Malattia della mente o infermità del volere? Psicologia, teologia morale e formazione
(Quodlibet) [Libro in brossura]EAN 9788871051765
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DETTAGLI DI «Malattia della mente o infermità del volere? Psicologia, teologia morale e formazione»
Tipo
Libro
Titolo
Malattia della mente o infermità del volere? Psicologia, teologia morale e formazione
Autore
Mazzocato Giuseppe
Editore
Glossa Edizioni
EAN
9788871051765
Pagine
372
Data
novembre 2004
Peso
540 grammi
Altezza
21 cm
Larghezza
14 cm
Collana
Quodlibet
COMMENTI DEI LETTORI A «Malattia della mente o infermità del volere? Psicologia, teologia morale e formazione»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Malattia della mente o infermità del volere? Psicologia, teologia morale e formazione»
Recensione di Giuseppe Trentin della rivista Studia Patavina
Nelle pagine introduttive a questa sua nuova pubblicazione sul rapporto tra psicologia, teologia morale e formazione, Giuseppe Mazzocato, docente allo Studio teologico di Treviso e alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, nota che la riflessione dei teologi manca di categorie «atte ad assumere ciò che i nuovi saperi psicologici hanno posto in luce» (p. 35). Conseguentemente egli avverte che «il ricorso ad una antropologia cristiana, al fine di sopperire alla mancanza di categorie psicologiche, risulta sterile» (ivi). E conclude: «È l’impianto teorico dell’antropologia cristiana che deve essere ripensato, perché si possa far luce sul modo di utilizzare i dati delle scienze psicologiche»(ivi). A partire da questa conclusione l’Autore si propone di dare un contributo alla riflessione teologica per un’antropologia e una formazione cristiana che sia più adeguata e fruttuosa. Anche perché prediche generiche relative all’etica e ai doveri morali lasciano ormai il tempo che trovano. D’altra parte non è certo facile, anche se necessario, tradurre tali appelli in termini pratici. In ogni caso il primo passo da compiere in questa direzione è fare chiarezza su quattro questioni cruciali tuttora aperte.
La prima riguarda il rapporto tra «profili psichici» e «profili morali» della persona umana. La seconda, più specifica, riguarda la comprensione del «potere» e in particolare il ruolo della «parola» nell’esperienza umana, soprattutto in riferimento alla pratica terapeutica. La terza questione, strettamente correlata alla seconda, ripropone il problema dell’inconscio: cosa abita nel profondo del cuore umano? Ed infine la quarta e ultima questione, pure essa correlata alla seconda, e cioè al potere della «parola», è di natura ontologica e riguarda il rapporto tra l’essere dell’Io, il suo volere e il suo agire. Che la costruzione dell’Io sia sempre mediata dal linguaggio è oggi un dato ormai acquisito nel pensiero occidentale: rimane però oscuro il profilo «affettivo» di tale dato.
Sono questi i diversi passaggi che il libro propone. Riassumerli non è evidentemente possibile, data l’analisi molto articolata ed elaborata del testo. Mi limiterò pertanto a segnalare soltanto tre punti. I molti stimoli ed elementi di novità e di approfondimento che l’Autore offre in riferimento all’antropologia cristiana. L’onesta constatazione che di fronte al problema del disagio psichico la teologia e la pastorale cattolica attuale si trovano in una situazione di grave «impasse», se non di disorientamento. Il richiamo infine, e in parte anche la denuncia, alle «ambiguità» presenti nell’uso delle psicologie in ambito formativo cattolico. Tanto più pericolose, secondo l’Autore, quanto più se ne sottovalutano le implicazioni ed i rischi.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
La prima riguarda il rapporto tra «profili psichici» e «profili morali» della persona umana. La seconda, più specifica, riguarda la comprensione del «potere» e in particolare il ruolo della «parola» nell’esperienza umana, soprattutto in riferimento alla pratica terapeutica. La terza questione, strettamente correlata alla seconda, ripropone il problema dell’inconscio: cosa abita nel profondo del cuore umano? Ed infine la quarta e ultima questione, pure essa correlata alla seconda, e cioè al potere della «parola», è di natura ontologica e riguarda il rapporto tra l’essere dell’Io, il suo volere e il suo agire. Che la costruzione dell’Io sia sempre mediata dal linguaggio è oggi un dato ormai acquisito nel pensiero occidentale: rimane però oscuro il profilo «affettivo» di tale dato.
Sono questi i diversi passaggi che il libro propone. Riassumerli non è evidentemente possibile, data l’analisi molto articolata ed elaborata del testo. Mi limiterò pertanto a segnalare soltanto tre punti. I molti stimoli ed elementi di novità e di approfondimento che l’Autore offre in riferimento all’antropologia cristiana. L’onesta constatazione che di fronte al problema del disagio psichico la teologia e la pastorale cattolica attuale si trovano in una situazione di grave «impasse», se non di disorientamento. Il richiamo infine, e in parte anche la denuncia, alle «ambiguità» presenti nell’uso delle psicologie in ambito formativo cattolico. Tanto più pericolose, secondo l’Autore, quanto più se ne sottovalutano le implicazioni ed i rischi.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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