e scientifiche della modernità, e nella scelta del titolo intende forse onorare il valore sintomatico di questi scritti: la loro capacità di cogliere le trasformazioni in atto e l’implicito invito, rivolto anzitutto alla teologia cattolica, a coglierle parimenti. Il sottotitolo dell’opera assicura comunque maggior esattezza, identificando il tema della coscienza, e quelli a esso correlati del significato e del linguaggio, quali indicatori del contributo originale di Lonergan, non esclusivamente in campo antropologico, ma in vista della definizione di un metodo affidabile per la ricerca empirica nelle scienze umane (per Lonergan anche la teologia deve ricomprendersi come scienza empirica).
A mano a mano che la ricerca procede, emerge la centralità della teoria delle differentiations of consciousness, in grado di cogliere la complessità delle esperienze coscienti dell’essere umano (nell’ambito del senso comune, della teoria, dell’interiorità, della trascendenza, dell’arte, degli studi storico-interpretativi) e il dinamismo che le sorregge e le porta a espandersi nel tempo della vita individuale e attraverso le epoche storiche. Tale dinamismo dipende, secondo Lonergan, dalla struttura auto-trascendente della stessa coscienza intenzionale, che opera per ampliamento (sublation) e integrazione, inseparabilmente. Non sarà dunque possibile ricavare qualcosa come un’identità della coscienza a prescindere dalla storia e a monte delle forme pratiche del vivere. Al contrario, la coscienza rimane segnata da insormontabili polarità dialettiche ed esposta all’inautenticità (ravvisabile nei diversi tipi di deformazione, individuale e comunitaria, che pongono un blocco alle differenziazioni della coscienza). È solo all’interno di questo campo di tensioni che il soggetto giunge, non senza rischi, a elaborare in modo personale e critico il suo approccio con la realtà.
La dimensione teologica del pensiero di Lonergan non è ignorata. A essa è consacrato il capitolo conclusivo. Va ascritto all’A. il merito di rilevare come anche l’ermeneutica del dato cristiano, e della riflessione critica che esso produce, si giovi, nell’opera del pensatore canadese, del metodo di analisi costruito a partire dall’idea della strutturazione dinamica della coscienza. Di particolare interesse, in quest’ottica, il rapporto individuato tra la differenziazione della coscienza e lo sviluppo dottrinale, che conduce Lonergan a considerare i dogmi e le dottrine e come «sviluppi stratificati di significati e di contesti» (p. 139). Per questo egli riconosce il carattere permanente, ma non immutabile, del dogma. Il libro è ben costruito e alla portata anche di chi non abbia particolare familiarità con il pensiero e le categorie di Lonergan.
L’A. non ha la velleità di proporre chiavi di lettura originali. Si limita a presentare, laddove gli pare opportuno, le diverse posizioni interpretative accreditate degli studiosi, con puntualità e competenza. L’apparato di documentazione è curato e aggiornato. Molto utile il duplice rimando fornito in nota, alle opere originali di Lonergan e, quando disponibile, alla loro traduzione italiana.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 3/2012
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Il metodologo e teologo gesuita Bernard Joseph Francis Lonergan (1904- 1984) è uno dei più acuti intellettuali del secolo XX, che ripensa e recupera, come ben nota Giuseppe Guglielmi, «la centralità della storia e della storicità in teologia» (p. 151). Questo ne spiega anche il peculiare orizzonte metodologico che, a prima vista, sembrerebbe prevalere sullo stesso «evento fondatore del cristianesimo stesso: Gesù di Nazaret» (p. 152).
