Una mentalità ecumenica. Luigi Sartori a colloquio con Giampietro Ziviani
(Strade maestre)EAN 9788851403393
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Nel 2003 la nostra rivista «CredereOggi» ha iniziato a presentare una serie di fascicoli destinati a coloro che, affacciandosi sul panorama degli studi teologici, manifestano il bisogno di sapersi orientare e dare un volto a quegli autori che maggiormente hanno segnato la riflessione teologica sui crinali del grande evento del concilio Vaticano II. E un'iniziativa che ha riscosso e riscuote ancora una buona accoglienza, visto l'indice delle vendite di quei fascicoli: Teologi cattolici del XX secolo (n. 134 [2/2003]), Teologi ortodossi del XX secolo (n. 140 [2/2004]), Teologi protestanti del XX secolo (n. 146 [2/ 2005]).
Generazioni di teologi da cui si è dovuto sceglierne e presentarne solo alcuni, forse i maggiori, certamente i più significativi, ma non gli unici. Tra costoro non figura alcun teologo italiano, non perché l'Italia ne sia sprovvista, ma per la particolare congiuntura storico-geografica che la vede, fino alla metà del secolo scorso, concentrarsi e «ridursi» nelle Facoltà teologiche «romane», dove convenivano in gran parte studenti da tutto il mondo. La teologia «italiana», cioè elaborata da teologi italiani, nasce dunque molto tardi e trova la sua prima spinta entusiasta a ridosso dello storico evento del Vaticano II. Non è il caso qui di approfondire questo discorso che ha in sé una sua complessità e che di recente, sulla spinta proveniente da una sempre più marcata integrazione europea, sta ritrovando attualità, urgenza e inderogabilità.
La teologia italiana ha «solo» poco più di cinquant'anni di storia, i teologi sono ancora in gran parte religiosi e preti, le Facoltà teologiche sono poche e scarsamente frequentate (grava ancora massicciamente l'influenza delle Facoltà «romane»), e i pochi laici e laiche che vi studiano faticano poi a trovare un impiego. Sono pochissime poi le istituzioni che favorisco e sostengono la ricerca, e le varie associazioni teologiche — numerose e recenti — percorrono propri itinerari di studio più o meno legati alla vita della chiesa italiana, in gran parte lontani dalla cultura e dai circuiti degli altri saperi universitari e più «laici». E ancora facilmente rileva-bile non solo tra questi ambienti «laici», ma anche tra larghi strati del clero, la convinzione che la teologia non serve per la cultura, la fede e la pratica di vita cristiana. La situazione non è delle migliori, ma si avvertono i fermenti di un rinnovamento in atto con le conosciute difficoltà che sono proprie di ogni realtà «giovane», che cerca di affacciarsi comunque con una propria personalità nel mondo teologico europeo. Le caratteristiche di questa teologia non sono ancora delineabili con la necessaria chiarezza e organicamente strutturabili. Occorre cercarne i segni nel pensiero e nelle vicende di coloro che per primi hanno vissuto la stagione teologica degli ultimi cinquant'anni in Italia; coloro che hanno tracciato sentieri e indicato percorsi, i maestri di una disciplina che, com'è evidente, non ha avuto facili inizi. È con gratitudine quindi che presentiamo ai nostri lettori la collana «Strade maestre» dell'editrice Ancora di Milano. Una collana che nel 2004, in provvida sintonia con l'intuizione della redazione di «CredereOggi», entra in colloquio con i maggiori teologi italiani, coloro che in prima persona hanno vissuto e attraversato la vicenda straordinaria del concilio Vaticano II e sono riconosciuti come teologi dal singolare intuito e coraggiosi esploratori appunto di nuove «strade maestre».
