Edith Stein. Comunità e mondo della vita. Società. Diritto. Religione
(Dialogo di Filosofia) [Con risvolti di copertina]EAN 9788846506269
Il volume è una raccolta di articoli, dai quali gli autori hanno saputo far emergere un filo conduttore che unifica, pur nel rispetto delle differenze, la materia così plastica, ma al tempo stesso complessa, della filosofia di Edith Stein. I vari saggi offrono al lettore, neofita o già esperto che sia, una chiave di lettura della pensatrice tedesca che attualizza la “storia personale” come attributo della “persona” e la “storia intersoggettiva” come attributo della persona in quanto membro di una data “comunità”. E gli stessi titoli, che talvolta oltrepassano la linea di una pura e semplice antologia filosofica, sono significativi nel delineare il rapporto spesso tormentato che la Stein intesse con il mondo dei suoi tempi. Infatti, gli articoli Una spiritualità per il nostro tempo di Francesca Brezzi, Persona e comunità di Michele D’Ambra, Comunità e popolo di Anna Maria Pezzella, Il ruolo della comunità nella vita sociale, politica e religiosa di Luisa Avitabile, Comunità religiosa e formazione della persona di Jacinta Turolo Garcia ed infine Comunità e comunione mistica di Patrizia Manganaro – così come fa notare la studiosa Ales Bello nella sua pregevole prefazione – sono caratterizzati da una circolarità, propria dell’analisi fenomenologica “esplorativa” del mondo-della-vita, che unisce il momento della teoria con quello della pratica. Dunque, si tratta di una riflessione – quella di ciascun autore – che privilegia il criterio di unità che uno studio composito e complesso deve rispettare, soprattutto quando l’indagine verte sul senso più profondo dell’io nel mondo. L’identità della persona che si perfeziona nella condizione primaria dell’intersoggettività rimane centrale nelle dinamiche esaminate sotto il profilo della “comunità” mediante cui si qualifica un aspetto dell’alterità intrinseca e/o estrinseca rispetto all’io. Anzi, la comunità si arricchisce di senso proprio nel contesto interpersonale che lega in una relazione speciale la persona alla “sua” comunità. Del resto, nelle ricerche della Stein, fedele alla linea interpretativa del suo maestro Husserl, si rielabora la questione della comunità e quella del mondo-della-vita. Come sottolinea la Ales Bello in riferimento al mondo-della-vita, si può dire che «pur non essendo stata usata da Edith Stein, tale espressione bene si addice all’ampiezza degli interessi della pensatrice. Si tratta, infatti, dell’insieme di tutti i mondi in cui la vita umana si svolge, di tutte le formazioni culturali da ricondursi alle operazioni pratico-conoscitive degli esseri umani» (p. 6). Quindi, la pensatrice tedesca presenta una riflessione positiva e soprattutto propositiva sotto l’aspetto di un apprezzamento maggiormente qualificato e qualificante dell’intersoggettività. I risultati di codeste analisi fenomenologiche implicano, sempre e in qualche modo, uno spazio-tempo husserliano che individua il mondo esterno all’io che conosce il mondo solo mediante una relazione autoconoscitiva tra l’io proprio e l’io altrui. Il presupposto dell’esperienza dell’io con l’io altrui, all’interno di una dinamica orizzontale del trascendentale e verticale della Trascendenza, tende al perfezionamento gerarchico dei vissuti sul piano logico e sul piano ontologico. Infatti, l’Einfühlung si caratterizza come entropia mediante la quale è possibile concepire una comunione vera dell’io con l’altro da sé. Codesta intuizione dà una forma speciale all’esperienza conoscitiva che concepisce, quindi, l’esperienza dell’intersoggettività nel mondo sia come exitus sia come reditus. Ne deriva che senza l’intuizione entropica è impossibile arrivare alla conoscibilità trascendentale dell’io nel mondo e del Trascendente. Inoltre, proprio la sfera dinamica in cui si muove la comunità, come per riflesso, acquista la forma della comunità più perfettibile fra tutte, qual è la comunità religiosa. La Stein non considera la comunità religiosa come una realtà tra le altre realtà. Non è un organismo che agisce solo grazie a forze esterne e che attualizza solo accidentalmente la persona. La sua comunità sembra caratterizzare il momento della scoperta di un’intuizione entropica totalizzante che coinvolge nel processo di formazione la persona e la comunità, nonché la relazione tra questi due termini. Sembra essere decisamente una “riscoperta” intersoggettiva dell’Einfühlung, che, nella sua intrinseca, infinita circolarità, dà unità alla riflessione filosofica che supera così la contraddizione tra il suo momento teorico ed il suo momento pratico. Dunque, la circolarità si esprime in un reditus conoscitivo, autoriflessivo, che guida e che educa il soggetto umano nel mondo-dellavita. Forse, l’ipotesi di un presupposto implicito in una causa primigenia di natura pragmatica suggerisce che si debba determinare un movimento nel mondo-della-vita che coinvolga la comunità sotto due aspetti, quello della conservazione e quello della trasformazione. Si tratta, in entrambi i casi, di un passaggio da un punto di partenza