La Famiglia: verità di carta o verità di vita?
EAN 9788862444217
Quello di Giuseppe Comi sulla famiglia potrebbe sembrare un libro semplice, all’apparenza, e di facile lettura. Ma quando si entra in contatto con il pensiero contenuto al suo interno, dalla prima pagina della Prefazione (a firma di monsignor Costantino Di Bruno) fino all’ultima della Conclusione, si viene portati nella dimensione di una riflessione assai penetrante, il cui esito non può lasciare né indifferenti né tanto meno neutrali. La lettura, pertanto, si fa pressante sollecitazione alla mente e al cuore del lettore, accorato monito alla coscienza. Il libro non è concepito per lasciare in sospeso chi lo leggerà, né vuole attrarlo con un titolo stuzzicante per poi privarlo di un contenuto e di una risposta. Del resto, la domanda che accompagna l’espressione nota “La famiglia”, cui subito segue l’interrogativo: “verità di carta o verità di vita?”, pone fin da subito il lettore in uno stato di premurosa ricerca. Cosa l’autore ha voluto significare con quella domanda netta che pone ciascuno dinnanzi a una scelta (aut…aut)?
I chiarimenti emergono dalla Prefazione, che coglie e riassume il nucleo attorno al quale il libro si costruisce. Le visioni della famiglia si possono ridurre essenzialmente a due: vi è una visione di fede, la quale si fonda e scaturisce da ciò che il Creatore e Signore ha pensato, voluto, manifestato, chiesto che si realizzi laddove si dona vita a una famiglia; e poi vi sono le molteplici visioni che della famiglia offrono le varie scienze sociologiche, le varie culture, le varie antropologie, le varie psicologie, e le stesse esperienze di famiglia vissute a vario titolo personale o sociale. In tutti questi ultimi casi, il dato caratterizzante e anche unificante è l’assenza totale, o anche parziale, di ogni riferimento al progetto che il Creatore e Signore dell’uomo ha sulla famiglia eterosessuale. Non solo. In questa “seconda visione” di famiglia, la formazione e la vita di essa viene determinata non da una precisa e puntuale volontà divina, ma da quelle molteplici ragioni cosiddette «del cuore, che sono tutte di volontà, desiderio, aspirazioni, esigenze che scaturiscono da una natura umana, che è corrotta in se stessa e incapace da sola di trovare la verità del suo essere» (p. 7).
Il libro si muove su questo crinale (dal verbo greco κρ?νω, che significa appunto separare, dividere, distinguere, ordinare) volendo mettere ordine tra ciò che la fede rivela essere la famiglia secondo Dio e ciò che l’uomo, invece, va dichiarando come famiglia secondo le aspirazioni del suo cuore e le modalità per mezzo di cui la va costruendo, talvolta secondo i capricci della sua volontà. Ma stabilito questo confine nettissimo tra famiglia secondo Dio e “famiglia/e” secondo i capricci di un uomo non governato da sapienza, l’autore orienta il lettore a immergersi nelle bellezze del progetto divino sulla famiglia. In quest’orizzonte si chiarifica il significato della domanda posta dal titolo. Se Cristo stesso, nel suo Vangelo (inteso come annunzio che va ad approdare nei testi sacri) conferma il progetto del Padre sul matrimonio monogamico, indissolubile, fedele, aperto alla vita e lo correda di una speciale grazia, che è proprio contenuta nel sacramento del matrimonio, strumento efficace di grazia affinché si possa realizzare questo progetto nella sua verità originale, da dove scaturiscono le crisi che affliggono la famiglia ormai da qualche decennio e in un modo sempre più evidente? È qui che si pone il problema della verità di carta! Tutto ciò che concerne il matrimonio oggi è perfetto nelle procedure, nelle certificazioni, perfino nelle programmazioni dei corsi prematrimoniali; molto di più lo è nella Scrittura, nel Vangelo, nella predicazione, nella teologia dei sacramenti. In queste sedi tutto è perfetto, ma tutto è perfetto, purtroppo, soltanto sulla carta. Ciò che manca è il passaggio dalla perfezione della carta alla persona del cristiano, all’esistenza quotidiana, all’operatività. Manca, dunque, il soggetto che incarna, dona carne, la verità perfetta, che è sulla carta, ma la manifesta al mondo visibile, amabile, realizzata in tutta la sua bellezza. La conseguenza da trarre è duplice e riguarda il singolo e la chiesa. Riguarda il singolo perché un membro senza corpo, o staccato dal corpo, non ha vita. Così molti cristiani sono stati