Il ritorno di Elia
-Charles de Foucauld e il mormorio leggero dello spirito nell'Islam
(La nube, la via)EAN 9788861241404
Il primo capitolo ripercorre la complessa vicenda biografica e spirituale di Ch. De Foucauld fino alla sua uscita dalla Trappa. In essa il leggero mormorio dello Spirito profetico di Elia (cf 1Re 19,12-13) lo spinge su strade inedite per realizzare progressivamente un originale carisma che come tale «rimane unico, irripetibile e improponibile, ma la spiritualità della sua missione verso l’islam può essere oggi una vera strada da seguire nella Chiesa» (35) per rispondere alla sfida della presenza dell’islam anche in casa nostra.
il soggiorno presso i tuareg del Sahara, tappa decisiva dell’itinerario di De Foucauld. Qui egli vive come «eremita, sacerdote e missionario tra i mussulmani» (53), animato da una fraternità universale che ha la sua sorgente nella vita nascosta di Gesù, da lui precedentemente scoperta a Nazareth. Tra i tuareg egli sperimenta parecchie tensioni tra vita eremitica ed esigenze apostoliche, una persistente mancanza di compagni e, infine, ripetuti fallimenti nella difficile opera di evangelizzazione dei mussulmani. Questi fallimenti, ben lungi da scoraggiarlo, lasciano al contrario sempre più emergere in lui un progressivo svuotamento di sé animato da un radicale amore per Gesù, che si rivela così essere la ragione ultima e definitiva del suo permanere ed operare tra i tuareg, un amore costantemente nutrito dalla preghiera e dall’adorazione e che si identifica con la santità. Ciò spiega perché «dissodare senza arrivare a seminare, senza neppure desiderare di vedere il frutto della propria fatica era il suo atteggiamento di fondo» (77), consapevole «che non avrebbe visto nessun risultato tangibile della sua dedizione appassionata» (81), destinata ad essere «una preparazione remota, di cui altri si sarebbero avvantaggiati» (85). Ora, «mentre la sua identità di monaco eremita era chiara e restava punto fisso di tutta la sua vicenda spirituale […], l’essere in terra di missione in contesto islamico era oggetto di continua revisione» (100), fino a fare di lui un «Elia che prepara il cuore dei mussulmani e dei cristiani» (ivi). E questo proprio in ragione dell’appassionato desiderio di far conoscere Gesù, un desiderio che non può non interrogarci se dall’universale volontà salvifica di Dio deduciamo erroneamente l’inutilità della missione, e se crediamo ancora «abbastanza alla pienezza di vita portata all’umanità dall’incarnazione del Verbo di Dio» (102).
Il terzo capitolo documenta come, in questa appassionata ricerca pastorale, De Foucauld, pur condividendo il pregiudizio del suo tempo che fa dell’occidentalizzazione la premessa dell’evangelizzazione, lo assume all’interno di un’apertura illuminata tale per cui, nell’arco di un decennio, egli diverrà consapevole dei limiti dell’ideologia coloniale francese, al punto che alla fine «l’insuccesso politico e strategico e il fallimento dell’evangelizzazione gli sembrano ormai imminenti» (116). Non a caso, proprio pochi giorni prima di morire, finirà per affermare, in modo oscuramente profetico, che per essere francesi i tuareg avrebbero dovuto prima di tutto essere cristiani. Secondo Rizzi questo complesso e dinamico itinerario è portatore di un messaggio molto attuale per la Chiesa che si interroga sull’evangelizzazione dell’islam. Il cuore di questo messaggio è la testimonianza dell’imprescindibilità di una spiritualità «che si nutre del mistero dell’Eucarestia, del nascondimento, della preghiera, della meditazione della Scrittura, che si manifesta nella condivisione quotidiana, attenta, vivace» (118), tutti elementi che verranno attualizzati nel quarto capitolo, all’interno del quale l’A. prende esplicita distanza dalla falsa tesi dell’inutilità dell’evangelizzazione, fondata su «sofismi intellettualistici» (132) e mette in guardia anche dal pericolo di un «eclettismo confusionario» (128). Evitando «una contrapposizione adolescenziale e campanilistica» (143), si tratta invece «di attingere alle più vere e profonde energie della vita in Cristo e di agire di conseguenza» (ib.), con una radicalità che non è altro che quella della santità. La tragica morte di De Foucauld è infatti «un fallimento solo per coloro che non conoscono la vita come risposta a una vocazione specifica da parte del Signore Gesù» (145). Non a caso egli può essere annoverato «tra coloro che hanno contribuito a segnare una svolta metodologica nell’approccio cristiano e scientifico all’islam» (127).
Alla fine di questo illuminante studio vi sono alcune appendici tra le quali troviamo, non senza un’impressione di forzata giustapposizione, anche un articolato commento – a tratti anche un po’ ripetitivo – della famosa Lettera dei 138, giudicata come «un primo abbozzo, ancora imperfetto e pieno di lacune, ma gli elementi positivi di novità superano di gran lunga i pur evidenti elementi di perplessità» (235), tanto più che «il suo eventuale fallimento approfondirebbe in modo drammatico quel fossato tra cristiani e mussulmani, che già ora è notevolmente pesante» (238).
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 2/2014
(http://www.rassegnaditeologia.it)
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