Pastori per servire
-Il contemplativo che diventa vescovo. L'esperienza di Agostino
(Opera spiritualia) [Copertina in plastica]EAN 9788872633519
«Agostino non amò l’episcopato, lo accettò con amore e, ancor più, lo esercitò con amore». Con queste semplici ma intense parole si apre l’ultimo lavoro di Mons. Luigi Manca, docente di Patrologia presso la Facoltà Teologica Pugliese e Direttore dell’ISSR di Lecce. Il volume, tanto breve quanto significativo, si presenta come un affettuoso dono al nuovo Arcivescovo Metropolita di Lecce, Mons. Domenico D’Ambrosio, ed è corredato da una preziosa appendice in cui vengono riportati i più bei passi sulla missione al servizio pastorale tratti dalle opere del celebre Padre della Chiesa, ma attraverso le pagine dell’autore, sembrano quasi rivivere in tutto il loro fascino gli occhi e il cuore di Agostino, vero protagonista di una sconvolgente avventura spirituale. Tornato in Africa subito dopo la conversione, quello che un tempo era stato il brillante retore di Tagaste e l’applaudito uomo di successo nella città imperiale di Milano, non volle far altro che dedicarsi allo studio e alla preghiera, facendo vita comune con un gruppo di amici.
Tale era divenuta la sua dedizione a Dio da essere chiamato, benché fosse ancora un laico, «servo fedele di Dio»! Sì, era questo l’autentico sogno di Agostino: essere un contemplativo. A volte però il Signore ha altri piani per coloro che lo seguono… e la Sua volontà sarà pienamente manifesta nel giorno in cui il vescovo Valerio, tra l’entusiasmo dei fedeli, lo assocerà a sé nella guida della chiesa d’Ippona, con diritto di successione sulla medesima cattedra, una rarità quasi assoluta per l’epoca antica. Un contemplativo che diviene pastore dunque, è questo l’incredibile capolavoro plasmato dallo Spirito nella sua persona ed è su una tale opera che, nei sei capitoli del testo, si sofferma lo sguardo attento dell’autore, per coglierne gli aspetti più profondi e le note più sublimi. Nella melodia del pensiero agostiniano infatti, non c’è spazio per il suono forte degli onori, ma solo per la delicata ed evangelica armonia del servizio, vera linfa capace di nutrire la sua spiritualità episcopale. L’Agostino vescovo però non smette di essere un contemplativo, la bellezza di tale dimensione non viene affatto meno nell’attivismo che contraddistingue la vita del pastore anzi, proprio per questo egli vorrà avere al suo fianco i suoi figli sacerdoti, per vivere con loro una totale comunione di vita cristiana, pur nello stesso tempo insegnando e trasmettendo ad essi, con l’esempio della sua persona, la dolcezza della sollecitudine pastorale.
In tale ottica, acquista allora grande importanza il Praeceptum, la Regola scritta per la vita in comune dei presbiteri, un vero gioiello lavorato per custodire il diamante del messaggio cristiano. In essa Agostino oltre a rivelare una conoscenza profonda del cuore umano, e a valorizzare il meglio della saggezza e della sapienza classica, fonda soprattutto la forza dei precetti sull’autorità delle Scritture, facendoli ruotare intorno a quattro distinte citazioni: At 4, 32ss.; Pr 27, 20 (23); 1Cor 13, 5 (31); 1Gv 3, 15 (41). Ma l’autentico filo conduttore dell’azione agostiniana nella cura della comunità non è altro che l’assoluta convinzione che il servizio pastorale sia, nella sua più intima essenza, prova d’amore, e la figura di Pietro a cui il Risorto, sul mare di Tiberiade, rivolge la triplice domanda: «Mi ami?», ricevendone una convinta risposta con le medesime parole: «Signore, sai che ti amo!», diviene agli occhi di Agostino, l’icona di quella totalità d’amore richiesta da Cristo ai pastori della Chiesa. Per il vescovo d’Ippona del resto, il servizio pastorale era la naturale conseguenza del servizio della Parola. Le due prospettive non possono essere scisse poiché sgorgano entrambe dalla medesima vocazione e sono impregnate dalla stessa forte e profonda carità che lo animava.