a questione, metodologicamente complessa e ancora aperta al dibattito, non è certamente estranea al canadese il quale, anche a motivo dei suoi compiti peritali nel corso del terzo periodo del Concilio Vaticano II, si sente chiamato a bilanciare tra l’aggiornamento e, insieme, la permanenza dei dogmi cristiani, pur nel variare dei tempi, dei contesti, delle ermeneutiche e degli eventi storici rispetto ai soggetti interpretanti. In merito, come ci ricorda l’autore di questo saggio, bello e completo, «Lonergan colloca i dogmi nel loro contesto storico e preferisce parlare di “permanenza” piuttosto che di “immutabilità” dei dogmi» (p. 153). L’intero volume di Guglielmi intende, appunto, collocare la peculiare posizione di Lonergan lungo un itinerario, nel quale avviene «l’oltrepassamento della filosofia tomista a cui egli, stando almeno alle prime opere, va comunque ascritto» (p. 157), in direzione di un esame accurato del Gewissen («una struttura formalmente dinamica auto-trascendente in cui l’insieme delle operazioni di un livello sono mantenute e preservate, ma al tempo stesso trascese e completate da quelle successive»: p. 158).
Tale coscienza appare caratterizzata dalla storicità; grazie a ciò, Lonergan può procedere anche a un’interpretazione del dogma cristiano e della sua “evoluzione” nel tempo. La riconosciuta storicità delle enunciazioni dogmatiche, ci avverte Guglielmi in prospettiva attualizzante, non è sinonimo di relativismo, in quanto la verità della fede resta «una verità religiosa e non il prodotto dell’uomo » (p. 161). Oltre alle brevi Introduzione (pp. 17-20) e Conclusione (pp. 157-161), il volume si articola in cinque densi capitoli, in cui si riprende e integra il lavoro presentato come tesi di laurea magistrale in Filosofia della Mente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Una Prefazione del professor Rocco Pititto (pp. 7-16) rimarca, forse troppo, la «distanza teoretica, oltre che storica, rispetto alla filosofia di Tommaso» (p. 8) del teologo canadese, anche se è lo stesso itinerario lonerganiano, attraverso i tanti pensatori moderni e contemporanei (particolarmente fenomenologi, ermeneuti, storicisti), a segnalare, una progressiva distanziazione di un tomista atipico verso il raggiungimento di una vera fedeltà «all’eredità più viva di Tommaso d’Aquino» (p. 11).
Il primo capitolo (pp. 21-45) del volume segue l’evoluzione biografica e culturale di Lonergan, che perviene, nelle intenzioni, a «raggiungere, come scriverà nell’epilogo di Insight, “la mente dell’Aquinate”» (p. 24). Il che non comporta un arroccamento su formule irreformabili, anzi, in linea con il rinnovamento della filosofia cristiana promosso da Leone XIII, a programmare appunto il vetera novis augere et perficere e, in linea con le intenzioni esplicite di Giovanni XXIII, a procedere a un “aggiornamento” dottrinale, ovvero «riportare alla contemporaneità la rivelazione e la fede cristiana» (p. 29). Guglielmi fa notare come premano molto sul canadese le istanze jaspersiane di Origine e senso della storia (1949), che lo conducono a sottolineare, oltre a un vero asse nuovo della storia, le due rivoluzioni moderne per eccellenza: la rivoluzione scientifica, «iniziata già nel XVII secolo» (p. 31), che porterebbe all’eclissi della filosofia scolastica (anche se, si può osservare, questa pretesa eclissi non spiega del tutto la grande Scolastica barocca e tutta l’ontologia moderna, come ricordano, ad esempio gli studi di Piero Di Vona); e la rivoluzione storica, da Lonergan correlata agli studi di Thomas Kuhn e di Alan Richardson. Questo apre allo studio della coscienza, anche in senso introspettivo. Il capitolo si chiude con la complessa, e discussa, domanda: «l’ultimo Lonergan fu tomista?» (p. 43). Rispetto alle degenerazioni formalistiche di certi tomisti (eccessiva importanza attribuita alla logica, nozione aristotelica di scienza, metafisica dell’anima a scapito dell’introspezione psicologica, enfasi sulla natura a scapito della storicità), Lonergan non percorre i sentieri di quello che Fernand van Steenberghen denominava “tomismo di ghetto”, perciò è convinto che, rispetto a “un tomismo sterile e monotono”, occorra «uno spostamento dalla logica costituita sui principi primi al metodo trascendentale» (p. 45).
