Citazione spirituale

La donna cannone e l'agnello di Dio. Tracce cristiane in Francesco De Gregori

di

Jachia Paolo


Copertina di 'La donna cannone e l'agnello di Dio. Tracce cristiane in Francesco De Gregori'
Ingrandisci immagine

EAN 9788851407063

Disponibile dopo il 07/01 causa chiusura natalizia editori/fornitori
In promozione
Descrizione
Tipo Libro Titolo La donna cannone e l'agnello di Dio. Tracce cristiane in Francesco De Gregori Autore Editore Ancora EAN 9788851407063 Pagine 160 Data novembre 2009 Peso 300 grammi Dimensioni 14 x 21 cm Collana Maestri di frontiera
Voto medio degli utenti per «La donna cannone e l'agnello di Dio. Tracce cristiane in Francesco De Gregori»: 3 su 5 (1 commento)

Qui trovi riportati i commenti degli utenti di LibreriadelSanto.it, con il nome dell'utente e il voto (espresso da 1 a 5 stelline) che ha dato al prodotto.

I commenti compaiono ordinati per data di inserimento dal meno recente (in alto) al più recente (in basso).

, giusemira@gmail.com il 29 ottobre 2010 alle 09:28 ha scritto:

I campi del sapere non sono sempre paludate discipline contenute in tomi pesanti e facili da odiare. L’autore, esperto di semiotica e fautore di ricerche serie e documentate sul fenomeno musicale novecentesco e oltre, si cimenta con la musica, suoni e parole, di Francesco De Gregori, con la peculiarità di rintracciare “l’immaginario biblico-cristiano” nel lavoro del cantautore romano, sulla scena dal ’72 del secolo scorso, ed ancor prima agitatore culturale del mitico locale romano Folkstudio. Lavoro, quello di Jachia, non catalogabile ed originale, frutto di una scommessa della casa editrice Àncora che ha avviato una collana, “Maestri di frontiera”, dove la musica, che assume veste di vera poesia, e il Cristianesimo esplicito o meno (o almeno la ricerca di “Altro”) di certi testi come quelli di De André, Battiato, Gaber, Baglioni, addirittura Vasco Rossi, diventano la traccia anomala e divertente del libro.
Il saggio, sinceramente di non facile lettura, data una aneddotica da esperti e un linguaggio a volte tecnico, si dipana in una breve Premessa dove si pongono i presupposti al lavoro di De Gregori (che non ha mai accettato suo malgrado di essere un opinion leader, data anche la sua vita schiva) influenzato dal De André sperimentatore e da Bob Dylan, icona di comunanze di substrato culturale e religioso. Avanguardie non solo musicali quelle che hanno ispirato De Gregori (uno per tutti, lo scrittore James Joyce), ma anche un Battiato, ritenuto, quasi fosse una maledizione da certa critica, troppo “pop”. Su questa linea di ricerca si vanno a scoprire un gruppo rivelazione, veri traghettatori postmoderni, primizia della musica indipendente italiana, i Baustelle. Jachia, però, nota come la musica, anche e soprattutto d’autore, è vittima di un pregiudizio che la declassa da arte a canzonetta – le cose però sono cambiate, Dario Fo premio Nobel e Dylan candidato al Nobel. L’autore rileva “una staffetta davvero entusiasmante” che rende la novità velocemente passata: tutto ciò è l’esito di una de-ideologizzazione della società italiana, vittima di declino morale in un cui le categorie non si chiamano più destra e sinistra ma etica e cinismo.
De Gregori non fa un’arte facile, ripudia il marketing, stravolge i concerti: si direbbe che egli incarna il folksinger anti-sistema, come lo stesso Dylan, oppure De André. De Gregori appunto sublima in chiave italiana Dylan con una cura minuziosa dell’aspetto “lirico-letterario” con accenti visionari, pieni di tensione etica e storico-politica. Egli, tout court, è il cantante della Resistenza – passata (basti ricordare la canzone Il cuoco di Salò) ed odierna (un verso per tutti: «l’ultimo rifugio dei vigliacchi/la comunicazione»).
