Sappiamo apparentemente tutto di Niccolò Machiavelli, sul quale esiste da secoli una bibliografia a dir poco sterminata. In realtà, ci sono ancora aspetti della sua vita e della sua opera che meritano di essere indagati. È quel che ha cercato di fare in questo libro Alessandro Campi, membro del Comitato direttivo dell'Enciclopedia machiavelliana, curatore delle mostre organizzate in Italia e all'estero in occasione del cinquecentenario del Principe e autore di saggi e volumi su Machiavelli tradotti in molti Paesi (dagli Stati Uniti alla Germania, dal Brasile alla Polonia, dall'Argentina alla Francia). Un tema sinora poco battuto dalla critica, ad esempio, è quello relativo all'iconografia machiavelliana. Conosciamo diversi ritratti del Fiorentino, ma quanto sono fedeli e attendibili, essendo stati realizzati tutti dopo la sua morte? Con l'ausilio di un ricco apparato di immagini, l'Autore mostra come questi ritratti - quadri, busti, incisioni, stampe - siano in gran parte rappresentazioni distorte, deformanti, caricaturali al limite del grottesco, di Machiavelli. Sue raffigurazioni nel segno dell'antimachiavellismo. Ma nel volume Campi ha indagato anche altri aspetti, più legati al pensiero e alla produzione politico-letteraria di Machiavelli: ad esempio l'interpretazione molto originale che egli ha dato del fenomeno delle congiure. Una forma di lotta per il potere pericolosa e violenta, ma ricorrente nella storia e dotata, secondo l'autore dei Discorsi, di caratteristiche peculiari dal punto di vista politico e tecnico-operativo. Altri temi affrontati nel libro, che raccoglie le ricerche condotte dall'Autore nell'ultimo quinquennio, sono la ricezione e la fortuna dell'opera di Machiavelli nel corso dei secoli, con particolare riferimento alle interpretazioni che ne sono state date nel Novecento; il rapporto di Machiavelli con l'Umbria, da dove veniva la gran parte di quei capitani di ventura e mercenari che egli considerava tra le cause della debolezza politico-militare degli stati italiani del suo tempo; infine, la riflessione del Fiorentino sul rapporto politica-guerra, talmente originale e innovativa da farne un anticipatore delle elaborazioni sullo stesso tema sviluppate, tre secoli dopo, da Karl von Clausewitz.