Il II capitolo (pp. 47-67) viene dedicato all’esame del soggetto umano come coscienza e come azione in Lonergan. Intesa come «presenza del soggetto a se stesso» (p. 48), la coscienza si manifesta, anche sulla scia delle indicazioni di Piaget (cf. p. 50, n. 8), attraverso quattro livelli successivi (empirico, intellettuale razionale, responsabile) che, tuttavia, accadono nell’unità della coscienza (cf. p. 51), ovviamente dopo la fase potenziale. Le conseguenze sulla teoria della conoscenza e sul modello di ragione sono notevoli, soprattutto nel passaggio da Insight a Method, a partire dalla metà degli anni Sessanta dello scorso secolo (cf. p. 60), che segna anche il superamento di un certo modo intellettualista di affrontare il problema dell’etica (p. 61). Guglielmi vi ravvisa, anzi, una «svolta ad una nuova questione» (p. 61), detta anche “svolta esistenziale”, sulla scia di un precedente saggio del 2008 (cf. p. 62, n. 35). Si viene configurando, così, una ratio che non è scollegata rispetto ad ogni altro «riferimento simbolico, affettivo e fiduciale» (p. 63). Interessante anche la riproposizione della «tavola riassuntiva della struttura dinamica della coscienza intenzionale di Lonergan elaborata da N. Spaccapelo» (pp. 65-67), studioso da poco scomparso. Il terzo capitolo (pp. 69-105) costituisce il “cuore” del volume, dal momento che «mette esplicitamente a tema la rilevanza che Lonergan ha attribuito al significato e al linguaggio quale fattore imprescindibile per lo sviluppo e la trasmissione dei significati» (p. 69). Difatti, «man mano che l’individuo cresce, anche le se sue operazioni si specificano e si indirizzano a particolari ambiti del significato» (p. 70).
Sulla scia delle opere lonerganiane – dallo studio giovanile sul verbum mentis di Tommaso d’Aquino, attraverso la cosiddetta «svolta esistenziale» (p. 73), fino alle opere più mature – Lonergan si apre al significato positivo della modernità, soprattutto al tema della soggettività umana che, tuttavia, viene pensata sempre come subordinata rispetto al noi originario («primato della vita e delle relazioni che precedono la coscientizzazione»: p. 75). Si giunge così al linguaggio – «un insieme di segni convenzionali che possono differenziarsi e specializzarsi in modo sempre più articolato»: p. 77) –, all’importanza dell’ermeneutica, ai gesti-parole- simboli-prodotti artistici.
In definitiva, questo mondo mediato dal significato non è più il mondo del non-parlante, del bambino infante, non è più il mondo del realismo ingenuo e consente, pertanto, a Lonergan di precisare i vari ambiti di significato, dal senso comune, alla teoria, all’interiorità dove accadono appunto degli Insights (di cui non tutti hanno ancora consapevolezza critica), alla conoscenza, alla sfera della trascendenza, agli ambiti dell’arte e della scholarship: piuttosto che un sistema filosofico, un vero e proprio esercizio pratico di filosofia, che si perfezionerà anche circa una “filosofia di Dio”, con puntualizzazioni apportate vent’anni dopo lo scritto Insight (cf. p. 92). Questo consentirebbe, appunto, al canadese di superare un certo intellettualismo razionalistico della Scolastica tarda, a vantaggio della sfera affettiva del soggetto, la cui dinamica dell’innamoramento diviene, anzi, veicolo principale per la comprensione della stessa esperienza religiosa («quinto livello […] lo stato di essere innamorati di Dio quale vertice dell’auto-trascendenza»: p. 94, n. 58). Il campo in cui il significato esercita una funzione costitutiva, infine, è «la trasformazione che l’uomo compie di se stesso» (p. 101).