Su questa sottotraccia resistenziale (in altri registri) si collocano i giovani Baustelle, fortemente teocentrici ma atei, non fideistici e naturalmente religiosi, irrazionali con metodo, si potrebbe dire.
Il testo prosegue con una Introduzione in cui i due grandi filoni di lavoro sono quello lirico-fantastico e quello etico-poltico della canzone di De Gregori. La Prima Parte delinea la figura di De Gregori, prendendo le mosse da un precedente lavoro del ’98. Si ribadisce la cifra stilistica del cantautore dedito a proverbiali mischiamenti tra fantasia ed etica. Jachia, appassionato musicologo, rintraccia quel “Vangelo popolare” che contraddistingue, non solo la produzione artistica del protagonista del libro, ma ache quella di De André e Lucio Dalla.
De Gregori fa musica che «arriva al cuore e alla mente dell’uomo», nonostante una “programmatica difficoltà comprensiva” dei testi. Presente anche la connotazione storica: De Gregori cantore della Resistenza (intesa magistralmente da Erri De Luca come “Guerra civile a bassa intensità), di tutte le Resistenze. Resistenziale e dalla parte degli ultimi, “piccoli fiammiferai”. L’opera del cantautore di distingue per una tensione etico-storico-politica e una più morbida tendenza affabulatoria o meglio fantastica.
Riferimenti fissi e inattaccabili del folksinger, Bob Dylan e Fabrizio De André. Ottime le traduzioni di De Gregori di alcuni testi del menestrello Dylan, traslato nella lingua e nel vissuto italiano, e le collaborazioni col “Faber”.
De Gregori non ha mai nascosto la sua fede politica, comunista, di sinistra, che però non è mai stata un impedimento per utilizzare in modo convincente e rispettoso “l’immaginario cristiano”: si ascoltino L’Agnello di Dio (’96), Cercando un altro Egitto (’74) oppure Bambini venite parvulos dell”89.
A pag 39 e seguenti, si trovano tutte le citazioni o suggestioni derivate da quel “Vangelo popolare” (e di certo apocrifo) di cui già si è accennato. Vangelo popolare, quindi, ma anche tematiche religiose attualizzate: Hitler diventa Erode, “i bambini sono tutti a volare” (Cercando un altro Egitto).
Il credere in Dio di De Gregori artista e uomo è naturalmente personalissimo. Questo Dio personale è causa di ispirazioni feconde ed esplicite: si pensi, per un testo, ad un Giobbe contemporaneo, «faccio a pugni con te» (te-Dio); e non è un caso che certa teologia, riprendendo forse la teologia paolina del combattimento spirituale, ha cominciato a scrivere e predicare una lotta “corpo a corpo” con Dio, come relazione mistica tutta da esplorare (Un corpo a corpo con Dio. Lotta e contemplazione, di S. Salvoldi, 2009 EMP, pp. 144, presente nelle segnalazioni de La Civiltà Cattolica).
Nel Terzo Capitolo De Gregori viene considerato artista nel senso alto del termine, col suo amore e la sua ammirazione per James Joyce, Pasolini, Gozzano poeta, i crepuscolari, ma anche il Guccini (e non è una forzatura) cantautore, artista, opinion leader. Ritornando al Vangelo di De Gregori, esso è quello del limitare, del margine, del Gesù “folle” per i suoi familiari, e della religiosità popolare: “Santa Lucia/ per tutti quelli che hanno gli occhi/ e un cuore che non basta agli occhi.”
