Consonantia salutis. Studi su Ireneo di Lione
(Oi christianoi - Sezione antica)EAN 9788887324662
La collana “oí christianoí”, dedicata al Cristianesimo dei primi secoli, lanciata da un gruppo di studiosi dell’Italia meridionale, propone in questo primo numero una silloge sul grande vescovo di Lione. Si tratta di un insieme di saggi di varia natura e dimensione. Numerosi gli argomenti trattati. Il primo contributo, dovuto a Y. De Andia e a mons. E. Romero Pose traccia il profilo del p. A. Orbe, s.j., insigne patrologo e summa auctoritas in ambito ireneano. Dopo averne presentato la vita e la ricerca patristica, gli aa. seguono lo sviluppo della sua opera: l’iniziale lavoro del 1955, sull’epinoia in Leonzio di Bisanzio e Ireneo, gli studi valentinani, la grande “antropologia” di sant’Ireneo (1969; 1997), il commento letterale ai libri IV e V dell’adversus Haereses (= a.h.), le importanti sintesi sulla teologia dei secc. II e III (1987) e sulla spiritualità ireneana (1989). Era opportuno ricordare l’opera e l’influsso di un tale maestro in un volume dedicato al santo di Lione. Due contributi riflettono sulle fonti di Ireneo: E. Norelli investiga soprattutto il ruolo di s. Giustino, mentre N. Spaccapelo elabora un serrato paragone tra a.h. III,1,1 e IClem 42,3. Un grosso studio firmato da S. Barbaglia sviscera il tema della “comunicazione della fede cristiana in una coscienza canonica delle sacre Scritture” (pp. 81-158). Questa autentica piccola monografia, che cita abbondantemente i testi ireneani, sostiene «la prospettiva secondo la quale il sistema teologico unitamente a quello ecclesiologico corrisponderebbe in nuce, al sistema biblico-canonico» (p. 90). In altri termini, Ireneo, pur non disponendo de facto di un canone vero e proprio delle Scritture, mediante un procedimento ermeneutico legato al cristocentrismo della regula fidei e all’autenticità apostolica della paradosis «coglie l’anima fondativa dell’intera testimonianza biblica» (ib.). Sulla scorta di P. Ricoeur (Tempo e racconto), l’a. rintraccia la dinamica della ‘triplice mimesis’: la pre-figurazione orale, la con-figurazione e la ri-figurazione. Al primo momento corrisponde l’evento rivelativo che include la triplice testimonianza (Profeti – Cristo – Chiesa, cf a.h. pref. V; dem. 98). Il secondo momento consta della “configurazione scritta del vangelo” (cf. a.h. III,1-5) ad opera della traditio apostolica che ne sancisce l’indole ‘quadriforme’ (cf. a.h. III,11,8). L’ultimo momento si riferisce invece alla ricezione del depositum nel contesto pneumatologico stesso della sua formazione: si tratta di indicare nel “discepolo spirituale” (cf. 1Cor 2,15) il lettore ideale del vangelo. A questo livello si rileva, in chiave antignostica, l’identità tra vera gnôsis e didachê apostolica (cf. a.h. IV,33,7-8). I contributi seguenti sono più brevi e con tematiche più definite. G. Laiti sintetizza taluni capisaldi dell’ecclesiologia ireneana, enfatizzando soprattutto il ruolo della Chiesa come custode della verità del vangelo nello Spirito (cf a.h. I,10; III, 24) e sottolinea in particolare tre immagini: il vaso, il corpo, il candelabro. R. Tremblay (pp. 179-189) sottolinea l’importanza del “di più” (pleîon, cf. Mt 5,20) per l’intelligenza della novità morale propria del Cristianesimo del discorso della montagna (cf a.h. III, 13,1; IV, 16,4-5; dem. 95-96). L’etica della perfezione è quella della figliolanza e dell’interiorità. L’antropologia ireneana è studiata da G. De Simone alla luce dell’importante testo a.h. V,6,1 (pp. 191-198) in cui il vescovo lionese rilegge la tricotomia paolina di 1Ts 5,23 come commixtio e adunitio. E. Cattaneo, ne «La metafisica implicita nella rivelazione e i limiti del sapere teologico secondo Ireneo» (pp. 199-210), si concentra su a.h. I e II rilevando la teologia e ontologia che ne emerge. Un Dio assoluto, trascendente e libero, unico increato ed autosufficiente. Da qui l’impertinenza del pensare l’eternità della materia e la negatività del creato. Di nuovo, si rileva l’esigenza di rispettare la regula veritatis e acutamente si mostra in Ireneo un antesignano del metodo teologico capace di distingue vari tipi di linguaggi su Dio (cf a.h. II,13,4). In definitiva il richiamo congiunto alla ragione e alla fede smaschera le fantasmagorie gnostiche come tanto irrazionali quanto eretiche. Chiudono il volume quattro brevi note. Due più storiografiche: L. Longobardo sulla traduzione latina dell’a.h.; C. dell’Osso sulla presenza di Ireneo nei florilegi del V-VII sec. Due d’indole più teologica: M. Gagliardi addita l’importanza di Ireneo come “fonte per la cristologia del Catechismo della Chiesa cattolica” e S. Tanzarella sulle citazioni (spesso purtroppo ripetitive e superficiali) di Ireneo nei manuali di escatologia. Questo libro potrà interessare non solo i patrologi, ma anche gli studiosi di sacra Scrittura e di teologia.
Tratto dalla rivista Lateranum n. 2/2009
(http://www.pul.it)