resi tali sulla carta, ma non si sono lasciati rendere tali nella carne, facendo crescere quella vita divina ricevuta il giorno del Battesimo secondo le condizioni alle quali quella vita si sviluppa e cresce: ascolto della Parola degli apostoli, frequentazione assidua dell’Eucaristia e della Confessione, perenne dimora nelle acque della verità e della grazia, che scaturiscono dal cuore di Cristo per confortare la crescita del credente. Tale stato di cose, non può non coinvolgere la comunità ecclesiale per il semplice fatto che essa deve tornare ad essere generatrice di cristiani non di carta ma di carne e di vita, perché se si ritrova nel suo seno una tale abbondanza di cristiani di carta, è segno che tutti i misteri da essa celebrati e insegnati sono di carta, ovvero non risultano vivi e visibili, cioè impressi sul volto di ogni suo figlio. Così si predica dalla carta, si vivono ministeri e carismi dalla carta, si forma a una moralità di carta, e dalla carta e di carta si fanno apparire le stesse Persone divine nelle quali, pure, si dice di credere. In poche parole, manca la realtà misterica nella sua visibilità e performatività. Quella realtà che Cristo manifestò in tutta la sua potenza quando, venuto in mezzo agli uomini, non annunciò il Padre suo secondo verità di carta attinte nella Scrittura antica, ma lo manifestò «per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece… per opera sua» (At 2,22).
L’itinerario, percorso dall’autore per esplicitare quest’esigente messaggio fin nei suoi minimi dettagli, è articolato a partire dal magistero di Benedetto XVI. Il pensiero del papa emerito è manifestato fin da subito come limpido e chiarificatore: «Tutti i popoli, per conferire un volto veramente umano alla società, non possono ignorare il bene prezioso della famiglia fondata sul matrimonio […]. Pertanto la chiesa non può cessare di annunziare che, conformemente ai piani di Dio (cf. Mt 19,3-9), il matrimonio e la famiglia sono insostituibili e non ammettono alternative» (p. 23). L’idea di fondo è che la famiglia contemporanea non si conosca nella sua più autentica identità, abbia perso nel tempo la coscienza di sé, e questo accade nel mondo nel mondo della fede, cioè tra i credenti. Tutto il primo capitolo (cf pp. 29-50) serve all’autore ad analizzare, appunto, la profonda crisi della famiglia alla luce del magistero di Benedetto XVI. Fattori emergenti appariranno la diffusione di una cultura dominante, ormai contraria al valore della famiglia rispetto a come viene rivelata dai testi sacri, cui si affiancano elementi di pericolosa, quanto macroscopica, disaffezione alla vita nascente, al sacrificio richiesto dalla custodia della vita in tutte le fasi della sua esistenza. Non mancano oggi segni di opposizione, sempre più cieca, alla stessa «struttura naturale della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna» (p. 30), ed evidenti tentativi di relativizzazione del modello di famiglia tradizionale e di legittimazione di forme di unione e convivenze, che non possono in alcun modo essere ritenute tali. Tutto ciò si realizza in un clima di generale e diffuso allontanamento dall’oggettività della verità, cui segue una ormai più che evidente relativizzazione morale. Di fatto le minacce alla famiglia non si caratterizzano per contenuti nuovi, quanto per la violenza e la legittimazione sociale delle minacce che da sempre hanno attentato la vita famigliare (divorzio, aborto, infedeltà, concubinato, libere unioni, unioni tra persone dello stesso sesso…). Questo stato di cose è stato permesso da un progressivo logorio delle relazioni familiari, e quindi sociali, nonché da una messa in discussione delle autorità istituzionali, culturali, religiose e politiche, oltre che da processi lenti di profonda secolarizzazione, che hanno precipitato l’uomo in un clima di immanentismo e autoreferenzialità: «Il processo di secolarizzazione dell’istituto matrimoniale in Occidente ha dato origine a un progressivo oscuramento, della coscienza sociale, di quei principi fondamentali quali il valore prezioso dell’indissolubilità del matrimonio, e in particolare l’indissolubilità assoluta del matrimonio sacramentale tra due battezzati, rato e consumato» (p. 47). Questo scivolamento edonistico e nichilistico, peraltro, si compie affiancato e quasi edulcorato «da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo» (p. 48).