ad un punto di arrivo. Dalle lettura dei testi si rileva la polisemanticità del termine comunità, alla quale fanno eco gli articoli dedicati ad alcuni degli aspetti salienti del mondo-della-vita. Per esempio, nell’articolo della studiosa Brezzi si sottolinea l’interrelazione tra la questione femminile e l’esperienza religiosa. A questo proposito, vale la pena di ricordare che negli studi della Stein, le due tematiche non sono separate, ma intrinsecamente connesse l’una con l’altra. È imprescindibile, sicuramente, che la questione femminile abbia i suoi punti d’intersezione con l’esperienza religiosa in senso orizzontale ed in senso verticale. La ricerca del senso del trascendentale e del Trascendente completa la riflessione sul piano propriamente storico e metastorico. E ancora. Nel testo steiniano Essere finito e Essere eterno il “personalismo ontologico” sembra sottolineare il carattere decisamente problematico del soggetto umano, un personalismo che non assume però la forma dell’antropocentrismo né del cogito cartesiano. Esso indica, per contro, il momento apicale di convergenza della “forma” e della formazione dell’io verso la totalità. L’articolo Persona e comunità riprende, invece, le analisi dello studioso Erich Pryzwara che vede nella struttura della persona tre polarità in reciproca connessione tra di loro. Dunque, l’unità della persona umana si può definire complessa e caratterizzata da un mutamento che accade al tempo stesso nella persona e nella comunità. Ed in codesto divenire, costituito da polarità, si perfeziona il passaggio tra persona e comunità e tra comunità e persona. La relazione intersoggettiva tra i due termini si caratterizza in questo caso tra la persona e l’aspetto dell’intersoggettività che è proprio della comunità. Questo aspetto suggerisce l’ipotesi di una centralità, non generica rispetto all’io, dei “fatti”, delle situazioni fattuali, quali per esempio, la famiglia ed il mondo dei giudizi di valore. Infatti, non può sfuggire, ad una lettura più attenta, che l’intersoggettività assume la “sua” forma grazie proprio alla persona con cui l’intersoggettività non può identificarsi poiché essa è un organismo altro dalla persona e presenta un repertorio di giudizi di valore intersoggettivi sì, ma che sottolineano, comunque, il molteplice e l’alterità con cui la persona entra in contatto quando si relazione con il mondo-dellavita. Quindi, è inevitabile prendere atto che nel divenire possa insinuarsi una forma fortemente negativa di alterità che crea tensione nella tanto evocata relazione persona/comunità. La riflessione della studiosa Pezzella mostra quanto sia importante per la pensatrice tedesca la questione sull’essere umano sotto il profilo del concetto di anima, anima dei singoli soggetti e dei popoli. Infatti, esiste un’apertura del soggetto umano verso una speciale totalità della persona come popolo che suggerisce l’opportunità di un’indagine sul singolo repertorio storico-culturale che la Stein non passa sotto silenzio nelle sue analisi più approfondite. Di altro carattere sono le riflessioni della Avitabile che sottolineano il ruolo della dimensione giuridica nel mondo-della-vita, dimensione che deve concepire il diritto secondo l’espressione steiniana di «diritto incentrato sul concetto di persona» (p. 89). Quindi, la persona è inizio e fine del diritto, fonte da e fonte a. L’articolo della studiosa Turolo Garcia verte sul rapporto tra la persona e la comunità religiosa di appartenenza. In questo caso, l’esperienza di apertura della persona alla totalità implica inevitabilmente un’apertura più alta che è quella della verità e della fede. Ed il tema della comunità coincide con il tema della nuova famiglia di cui l’io è un membro. Infine, la riflessione della studiosa Manganaro tratta il tema della comunità e della comunione mistica. Dunque, si sottolinea un senso “orizzontale” di comunità ed un senso sommamente “verticale” di comunione mistica. Esiste una soggettività ed un’intersoggettività che acquistano una forma rispetto alla e in relazione alla Trascendenza. Ne deriva che la nozione di relazione indica una nozione decisamente caratterizzante l’indagine sul senso più profondo dell’intersoggettività. Insomma, tutti questi articoli tendono a proporre una ricerca unificata ed unificante secondo un atteggiamento propositivo verso il senso che la persona acquista entro la comunità di appartenenza. Il rapporto tra “l’io” ed “il noi” è una prima relazione in cui prendono forma le forze dinamiche che entrano in gioco nella struttura gerarchia dell’intersoggettività ed in quella del mondo-della-vita. Il senso delle esperienze vissute, Erlebnisse, acquista sempre più forma ed il soggetto umano sembra “uscire” da se stesso. La nozione di comunità, una nozione positiva mediante cui la persona si forma e realizza se stessa, non manca, però, di ambivalenze che proprio i risultati delle ricerche fenomenologiche fanno intravedere alla fine del loro processo analitico. Esse riguardano proprio la relazione tra la persona e la comunità. Tra la persona e la comunità, infatti, si devono stabilire necessariamente delle