Certo, tutti i Padri esprimono sentimenti comuni e si ritrovano perfettamente in sintonia nel considerare il ministero del pastore d’anime come l’espressione d’amore più grande che il Signore richiede da coloro che sono chiamati a guidare le comunità ma questo sentimento amoroso fiorisce dall’ascolto del Vangelo ed è accompagnato dalla voglia incontenibile di proclamarlo! Scrive infatti l’autore: «Il servizio della predicazione, esercitato per quasi quarant’anni, lo segnò in modo indelebile e lo pose sempre all’interno del popolo cristiano, rendendolo pronto a captarne i sentimenti, le emozioni, le paure e le aspirazioni. La Parola di Dio, che egli lungamente meditava, attraverso la sua parola esigente e affabile, si riversava in mille rivoli nel cuore degli ascoltatori. In una sola omelia era in grado di percorrere tutta la Bibbia, da Paolo alla Genesi, passando per i Salmi, creando collegamenti e richiami verbali particolarmente adatti ad un uditorio in gran parte analfabeta. Tanta e tale era la sua capacità da riuscire a trasmettere ai suoi ascoltatori l’idea che la Sacra Scrittura è un tutto organico, un’unità che si identifica con il Verbo di Dio».
Tra le molteplici sfumature di colore del servizio, una era poi assolutamente cara ad Agostino: quella del retto uso delle ricchezze e dell’attenzione verso i più poveri, dei quali si sentiva in un certo senso ambasciatore, tanto da renderli quasi una presenza costante nella predicazione dinanzi alla comunità e nella sua stessa azione pastorale, dove giungeva a privarsi anche del necessario per sovvenire ai loro bisogni. La totalità d’amore del pastore che spende tutte le sue energie al servizio della comunità affidatagli trova l’equivalente in quell’amore per Cristo che i martiri hanno saputo testimoniare con il dono cruento della vita. Ciononostante, anche l’amore del pastore deve spingersi, qualora venisse richiesto, al sacrificio della propria persona e lo stesso Agostino, da sempre convinto di questo, ebbe pure modo d’insegnarlo ai suoi confratelli allorquando le comunità cristiane dell’Africa Mediterranea dovettero fare i conti con la tremenda persecuzione ad opera dei Vandali. Nella sua ultima lettera, scritta all’amico Onorio che si chiedeva come vescovi e clero dovessero agire di fronte a questa prova, se fosse cioè necessario restare correndo il rischio di essere uccisi o non fosse più utile fuggire per assicurare la continuità del servizio pastorale, un Agostino ormai prossimo alla morte, non farà altro che riaffermare il principio della sua spiritualità episcopale: servire fino alla fine, fino a dare anche la vita!
Potrà sembrare un inutile sacrificio quello del pastore che perde la propria vita pur di rimanere con i suoi figli, in quanto il gregge finirà comunque disperso, ma non è così. Dal sacrificio di sé nasce quella santità profumata di martirio che è poi l’autentico sapore del sacrificio dell’unico buon pastore, Cristo. E sulla tomba dell’instancabile vescovo Agostino, anche il Santo Padre ha voluto recarsi in pellegrinaggio e fermarsi in preghiera, come ricorda l’autore, citando le stesse parole di Benedetto XVI: «Per esprimere a lui l’omaggio di tutta la Chiesa Cattolica ma anche, rendere visibile la mia personale devozione e riconoscenza nei confronti di una figura alla quale misento molto legato per la parte che ha avuto nella mia vita di teologo, di sacerdote e di pastore».
Tratto dalla rivista "Quaderni di Studi" - ISSR Lecce, 2010
(http://www.issrlecce.org)
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