Se il primo capitolo è la pars destruens del volume, con la sua analisi dei fattori di crisi, il capitolo secondo è la pars construens, con la sua proposta dei Principi di fede per la soluzione della crisi (cf. pp. 51-82). Dopo un percorso iniziale di rifondazione dell’idea di famiglia nella rivelazione biblica (Genesi in particolare), si analizzano alcuni passi del Nuovo Testamento, che permettono di comprendere il salto “qualitativo” che Cristo fa operare al matrimonio “naturale”, per mezzo del conferimento di una speciale grazia, che trasforma l’unione coniugale in un vero sacramento dell’amore di Cristo per la sua chiesa. La particolare partecipazione alla «stessa vita interiore di Dio» (p. 68) incide sulla natura dei nubendi e li abilita, nella fede evidentemente, a realizzare tutte le parole neotestamentarie riguardanti il mistero della vita sponsale. È chiaro che si entra per questa via in una logica di vita soprannaturale che, una volta intrapresa, non può essere lasciata incompiuta e va portata a compimento in una progressiva e costante maturazione di appartenenza ecclesiale. Così i sacramenti diventano via da cui si attinge la forza di vivere la verità dell’essere sposi e anche dell’essere cristiani e anche via di superamento delle difficoltà (cf. pp. 69-74). Per questo essi vanno immancabilmente legati, messi in relazione con il dono della verità, cioè con il dono di quella Parola di vita che è la parola di Dio che, come vera lampada, non fa altro che rischiarare ai credenti il mistero della rigenerazione avvenuta in loro e aprirli a quello della piena conformazione a Cristo. La Parola dice al credente il mistero che lui deve realizzare e la grazia dei sacramenti, a sua volta, realizza questo mistero di conformazione del credente a tutta la verità (cf. pp. 75-82).
Il terzo capitolo del libro (cf. pp. 83-124) offre Indicazioni pastorali. È il capitolo più corposo del libro e l’autore vi indica concretissimi accorgimenti per il rinnovamento della catechesi familiare, ma anche proposte semplicissime e di provata efficacia per evitare, prevenendo, pesanti crisi familiari. Sono tutti accorgimenti sapienziali, ricavabili dalle Scritture, ma oggi quasi ignorati che, ripresi e fedelmente vissuti, aiuterebbero non poco nel “facilitare” il percorso della vita della famiglia nella verità del progetto divino. In modo particolare, si segnalano: la scelta del futuro sposo o della futura sposa, secondo criteri di fede e non secondo criteri estetici o di altro tipo, estranei alla fede (cf. pp. 115-117); l’osservanza dei limiti indicati da Dio per la salvaguardia della vita matrimoniale, ovvero la perfetta obbedienza al sesto e al nono comandamento, tenendosi lontani dall’adulterio e dal solo desiderio della donna altrui (cf. pp. 117ss). Tutto il processo educativo del credente deve essere, dunque, impostato alla richiesta, all’impiantamento e alla cura di quel cuore nuovo e puro, che solo potrà tenerlo lontano dall’assecondare i moti della concupiscenza umana, che sempre andranno governati, non senza gli aiuti divini della grazia, con fortezza di Spirito Santo (cf. pp. 120-121); strumenti utili per custodire la vita matrimoniale, saranno la correzione fraterna, un annunzio serrato e mai accomodante della verità del vangelo della famiglia, l’offerta di una perfetta esemplarità – sulla scia dell’esemplarità di Cristo – da parte di sposi che attestino al mondo la bellezza e la vivibilità delle esigenze del matrimonio cristiano, la crescita del credente come vero soldato di Cristo (cf. Ef 6,10-20) per affrontare da forti le battaglie che ogni uomo di fede deve combattere, in un mondo quanto mai secolarizzato e attraversato dall’idolatria e dall’immoralità (cf. pp. 121ss). Alla fine del libro il lettore non potrà che ammettere che il percorso non può essere condiviso se non in una prospettiva di fede. È per questa ragione che, dicevamo all’inizio, la lettura del libro non potrà lasciare neutrali. Il testo, tuttavia, ha il grande pregio di offrire all’uomo di buona volontà le ragioni del credere, per professare un atto di fede nella parola di Dio come unica, vera e affidabile roccia su cui costruire l’edificio del matrimonio sacramentale.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 2-4/2017
(http://www.pftim.it)
Quello di Giuseppe Comi sulla famiglia potrebbe sembrare un libro semplice, all’apparenza, e di facile lettura. Ma quando si entra in contatto con il pensiero contenuto al suo interno, dalla prima pagina della Prefazione (a firma di monsignor Costantino Di Bruno) fino all’ultima della Conclusione, si viene portati nella dimensione di una riflessione assai penetrante, il cui esito non può lasciare né indifferenti né tanto meno neutrali. La lettura, pertanto, si fa pressante sollecitazione alla mente e al cuore del lettore, accorato monito alla coscienza. Il libro non è concepito per lasciare in sospeso chi lo leggerà, né vuole attrarlo con un titolo stuzzicante per poi privarlo di un contenuto e di una risposta. Del resto, la domanda che accompagna l’espressione nota “La famiglia”, cui subito segue l’interrogativo: “verità di carta o verità di vita?”, pone fin da subito il lettore in uno stato di premurosa ricerca. Cosa l’autore ha voluto significare con quella domanda netta che pone ciascuno dinnanzi a una scelta (aut…aut)?
