Novissimus Adam. Saggi di antropologia ed escatologia biblica
(Saggi per il nostro tempo) [Con sovraccoperta stampata]EAN 9788846506825
L’Autore di questo bel volume, che si aggiunge ad altre impegnative pubblicazioni precedenti dello stesso, si è laureato in Storia e Filosofia a Lovanio, è stato Docente nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, e attualmente si trova in Albania dove dirige il Seminario Redemptoris Mater di Lezha e insegna all’Istituto teologico di Scutari. Il titolo del libro è tratto dalla versione latina di 1Cor 15,45 e corrisponde al greco ho éschatos Adám, detto di Cristo come corrispettivo appunto escatologico del primo Adamo.
Il sottotitolo richiama felicemente la combinazione di antropologia ed escatologia che si intrecciano nel costrutto paolino, dove il rimando ad Adamo non può che implicare una prospettiva sull’uomo in quanto tale e la menzione di un Adamo nuovo/ ultimo lascia trasparire una prospettiva sulle cose future connessa con la persona di Cristo. Rossetti impiega questo significativo sintagma per etichettare una silloge di sette studi precedentemente apparsi a parte e appositamente riveduti per questa specifica pubblicazione in forma di altrettanti capitoli. Il primo («Salvezza come adozione filiale.
Per una rilettura del ‘peccato originale’»: pp. 13-31) collega la nozione di peccato con una originaria dimenticanza dell’uomo della sua filialità divina, che viene recuperata in termini di adozione mediante la partecipazione alla filialità di Cristo, sicché la salvezza è concepita come perfetta «filializzazione» (p. 30). Il secondo capitolo («Testimonianze dello Spirito e “virtù teologali” [1Cor 12,3; 16,22; Gal 4,5]»: pp. 33-51) unisce insieme le tre virtù teologali fede-speranza-carità rispettivamente reperibili nei tre testi paolini (dove però la citazione di Gal 4,5 va corretta con 4,6) con un comune rimando allo Spirito.
La cosa più interessante è la corrispondenza stabilita tra la carità e l’invocazione «Abbà, Padre» in quanto esperienza dell’amore di Dio riconosciuto e vissuto (alla p. 50 occorre correggere il latino Domine con Dominus). Il terzo capitolo («“Se Cristo è in voi…” [Rm 8,10]. Potenza della grazia»: pp. 53-72) offre una buona esegesi del versetto paolino (soprattutto per quanto riguarda il valore della preposizione greca diá) e giustamente adotta una ermeneutica che intende riferire alla nuova identità battesimale del cristiano sia la sua dimensione umana sia quella dello Spirito divino che è in lui. Il capitolo quarto («La comunione uomo-donna. Unione e distinzione alla luce di 1Cor 11,3 e Ef 5,22»: pp. 73-164) è il più lungo.
In effetti esso si presenta come un piccolo trattato a parte, che compie una buona disamina dei due testi paolini, servendosi anche ampiamente del ricco apporto ermeneutico di alcuni importanti Padri della Chiesa e di teologi posteriori fino al XX secolo, compreso il recente magistero ecclesiale. Sul passo di 1Cor si poteva forse evidenziare di più il riferimento a Gen 1-2, notando comunque che Paolo prescinde del tutto dai risvolti amartiologici del rapporto Adamo-Eva (su cui avevo scritto tempo fa). In ogni caso, è interessante che il Rossetti utilizzi alcuni fondamentali concetti cristologici elaborati nei primi concili, come quelli di “consustanzialità” e di “pericoresi”, per applicarli in modo originale alla relazione dialettica di uguaglianza nella diversità esistente fra uomo e donna, tra marito e moglie.
Il capitolo quinto («Figliolanza, santità e gloria. Una lettura di Gv 17»: pp. 167-177) offre una lettura pneumatologica formale del testo giovanneo, nonostante l’assenza materiale dello Spirito nella preghiera di Gesù, recuperando la sua menzione nei precedenti discorsi di addio. Il capitolo sesto («La risurrezione dei santi e il tempo intermedio. Un’ipotesi escatologica alla luce di Ap 20,1-6»: pp. 179-231) propone una interessante ipotesi ermeneutica, secondo cui il testo apocalittico non riguarderebbe né un millenarismo terreno né il tempo della chiesa militante, ma «un tempo nuovo, “altro”, quello dell’Aldilà prima della Parusia, e la sorte distinta dei Santi in Cielo rispetto al comune destino escatologico» (p. 184).
Devo dire che questa posizione corrisponde sostanzialmente con quella che avevo già personalmente sostenuto ne I ritratti originali di Gesù il Cristo (1999, vol. II, pp. 505-508). Ritengo comunque che essa rappresenti la spiegazione migliore del discusso testo giovanneo. Infine, il capitolo settimo («“Dio tutto in tutti” [1Cor 15,28]. Per una teologia ortodossa dell’apocatastasi»: pp. 233-245) puntualizza l’antico tema origeniano col precisare che alla fine dei tempi tutti, anche i dannati, riconosceranno Gesù come Signore ma non tutti lo accetteranno come Mediatore.
In conclusione occorre riconoscere che il lavoro di Rossetti, dimostrando una buona padronanza delle specifiche discussioni, rappresenta un eccellente connubio tra esegesi e teologia, come del resto l’Autore si prefigge di fare riportando in esergo alcune parole in merito di Benedetto XVI. Davvero egli offre ottimi spunti di riflessione e alcuni approfondimenti fecondi soprattutto per la teologia. E di questa operazione non si ci può che rallegrare.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2011
(http://www.pul.it)
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