Abbiamo tracciato un profilo dell’artista nella Prima Parte fin ad ora esaminata, ma è nella Seconda Parte che si entra nell’originalità di questo studio per niente scontato dal titolo indicatore della tracce cristiane di De Gregori: “Il Vangelo sinottico e apocrifo di De Gregori. Trenta canzoni (circa) montate e commentate.” Qualche detrattore o qualunquista potrà criticare la scelta di Jachia di scrivere seriamente su frontiere delicate, denunciando una forzatura bella e buona (e non nascondo che anche lo scrivente stava per cadere in questo tranello), ma il lavoro semiotico e di studio dei segni e parole del folksinger è imponente e, ripeto, trascinante. Appunto le canzoni diventano il testo di un filo rosso che collega vangeli apocrifi e buone novelle, passando per la fuga in Egitto e la condanna di Gesù, fino alla critica dell’ipocrisia delle “maschere di Dio” e i “veri/falsi Cristi”. Quasi ogni canzone (trenta circa) è seguita da un testo critico ed esegetico, se così si può dire, come per la più significativa, L’Agnello di Dio, dove si accumulano citazioni, misticismo ed atroce ironia. Lo stesso De Gregori è portato a dire: «La canzone accomuna vittime e carnefici… Gesù patì non in compagnia di santuomini, ma di due ladroni che portò con sé in Paradiso. Al posto dei ladroni, in questa canzone ci sono puttane, spacciatori, il soldato che decapita il nemico. Non è certo una canzone pacificatoria [...]» (pag. 94).
C’è posto anche per “le passioni vegetali” (De Martino) col chicco di grano e i simboli “mitici”, come pure per le preghiere “sacro-profane” (ironicamente il cantautore dice: “si può dire che faccio canzoni commissionate dal Papa”, riferendosi a Santa Lucia del ’76). Quando parleremo della band dei Baustelle questo nodo ritornerà.
La Seconda Parte si conclude con due post-scriptum: prenderò in esame il secondo. De Gregori traduttore è stato capace di importare dai mitici Settanta di Woodstock e Berkeley, una cifra stilistica e contenutistica molto “anti-sistema”, propria del movimento della contestazione sorta negli Stati Uniti. Bob Dylan diventa l’idealtipo della musica di De Gregori, anche se il folksinger non ebbe le conseguenze sgadevoli del “Faber” anarco-contestatore spiato dai servizi (si veda Rock & servizi segreti. Musicisti sotto tiro: Da Pete Seeger a Jimi Hendrix a Fabrizio De André, di Mimmo Franzinelli, 2010 Bollati Boringhieri, pp.265).
La Terza Parte è la più succosa e meno specialistica; diciamo, più giovane. Il tema è: “Baustelle (band toscana, ndr) , relitti da un immaginario cristiano”?
Si comincia con la presentazione della band Baustelle (in tedesco cantiere), con sede nel Senese, Ripercorrendo le tappe di un successo certamente underground all’inzio e poi sfociato in fenomeno di massa.
I riferimenti al cristianesimo sono tanti, opportuni, originali, il sound è decisamente innovativo e poliedrico. Successi come Charlie fa surf o Il liberismo ha i giorni contati oppure Andarsene così («Sarebbe splendido. Amare veramente. Riuscire a farcela. E non pentirsi mai. Non è impossibile pensare un altro mondo. Durante notti di paura e di dolore. Assomigliare a lucertole nel sole. Amare come Dio. Usarne le parole. Sarebbe comodo andarsene per sempre. Sarebbe comodo. Andarsene per sempre. Andarsene così»), fanno della band toscana un fenomeno che non si ferma al semplice segno ma va oltre producendo stili, tendenze, consapevolezze.
Avanguardisti come non mai, il front-man Francesco Bianconi e gli altri hanno introdotto dapprima nella musica indipendente e poi con etichette discografiche certamente di grande prestigio ma compromettenti – molti i fan integralisti, si vada su Youtube e si leggano i commenti – , le “grandi domande” e le “questioni ultime (Dio, il bene, il male…). Il libro ha perso l’occasione di passare allo scandaglio l’ultimo album (I mistici dell’Occidente) per motivi temporali: si pensi soltanto che una canzone è dedicata a/ è intitolata San Francesco, e l’augurio che si fanno è che “ci salveremo disprezzando la realtà” (I mistici dell’Occidente). Non sono solo canzonette!