I chiarimenti emergono dalla Prefazione, che coglie e riassume il nucleo attorno al quale il libro si costruisce. Le visioni della famiglia si possono ridurre essenzialmente a due: vi è una visione di fede, la quale si fonda e scaturisce da ciò che il Creatore e Signore ha pensato, voluto, manifestato, chiesto che si realizzi laddove si dona vita a una famiglia; e poi vi sono le molteplici visioni che della famiglia offrono le varie scienze sociologiche, le varie culture, le varie antropologie, le varie psicologie, e le stesse esperienze di famiglia vissute a vario titolo personale o sociale. In tutti questi ultimi casi, il dato caratterizzante e anche unificante è l’assenza totale, o anche parziale, di ogni riferimento al progetto che il Creatore e Signore dell’uomo ha sulla famiglia eterosessuale. Non solo. In questa “seconda visione” di famiglia, la formazione e la vita di essa viene determinata non da una precisa e puntuale volontà divina, ma da quelle molteplici ragioni cosiddette «del cuore, che sono tutte di volontà, desiderio, aspirazioni, esigenze che scaturiscono da una natura umana, che è corrotta in se stessa e incapace da sola di trovare la verità del suo essere» (p. 7).
Il libro si muove su questo crinale (dal verbo greco κρ?νω, che significa appunto separare, dividere, distinguere, ordinare) volendo mettere ordine tra ciò che la fede rivela essere la famiglia secondo Dio e ciò che l’uomo, invece, va dichiarando come famiglia secondo le aspirazioni del suo cuore e le modalità per mezzo di cui la va costruendo, talvolta secondo i capricci della sua volontà. Ma stabilito questo confine nettissimo tra famiglia secondo Dio e “famiglia/e” secondo i capricci di un uomo non governato da sapienza, l’autore orienta il lettore a immergersi nelle bellezze del progetto divino sulla famiglia. In quest’orizzonte si chiarifica il significato della domanda posta dal titolo. Se Cristo stesso, nel suo Vangelo (inteso come annunzio che va ad approdare nei testi sacri) conferma il progetto del Padre sul matrimonio monogamico, indissolubile, fedele, aperto alla vita e lo correda di una speciale grazia, che è proprio contenuta nel sacramento del matrimonio, strumento efficace di grazia affinché si possa realizzare questo progetto nella sua verità originale, da dove scaturiscono le crisi che affliggono la famiglia ormai da qualche decennio e in un modo sempre più evidente? È qui che si pone il problema della verità di carta! Tutto ciò che concerne il matrimonio oggi è perfetto nelle procedure, nelle certificazioni, perfino nelle programmazioni dei corsi prematrimoniali; molto di più lo è nella Scrittura, nel Vangelo, nella predicazione, nella teologia dei sacramenti. In queste sedi tutto è perfetto, ma tutto è perfetto, purtroppo, soltanto sulla carta. Ciò che manca è il passaggio dalla perfezione della carta alla persona del cristiano, all’esistenza quotidiana, all’operatività. Manca, dunque, il soggetto che incarna, dona carne, la verità perfetta, che è sulla carta, ma la manifesta al mondo visibile, amabile, realizzata in tutta la sua bellezza. La conseguenza da trarre è duplice e riguarda il singolo e la chiesa. Riguarda il singolo perché un membro senza corpo, o staccato dal corpo, non ha vita. Così molti cristiani sono stati resi tali sulla carta, ma non si sono lasciati rendere tali nella carne, facendo crescere quella vita divina ricevuta il giorno del Battesimo secondo le condizioni alle quali quella vita si sviluppa e cresce: ascolto della Parola degli apostoli, frequentazione assidua dell’Eucaristia e della Confessione, perenne dimora nelle acque della verità e della grazia, che scaturiscono dal cuore di Cristo per confortare la crescita del credente. Tale stato di cose, non può non coinvolgere la comunità ecclesiale per il semplice fatto che essa deve tornare ad essere