Se pensiamo alla situazione della disciplina teologica di quegli inizi con la fragilità e l'incertezza delle strutture, della ricerca, degli strumenti e delle chances in cui hanno operato, possiamo riconoscere con ammirazione e apprezzare la rilevanza del loro pensiero negli attuali processi evolutivi della riflessione teologica tanto per la cultura quanto per la fede del popolo italiano. La collana a tutt'oggi ha edito cinque volumetti presentando i colloqui con l'ecclesiologo Severino Dianich (1934-), con il moralista Enrico Chia-vacci (1926-), con il liturgista Rinaldo Falsini (1924-), con il teologo ecumenista Luigi Sartori (1924-2007) e con il biblista Bruno Maggioni (1932-); e a quanto pare ce ne sono in programma altri. Non possiamo dar conto in dettaglio di ogni singolo libro, anche perché è necessario che il lettore accosti direttamente il testo quasi a discorrere lui stesso con l'intervistato. Infatti, quale magistero altrimenti si incontrerebbe se non l'espressione «sintetica» di un pensiero avulso dalla storia e dall'esperienza, dalle circostanze di una biografia che soli ne possono rendere vivo l'approccio. Spesso le circostanze ecclesiali s'intrecciano con gli eventi e le passioni dei teologi intervistati, che solo un confronto diretto e una comunicazione viva possono «evidenziare». Non si tratta solo di «ascoltare», per così dire, la viva voce di un maestro, le sue stesse emozioni e le pieghe di un carattere che altrimenti non si comprenderebbero; v'è di più. Il lettore attiva una propria coscienza ermeneutica indispensabile per comprendere, oltre la metodologia del maestro, anche gli eventuali suoi pre-giudizi e così smascherarli. In questo senso la biografia spesso aiuta a intendere la teologia più che la logica e i processi razionali e linguistici con i quali viene detta e scritta. E quanto ciò sia importante e necessario lo affermano gli stessi intervistati, che volentieri riconoscono esplicitamente e tematizzano l'intreccio tra gli eventi della loro esistenza con quelli della chiesa e della società italiana.
Abbiamo ancora davanti la grande lezione che il recentemente scomparso L. Sartori ci ha dato nei 26 anni di vita della nostra rivista «CredereOggi», e l'esperienza maturata insieme nelle vivaci discussioni di redazione sono un patrimonio che ci caratterizza e ci impegna al contempo. Ogni volumetto è strutturato in pochi capitoli che seguono la scansione temporale degli eventi a partire dagli anni della formazione, in genere intorno agli `50 del secolo scorso (c. 1); il periodo immediatamente preconciliare, che coincide normalmente con i primi impegni «teologici», le tensioni e le spinte verso un rinnovamento ecclesiale avvertito come necessario e ineludibile (c. 2); quindi il grande periodo del concilio a cui in grado diverso tutti hanno partecipato e con accenti diversi ne sottolineano aspettative, caratteristiche e reazioni (c. 3).
Gli anni della loro maturità e maggiore attività «teologica» sono quelli postconciliari quando tutti sono impegnati, con entusiasmo e forte coinvolgimento personale, nella fase applicativa delle decisioni e degli orientamenti del concilio, lo sforzo nell'aggiornamento ecclesia le a tutto campo, con l'emergenza delle prime difficoltà, degli aspri conflitti, le varie reazioni di chiusura o gli strappi in avanti di molte nuove correnti teologiche (c. 4)... Con la precedente, questa è la fase dove emerge preponderante la specifica visione teologica dell'intervistato: per Dianich la visione di chiesa e le vie dell'evangelizzazione; per E. Chiavacci il grande respiro della teologia morale radicata nella Parola e nella fede in permanente ascolto della vita concreta delle persone, della società e della cultura; per R. Falsini una liturgia che attinge alle fonti proprie e alla Parola di Dio con un'attenzione spiccata a promuovere non riti ma celebrazioni, non devozioni ma spiritualità vera, con confortante passività ma attiva partecipazione; per L. Sartori il grande tema del dialogo ecumenico dentro una visione di chiesa costituita da relazioni, correlazioni, confronti dialogici «nella e dalla diversità» e corroborata da una robusta comunione sostenuta «principalmente» dall'amore; per B. Maggioni la passione per la parola di Dio da conoscere e da studiare, ma principalmente da far conoscere e annunciare. Per tutti, infine, il capitolo nel quale i nostri grandi teologi ci aprono alla loro visione «teologica» per il terzo millennio, illustrando le prospettive per il futuro della chiesa e della fede con gli sviluppi possibili e probabili della specifica riflessione teologica che gli ha visti protagonisti (c. 5).