Il quarto capitolo (pp. 107-127), alla luce della teoria del significato, che diviene una vera e propria griglia interpretativa del vivere umano, indaga sui vari tipi di formazione possibili a livello individuale e di gruppo umano. A sua volta, il quinto capitolo (pp. 129-155), sempre alla luce della teoria della differenziazione del coscienza, spiega il passaggio della riflessione filosofica e teologica «in contesti cumulativi differenti» (p. 129). Si distingue, opportunamente, tra ermeneutica della fede cristiana (il cui primo movimento è di Dio stesso) ed ermeneutica della teologia cristiana, che «è la riflessione critica sulla fede a partire dall’inserzione del messaggio evangelico di salvezza all’interno di una determinata cultura» (p. 130). In questo contesto, «Lonergan giunge a parlare di storicità e di significato permanente del dogma. I dogmi sono “permanenti” (piuttosto che immutabili) perché contengono e veicolano una verità religiosa, ma al tempo stesso bisogna riconoscere la “storicità” delle loro espressioni» (p. 132; cf. pure p. 153). Questo aspetto, oggi ancora in discussione alla luce della recezione in atto del Vaticano II, fa di Lonergan uno dei teologi più attenti a portare davvero la teologia cattolica all’altezza dei tempi, seppur con qualche “crampo”, almeno rispetto all’assunzione critica dello storicismo, alla valorizzazione della vera tradizione tomana e, soprattutto, alla centratura cristologica della metodologia (cf. p. 151). In definitiva, il lettore troverà nel volume di Guglielmi un aggiornamento al 2011 della bibliografia specialistica (pp. 163-172), un’ottima visione d’insieme della produzione del teologo canadese, diversi spunti interpretativi originali per continuare a riflettere.
Circa il tema particolare del “tomismo” di Lonergan, sembra chiaro che il canadese, vent’anni dopo Insight, parli del suo sforzo complessivo, metodologico e teologico-filosofico, come tentativo di superamento di approcci meramente razionali alle questioni della filosofia e della teologia cristiane, soprattutto alla questione di Dio (cf. p. 92). Questo superamento viene intravisto come coraggiosa apertura alle istanze dello storicismo e della “valanga” rappresentata, agli occhi del canadese, dalla rivoluzione storica (cf. p. 150), ben al di là della ripetizione di formulazioni rimaste per secoli immutate (cf. p. 151).
Insieme, però, il superamento auspica comunque un ritorno, da altri versanti, a Tommaso, per esempio mediante quei «sondaggi introspettivi dell’Aquinate nel proprio io» (p. 157), ancora nello spirito di rinnovamento del tomismo, e più ampiamente del pensiero cristiano, promossi dalla Aeterni Patris di Leone XIII e successivamente ribaditi dalla Fides et ratio di Giovanni Paolo II.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 1-4/2012
(http://www.pftim.it)
Il dehoniano G. Guglielmi, docente di Antropologia teologica a Napoli presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione S. Luigi, già autore di un altro libro sul pensiero di Bernard J.F. Lonergan (La sfida di dirigere se stessi. Soggetto esistenziale e teologia fondazionale in Bernard Lonergan, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2008), offre un nuovo contributo per evidenziare, con un linguaggio chiaro e pertinente, alcuni snodi fondamentali del pensiero del filosofo e teologo canadese, fornendo altresì quelle coordinate storiche - attraverso l’utilizzazione di alcune categorie antropologiche e teologiche, come, ad esempio, quelle di coscienza, significato e linguaggio - tipiche del soggetto esistenziale.
Dopo una piccola introduzione sulla biografia di Lonergan e sui mutamenti scientifici, storici e culturali che hanno caratterizzato il secolo scorso, e prima di introdurre le categorie lonerganiane per parlare del soggetto esistenziale, Guglielmi richiama, senza dimenticare le nuove acquisizioni del tomismo e delle filosofie contemporanee, la trasposizione operata da Lonergan dal primato della metafisica e della logica a quello del dinamismo intenzionale della coscienza, dinamismo che si esplicita in quattro livelli operativi di coscienza: empirico, intelligente, razionale e responsabile. Richiamando, dunque, la svolta verso il soggetto operata da Lonergan, propria della riflessione filosofica e teologica del Novecento, l’A. delinea i tratti fondamentali del soggetto esistenziale, che viene descritto in termini di coscienza e azione. L’A. precisa, inoltre, la prospettiva di Insight (1953), la quale porta, dopo un lungo percorso sia conoscitivo - che giunge fino all’auto-appropriazione del soggetto in quanto conoscente - che metafisico, alla fondazione della possibilità dell’etica e alla domanda sul trascendente. L’A. precisa anche la prospettiva di Method in Theology (opera maturata nel ventennio successivo alla stesura di Insight e pubblicata nel 1972) in cui Lonergan delinea il soggetto con un attenzione particolare al quarto livello del dinamismo intenzionale della coscienza, quello della responsabilità, e che quindi ha a che fare sfera con la sfera dei sentimenti e degli affetti e con la nozione di nozioni del bene.