regole che portino all’applicazione di un ordo pragmatico-morale all’interno del quale l’intersoggettività possa cogliere sempre più pienamente il carattere razionale del fatto, dell’evento, dell’io e della comunità. Perché se da una parte è vero che lo statuto ontologico della persona non è quello di essere solitario, dall’altra, l’affermazione di una comunità non significa necessariamente che essa si realizzi in senso positivo e che il sistema di valori che si è dato sia altrettanto positivo e condivisibile. La comunità esiste, ma il fatto che esista non ci dice ancora nulla o ci dice poco sulla sua attualizzazione in senso positivo o negativo, né sulla sua possibile influenza, negativa o positiva nella formazione dei singoli suoi soggetti costituenti. Quindi, l’Einfühlung è un presupposto cui può accadere una particolare forma del divenire, cioè, la privazione della forma dell’intersoggettività. Ne deriva che la comunità stessa, un certo specifico tipo, può causare il depauperamento dell’intersoggettività stessa proprio a causa del processo di regressione che si riflette sulle interazioni contingenti e particolari che la persona intesse nel suo relazionarsi con essa. Il depauperamento dell’intersoggettività non avviene necessariamente perché la comunità si trasforma nella forma di una società o in quella di massa, ma semplicemente perché la comunità, che è comunque una forma di alterità rispetto al soggetto umano, ha suoi propri meccanismi, sue proprie dinamiche, suoi propri difetti e suoi propri pregi. Nella raccolta dei saggi summenzionati si insiste su un giudizio di valore estremamente positivo della comunità fino ad arrivare ad un’interazione tra io e comunità mediante la quale il soggetto umano giunge ad un cammino d’inveramento dell’intersoggettività, del mondo-della-vita, della verità e dell’esperienza mistica. E la comunità, l’alterità rispetto all’io, è in relazione con la persona mediante la quale può sia acquisire la forma più piena dell’intersoggettività sia essere privata di quest’ultima. Dunque, la privazione può accadere e può riflettersi sul vissuto dell’io come depauperato della forma, e quindi, della comunità e della comunione. Dunque, la persona, la comunità e la relazione tra i due termini possono essere realtà che hanno una loro forma, ma possono anche esserne prive. In definitiva, tali ricerche hanno come denominatore comune un’intersoggettività portata alle sue estreme conseguenze, ma solo positive, quasi ideali. Tuttavia, la riflessione fenomenologica suggerisce anche il possibile inveramento che una comunità in divenire possa acquisire la forma di un depotenziamento, i cui effetti negativi sulla persona e sull’intersoggettività entro cui essa si muove sono sempre possibili. La personamembro di una qualsivoglia comunità e la comunità stessa non costituiscono un’identità, un unicum indissolubile. L’appartenenza ad una comunità non implica necessariamente che se ne condividano tutti i valori e tutte le aspettative. Dunque, non c’è la stessa forma di entropia tra le due relazioni. Esiste probabilmente solo un’unica forma di entropia che è quella rilevata nelle analisi di indirizzo fenomenologico. Ma l’ipotesi di una relazione che possa essere oppositiva tra persona-non-membro/ comunità o persona-membro/comunità porta a concepire l’esistenza di due forme che guadagnano la materia secondo il tipo di relazione che si stabilisce tra persona e comunità. Si apre così un altro aspetto che inerisce strettamente alla nozione di comunità. Infatti, la comunità è una nozione di cui si devono verificare le forze statiche e dinamiche. Si tratta di un organismo che ha una sua propria vita e che persegue obiettivi comunitari non essenzialmente in sintonia con quelli, in toto o in parte, della singola persona-membro. I meccanismi possono caratterizzarsi normalmente per fasi che si alternano, non sempre uniformemente, in fasi di possesso ed in fasi di privazione della forma dell’intersoggettività. E ciò non rimanda necessariamente al fatto che la comunità venga meno a causa della persona, ma al fatto che la comunità non può essere definita come stato ideale, utopico, della persona. Il giudizio di valore positivo e propositivo che investe la comunità non è assoluto neppure nella sua più alta aspirazione religiosa in quanto la dimensione religiosa è oggetto di riscoperta a posteriori dell’io quando l’io “è entrato” nella sfera più profonda del suo vissuto. Solo in presenza di presupposti veri e condivisi e condizioni idonee, solo in questo caso si può parlare di comunità come entità privilegiata in cui la persona possa trovare la sua via di formazione spirituale in comunione con la comunità di cui è membro. L’intelligibilità della forma come comunità e come persona sono intrinsecamente coinvolte nel divenire dell’esperienza dell’intersoggettività, principio entropico perfettibile. Una raccolta, questa, di saggi sicuramente interessanti, che stimolano il lettore ad una riflessione più attenta e consapevole sulle relazioni io/io, io/tu , io/mondo ed io/Dio.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 3/2008
(http://www.pul.it)