A questa parte centrale i curatori — che sono i veri conduttori dei colloqui, sapendo con competenza e maestria sollecitare i teologi ora accendendo la loro memoria ora indirizzando il loro sguardo verso il futuro — antepongono una Prefazione, che ci illustra la cornice ambientale dei colloqui, e un Breve profilo biografico con un'essenziale indicazione bibliografica. Tra le tante sollecitazioni che potremmo evidenziare in seguito all'accattivante lettura dei testi ne indichiamo tre, che per la loro attualità possono stimolare il lettore e il teologo. La prima riguarda l'unanime percezione dello stato in cui versa la teologia, come disciplina, in Italia. È puntuale, chiara e coraggiosa la loro «denuncia» della debolezza della riflessione teologica italiana; ne indicano le cause strutturali e oggettive, ma anche se ne riconosce un'origine nella fragile formazione e preparazione degli stessi teologi, nella troppa attenzione verso la pastorale, la catechesi, la comunicazione a scapito della ricerca sistematica, nella dispersione e frammentazione degli interessi, nelle rare occasioni create per il confronto e anche il coraggioso «scontro» tra gli stessi teologi. La seconda sollecitazione ci proviene dalla vita stessa degli intervistati. Ancora oggi per molti teologi, soprattutto religiosi e preti, è un reiterato lamento-denuncia la costringente necessità di rispondere ai sempre più impellenti, massicci problemi della pastorale delle rispettive chiese locali... Per questi «maestri», invece, proprio il loro costante e permanente coinvolgimento nella pastorale attiva e diretta è descritto come una chance, un'opportunità, indubbiamente faticosa e difficile, ma mai proibitiva per la loro ricerca e l'insegnamento. Evidentemente le priorità dipendono dalle condizioni in cui ci si trova; tuttavia, resta, questo, un dato emblematico che fa intendere il senso del lavoro teologico come «vocazione» che richiede fede, coraggio e fedeltà. D'altra parte, i nostri intervistati sono tutti sostenuti da un carattere determinato, intrepido, appassionato, infaticabile. La terza sollecitazione riguarda la liturgia in ragione della sua involontaria permanenza come vexata quaestio che travalica gli stessi ambiti teologici ed ecclesiali per interessare le vivaci iperboli delle agorà mediatiche laiche. R. Falsini è un testimone diretto degli eventi conciliare, un attore principale per l'Italia della riforma liturgica, ancor oggi voce attesa e ascoltata anche se non a tutti consona e congeniale. Nel suo discorrere spesso non risparmia critiche né lesina giudizi, da par suo; si può essere anche in disaccordo su questo o quell'aspetto (comunque obbligati a rispondere con altrettanta documentazione diretta), in ogni caso anche di fronte alla recente questione della lingua e del messale per la messa, sarebbe un bel guadagno per tutti (conservatori e progressisti, chierici, laici, storici, giornalisti, liturgisti...) se personalmente si andasse a leggere questa serrata testimonianza, un corpo a corpo con una «fonte» che ci obbliga all'ascolto impedendoci di proiettare sugli eventi narrati le nostre postume aspettative, le successive delusioni e le attuali paure. I cinque autori che incontriamo in questa collana rappresentano una generazione di teologi che ha insegnato alla chiesa italiana a dialogare a tutto campo e a muovere i primi passi verso il futuro. Certamente non sono i soli ad aver tracciato «strade maestre», e l'editore non mancherà di certo di presentarci altri profili e di farci entrare in colloquio con altri «padri» della chiesa postconciliare italiana.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n.6 del 2007
(www.credereoggi.it)
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