generatrice di cristiani non di carta ma di carne e di vita, perché se si ritrova nel suo seno una tale abbondanza di cristiani di carta, è segno che tutti i misteri da essa celebrati e insegnati sono di carta, ovvero non risultano vivi e visibili, cioè impressi sul volto di ogni suo figlio. Così si predica dalla carta, si vivono ministeri e carismi dalla carta, si forma a una moralità di carta, e dalla carta e di carta si fanno apparire le stesse Persone divine nelle quali, pure, si dice di credere. In poche parole, manca la realtà misterica nella sua visibilità e performatività. Quella realtà che Cristo manifestò in tutta la sua potenza quando, venuto in mezzo agli uomini, non annunciò il Padre suo secondo verità di carta attinte nella Scrittura antica, ma lo manifestò «per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece… per opera sua» (At 2,22).
L’itinerario, percorso dall’autore per esplicitare quest’esigente messaggio fin nei suoi minimi dettagli, è articolato a partire dal magistero di Benedetto XVI. Il pensiero del papa emerito è manifestato fin da subito come limpido e chiarificatore: «Tutti i popoli, per conferire un volto veramente umano alla società, non possono ignorare il bene prezioso della famiglia fondata sul matrimonio […]. Pertanto la chiesa non può cessare di annunziare che, conformemente ai piani di Dio (cf. Mt 19,3-9), il matrimonio e la famiglia sono insostituibili e non ammettono alternative» (p. 23). L’idea di fondo è che la famiglia contemporanea non si conosca nella sua più autentica identità, abbia perso nel tempo la coscienza di sé, e questo accade nel mondo nel mondo della fede, cioè tra i credenti. Tutto il primo capitolo (cf pp. 29-50) serve all’autore ad analizzare, appunto, la profonda crisi della famiglia alla luce del magistero di Benedetto XVI. Fattori emergenti appariranno la diffusione di una cultura dominante, ormai contraria al valore della famiglia rispetto a come viene rivelata dai testi sacri, cui si affiancano elementi di pericolosa, quanto macroscopica, disaffezione alla vita nascente, al sacrificio richiesto dalla custodia della vita in tutte le fasi della sua esistenza. Non mancano oggi segni di opposizione, sempre più cieca, alla stessa «struttura naturale della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna» (p. 30), ed evidenti tentativi di relativizzazione del modello di famiglia tradizionale e di legittimazione di forme di unione e convivenze, che non possono in alcun modo essere ritenute tali. Tutto ciò si realizza in un clima di generale e diffuso allontanamento dall’oggettività della verità, cui segue una ormai più che evidente relativizzazione morale. Di fatto le minacce alla famiglia non si caratterizzano per contenuti nuovi, quanto per la violenza e la legittimazione sociale delle minacce che da sempre hanno attentato la vita famigliare (divorzio, aborto, infedeltà, concubinato, libere unioni, unioni tra persone dello stesso sesso…). Questo stato di cose è stato permesso da un progressivo logorio delle relazioni familiari, e quindi sociali, nonché da una messa in discussione delle autorità istituzionali, culturali, religiose e politiche, oltre che da processi lenti di profonda secolarizzazione, che hanno precipitato l’uomo in un clima di immanentismo e autoreferenzialità: «Il processo di secolarizzazione dell’istituto matrimoniale in Occidente ha dato origine a un progressivo oscuramento, della coscienza sociale, di quei principi fondamentali quali il valore prezioso dell’indissolubilità del matrimonio, e in particolare l’indissolubilità assoluta del matrimonio sacramentale tra due battezzati, rato e consumato» (p. 47). Questo scivolamento edonistico e nichilistico, peraltro, si compie affiancato e quasi edulcorato «da forme surrogate di appartenenza religiosa e di vago spiritualismo» (p. 48).