In altre parole, Guglielmi, sintetizzando in poche ma intense pagine il pensiero di Lonergan, mostra come il soggetto esistenziale, in quanto conoscente e facente, si riscopre in un mondo mediato dal significato e motivato dal valore; da un punto di vista conoscitivo, l’universo dell’essere proporzionato all’umano conoscere (secondo una terminologia lonerganiana) può essere conosciuto mediante giudizi di fatto e di valore, che devono essere tradotti nell’agire del soggetto fino a portare quest’ultimo a una autenticità esistenziale consistente . come scrive Lonergan soprattutto in Insight - nella coerenza tra il proprio conoscere e il proprio agire. L’A. riesce a spiegare come la svolta verso il soggetto, tipica del Novecento e caratteristica del lavoro filosofico e teologico di Lonergan, soprattutto per quel che riguarda la teoria della differenziazione della coscienza, consenta al filosofo e teologo canadese - al termine di un lungo percorso di ricostruzione ermeneutica della dottrina cristiana - di parlare di storicità, di esperienza religiosa e di esperienza cristiana, fino a soffermarsi sull’importanza del fenomeno della religione.
Infatti, secondo Guglielmi, «la teoria della differenziazione della coscienza di Lonergan può considerarsi un utile strumento ermeneutico in ordine alla comprensione di alcune problematiche che riguardano la religione stessa» (129), chiave di volta per spiegare anche come Lonergan sia riuscito a valorizzare la centralità della storia e della storicità in teologia con l’introduzione e l’utilizzazione di nuovi modelli di interpretazione e di comprensione della realtà, senza, tuttavia, tralasciare l’importanza e la validità della rivelazione e del depositum fidei (152). In definitiva, l’A. presenta in modo sintetico ma efficace la complessità e la profondità dell’impianto lonerganiano, che descrive, in generale, lo sviluppo umano in prospettiva storica e teoretica. In parti colare, si vedano le riflessioni sul soggetto esistenziale aperto al trascendente, sulla differenziazione della coscienza, sul mondo mediato dal significato e sul linguaggio. Da ciò si delinea la proposta metodologica lonerganiana e la sua applicazione in teologia. Si tratta, come scrive l’A., di una proposta «capace di tenere insieme universalità e individualità, normatività e storicità, trascendenza e immanenza» (161).
In ultima analisi, bisogna aggiungere che data la quantità e la complessità degli argomenti trattati da Lonergan nella sua vasta produzione filosofica, teologica e metodologica, il libro di Guglielmi può fungere anche da introduzione generale al pensiero di Lonergan stesso, mantenendo una peculiare prospettiva incentrata sul soggetto esistenziale. Infatti, se da una parte, il libro tenta di riscoprire e presentare in modo chiaro l’attualità del pensiero del teologo canadese, dall’altra, riesce anche a contestualizzarlo nel panorama filosofico del secolo scorso, nel solco di un tomismo storico che ha ancora molto da insegnare alla ricerca filosofica e teologica dei nostri giorni.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 2/2013
(www.rassegnaditeologia.it)
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luca ferrara il 30 luglio 2014 alle 23:19 ha scritto:
L'autore è un esperto del pensiero del filosofo e teologo canadese. Questo lavoro è la sua seconda monografia sull'autore. E' un'ottima guida per chi voglia avvicinarsi a questo autore, comprendendone i tratti salienti della sua opera e del suo pensiero.