Fede e morale tra tradizione e innovazione
-Il rinnovamento della teologia morale
(Sequela di Cristo - Itinerari di teologia morale)EAN 9788861243415
Un giovane e valente teologo morale della Facoltà teologica di Sicilia affronta in questo volume la questione del rinnovamento conciliare della teologia morale dietro alla quale si nascondono non pochi nodi epistemologici e metodologici che attendono di essere sciolti. Di qui una domanda semplice e perfino imbarazzante: «Che disciplina è la teologia morale?».
A partire da questa domanda l’A. avanza la proposta di riprendere la riflessione sull’identità della teologia morale e quel suo modo «basculante», dilemmatico, di fare ricerca che impedisce di individuare un terreno comune di incontro e confronto tra quanti, sulla scia delle direttive conciliari, intendono recuperare la «dimensione cristiana dell’esperienza morale» e quanti, piú in linea con la manualistica neoscolastica, puntano al recupero della «dimensione morale dell’esperienza cristiana». Due itinerari, due modi di fare ricerca che non si contrappongono, semmai si implicano, si integrano, si illuminano a vicenda.
Non secondo la logica dei piatti della bilancia, per cui quando un piatto si alza l’altro si abbassa, bensí secondo la logica dei vasi comunicanti: quando si alza il livello di uno si alza pure il livello dell’altro. Delineato cosí il campo di ricerca, non vi è tema su cui l’A. non abbia qualcosa da dire, anzi da ridire, inclusi i temi e i problemi piú fondamentali e controversi della teologia morale oggi: bibbia e morale, teologalità e moralità, etica teologica ed etica filosofica, e altri ancora. Non mi soffermo a illustrare i singoli temi e problemi, mi limito ad accennare due questioni che a me sembrano cruciali e trasversali. La prima è il rapporto tra linguaggio biblico e verità morale: una questione che ci riporta all’istituzione stessa della teologia morale come disciplina specialistica che a partire dal sec. XVI rischia di relegare la parola della Scrittura, il commento della «sacra pagina», nell’ambito dell’arte retorica, dell’esortazione, della spiritualità.
Poi si sa come va a finire: cacciate dalla porta, la retorica, l’esortazione, la spiritualità, rientrano dalla finestra. E cosí l’alternativa tra logica e retorica, discorso vero e discorso persuasivo, fondazione morale e stimolazione spirituale, continua ad attraversare e assillare il pensiero teologico-morale, da Bañez a sant’Alfonso de Liguori, dalla neoscolastica al concilio Vaticano II. A tutt’oggi siamo ancora di fronte a una serie di alternative da cui dipendono molti destini della teologia morale, non ultimo quello del suo orizzonte teologico e cristologico. La seconda questione è connessa alla prima ed è costituita dal rapporto tra «esposizione scientifica» ed «esposizione kerigmatica» della fede cristiana. Questione che nasce agli albori del concilio Vaticano II e piú precisamente tra la chiusura della prima sessione e la riapertura della seconda, quando i padri conciliari decisero di rielaborare radicalmente lo schema «De ordine morali» predisposto dalla commissione preparatoria. Schema che poi è rifluito, per quanto in modo frammentario – questa l’originale interpretazione dell’A. – nei diversi documenti del Concilio, dalla Lumen gentium alla Dei Verbum, dalla Optatam totius alla Gaudium et spes.
Ricostruire i frammenti di tale schema attraverso un’analisi attenta e rigorosa dei testi conciliari è l’impresa che l’A. persegue e porta felicemente a termine. Ma è anche una prospettiva che lo induce a riformulare e riproporre una tesi teologica tradizionale, in base alla quale un’interpretazione autentica della fede cristiana implica e rimanda alla sua dimensione morale. Come non vi è amore di Dio – questo il ragionamento implicito – senza amore del prossimo, cosí non vi può essere fede cristiana autentica senza impegno di vita morale. Nessun cristiano può farsi illusioni su questo punto: la vita morale è al centro della fede cristiana.
La spiegazione, per altro relativamente semplice, non è certo nuova e tanto meno sconvolgente: da sempre Dio viene riconosciuto dai cristiani come sommo bene, pienezza della vita morale. La concezione di un Dio arbitrario che sta al di là del bene e del male è contraria alla fede cristiana. Ne consegue che la morale, nel suo significato ultimo, piú profondo, non può che essere vissuta e compresa a partire da un orizzonte di fede. In ambito teologico-morale tale convinzione è comune e condivisa. Le questioni sono altre e ruotano attorno a due domande che attendono ulteriori analisi e approfondimenti. È mai possibile vivere una vita morale autentica senza riconoscere, quanto meno implicitamente, l’esistenza di Dio? E, in secondo luogo, esiste una specificità della vita morale cristiana ed eventualmente a quale livello va collocata? Due questioni che l’A. dimostra di conoscere molto bene, anche se nelle sue analisi e interpretazioni stanno piú che altro sullo sfondo.
Ho ritenuto opportuno formularle e riportarle in primo piano per offrire ai lettori un filo di Arianna che permetta loro di cogliere il senso preciso e determinato di quel «riavviamento» del rinnovamento conciliare della teologia morale che egli auspica e che a parere di molti non ha ancora trovato un giusto equilibrio riflessivo a livello epistemologico e metodologico.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 1/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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