Se il primo capitolo è la pars destruens del volume, con la sua analisi dei fattori di crisi, il capitolo secondo è la pars construens, con la sua proposta dei Principi di fede per la soluzione della crisi (cf. pp. 51-82). Dopo un percorso iniziale di rifondazione dell’idea di famiglia nella rivelazione biblica (Genesi in particolare), si analizzano alcuni passi del Nuovo Testamento, che permettono di comprendere il salto “qualitativo” che Cristo fa operare al matrimonio “naturale”, per mezzo del conferimento di una speciale grazia, che trasforma l’unione coniugale in un vero sacramento dell’amore di Cristo per la sua chiesa. La particolare partecipazione alla «stessa vita interiore di Dio» (p. 68) incide sulla natura dei nubendi e li abilita, nella fede evidentemente, a realizzare tutte le parole neotestamentarie riguardanti il mistero della vita sponsale. È chiaro che si entra per questa via in una logica di vita soprannaturale che, una volta intrapresa, non può essere lasciata incompiuta e va portata a compimento in una progressiva e costante maturazione di appartenenza ecclesiale. Così i sacramenti diventano via da cui si attinge la forza di vivere la verità dell’essere sposi e anche dell’essere cristiani e anche via di superamento delle difficoltà (cf. pp. 69-74). Per questo essi vanno immancabilmente legati, messi in relazione con il dono della verità, cioè con il dono di quella Parola di vita che è la parola di Dio che, come vera lampada, non fa altro che rischiarare ai credenti il mistero della rigenerazione avvenuta in loro e aprirli a quello della piena conformazione a Cristo. La Parola dice al credente il mistero che lui deve realizzare e la grazia dei sacramenti, a sua volta, realizza questo mistero di conformazione del credente a tutta la verità (cf. pp. 75-82).
Il terzo capitolo del libro (cf. pp. 83-124) offre Indicazioni pastorali. È il capitolo più corposo del libro e l’autore vi indica concretissimi accorgimenti per il rinnovamento della catechesi familiare, ma anche proposte semplicissime e di provata efficacia per evitare, prevenendo, pesanti crisi familiari. Sono tutti accorgimenti sapienziali, ricavabili dalle Scritture, ma oggi quasi ignorati che, ripresi e fedelmente vissuti, aiuterebbero non poco nel “facilitare” il percorso della vita della famiglia nella verità del progetto divino. In modo particolare, si segnalano: la scelta del futuro sposo o della futura sposa, secondo criteri di fede e non secondo criteri estetici o di altro tipo, estranei alla fede (cf. pp. 115-117); l’osservanza dei limiti indicati da Dio per la salvaguardia della vita matrimoniale, ovvero la perfetta obbedienza al sesto e al nono comandamento, tenendosi lontani dall’adulterio e dal solo desiderio della donna altrui (cf. pp. 117ss). Tutto il processo educativo del credente deve essere, dunque, impostato alla richiesta, all’impiantamento e alla cura di quel cuore nuovo e puro, che solo potrà tenerlo lontano dall’assecondare i moti della concupiscenza umana, che sempre andranno governati, non senza gli aiuti divini della grazia, con fortezza di Spirito Santo (cf. pp. 120-121); strumenti utili per custodire la vita matrimoniale, saranno la correzione fraterna, un annunzio serrato e mai accomodante della verità del vangelo della famiglia, l’offerta di una perfetta esemplarità – sulla scia dell’esemplarità di Cristo – da parte di sposi che attestino al mondo la bellezza e la vivibilità delle esigenze del matrimonio cristiano, la crescita del credente come vero soldato di Cristo (cf. Ef 6,10-20) per affrontare da forti le battaglie che ogni uomo di fede deve combattere, in un mondo quanto mai secolarizzato e attraversato dall’idolatria e dall’immoralità (cf. pp. 121ss). Alla fine del libro il lettore non potrà che ammettere che il percorso non può essere condiviso se non in una prospettiva di fede. È per questa ragione che, dicevamo all’inizio, la lettura del libro non potrà lasciare neutrali. Il testo, tuttavia, ha il grande pregio di offrire all’uomo di buona volontà le ragioni del credere, per professare un atto di fede nella parola di Dio come unica, vera e affidabile roccia su cui costruire l’edificio del matrimonio sacramentale.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 2-4/2017
(http://www.pftim.it)
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LUIGI COMI il 7 marzo 2016 alle 13:31 ha scritto:
Un libro di grande spessore morale e sociale, che si innesca in momento critico dei valori fondamentali della famiglia.
Complimenti all'autore.