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Revelation as «Self-Communication of God». A study of the Influence of Karl Rahner on the concept of revelation in the document of the Second Vatican Council
(Ricerche)EAN 9788840180908
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Tipo
Libro
Titolo
Revelation as «Self-Communication of God». A study of the Influence of Karl Rahner on the concept of revelation in the document of the Second Vatican Council
Autore
Saldanha Peter P.
Editore
Urbaniana University Press
EAN
9788840180908
Pagine
472
Data
luglio 2005
Collana
Ricerche
COMMENTI DEI LETTORI A «Revelation as «Self-Communication of God». A study of the Influence of Karl Rahner on the concept of revelation in the document of the Second Vatican Council»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Revelation as «Self-Communication of God». A study of the Influence of Karl Rahner on the concept of revelation in the document of the Second Vatican Council»
Recensione di Luigi Sartori della rivista Studia Patavina
Imponente lavoro di tesi di laurea in teologia presso l’Università Urbaniana in Roma, di un teologo indiano, ora docente presso il seminario di Mangalore. Credo sia frutto di ben oltre 5 anni di studio. Ma ciò che piú desta meraviglia è l’abilità sovrana del ricercatore analitico nel campo della teologia positiva (Bibbia e storia della teologia); ma che è pure uno speculativo che riflette in profondità e porta in alto i frutti delle sue analisi, e non solo sul piano dell’ontologia ma anche su quelli della spiritualità e della mistica. Il tutto dentro una struttura di chiarezza sistematica propria della scolastica. Due parti: nella Prima tre capitoli, nella Seconda due; l’indice dell’opera è cosí dettagliato che comporta quasi otto pagine. Trenta le pagine finali di articolata bibliografia. Oltre duemila le note che corredano il testo; quasi ogni frase o gruppo di proposizioni ha relazione con una nota a piè pagina. Le affermazioni dell’Autore, oltre la chiarezza e lo stile semplice, raggiungono un’estrema densa brevità. Potrei dire che il lavoro contiene piú di una sola trattazione; l’Autore quando affronta un tema non si limita a riassumere lavori di altri; anzi vi si impegna con passione come fosse totalmente suo e sfruttando tutte le risorse di studioso originale. Il quadro armonico è costituito da numerosissimi punti: divisioni e sottodivisioni; per ognuno il dono di una competenza straordinario.
Inizia lo studio sulla vicenda della Dei Verbum, sulle fasi della discussione preparatoria e del dibattito dentro il Concilio; ma sempre con attenzione all’influenza della teologia di Barth e di Rahner sugli artefici del documento. E poi un capitolo è dedicato piú esplicitamente ai due esponenti della nuova teologia che hanno sorretto la svolta da una concezione intellettualistica di Rivelazione (derivata dal Vaticano I: Dio ci dona parole e dottrine su di Sé) a una concezione personalistica (Dio comunica Se stesso a noi; entra in relazione comunicativa con noi). Due ritratti di grande rilievo. Ma non escludendo: Barth e Rahner comportano dei vertici; in essi si riassumono quasi tutti i teologi moderni; essi li rappresentano. L’influenza di Barth sul Concilio è piuttosto indiretta; mentre Rahner ha operato all’interno dei lavori conciliari. Credo però che una delle ragioni della scelta rispecchi la chiave metodologica che sta alla base della mentalità dell’Autore e che traspare da tutto intero il volume: egli ama la dialettica tra diversità e unità, ama la diversità ma per amore dell’unità; ogni diversità per quanto estrema svela il suo carattere di dono se viene rapportata vitalmente con un’altra diversità, in un fecondo scambio, in un «dare e ricevere» in cui si esprima la vitalità del dinamismo creativo di Dio. Barth sottolinea troppo il «solus Deus»?, e il «solus Christus»?; Rahner troppo il valore dell’uomo? fino a far partire ogni discorso dall’antropologia? Ma il primo, dopo l’incontro con l’evento del Concilio è giunto ad ammorbidire le sue posizioni, per es. circa le religioni non cristiane, ch’egli all’inizio riteneva solo forme di idolatria e di orgogliosa aggressione all’alterità sovrana di Dio. E Rahner valorizza nell’uomo la tensione verso Dio in quanto iniziale forma di grazia e quindi quale primo dono di Cristo salvatore dell’uomo. Questo criterio di incontro positivo e fecondo tra «diversi’», padre Saldanha lo applica, all’inizio anche ai rapporti tra Vaticano I e Vaticano II, e alla fine del suo studio, appunto anche al rapporto tra le culture e le religioni (sí, Gesú Cristo è l’unico Rivelatore e Salvatore, eppure anche le altre religioni ci possono apportare valori in nome di Dio!). La sua prospettiva – lo sottolineo subito – è mistica; egli misura tutto sulla trascendenza escatologica, guarda dall’alto del Mistero… per il quale ogni cosa può essere trasfigurata cosí da poter dare un suo proprio contributo alla finale Armonia.
Tornando al volume, qualche cenno sulla parte Seconda, nella quale i frutti delle ricerche precedenti maturano una profonda teologia sui contenuti nei quali si esprime l’«Auto-Comunicazione di Dio». Seguendo i dati biblici, letti e interpretati alla luce della Tradizione, due sono le… «braccia» che Dio protende verso l’uomo al fine d’incontrarlo e «abbracciarlo», per assumerlo dentro la propria vita: la Parola e l’Amore, vale a dire il Verbo e lo Spirito. Seguendo ancora una volta la teologia di Barth e Rahner, il principio e l’orizzonte di ogni discorso teologico si trova in Dio-Trinità. Orizzonte trinitario. Il tema della Parola porta Saldanha ad aprire una lunga trattazione sul Nome (e i sui nomi) di Dio, per sottolineare ancora una volta che con quei nomi Dio, piú che concederci conoscenze fissabili in concetti finiti, ci comunica il Mistero della sua Persona (trina), che si dona a noi per una relazione che crei quasi di fatto la nostra stessa persona, almeno in quanto soggetto elevato a dignità di reale cor-rispondenza e relazionalità nei confronti di Dio. Analogo discorso viene poi fatto per il tema dello Spirito, ma – giustamente – sottolineando fortissimamente l’Amore. Come si vede, attualissime queste tesi. Qui però non ci si imbatterà in riflessioni e considerazioni lunghe e calde; ma quasi soltanto in nomi e dati e ricerche, e tuttavia tale fredda dottrina riuscirebbe a provocare e ad alimentare, proprio per il suo modo asciutto, fortissime spinte a salire verso le vette della contemplazione mistica.
In conclusione: il teologo indiano Saldanha si inserisce in pieno nella nostra teologia cristiana occidentale e si pone accanto, con serietà e senza complessi, a tutti i nostri piú esemplari teologi. Allora viene da chiederci: come mai non si avverte l’eco della teologia indiana (la sua), che pure esiste ed è notevole, valida e significativa?
Contribuisce, forse, a metterla in silenzio? Non credo. Forse egli la ritiene troppo legata a una nostra occidentale, quella piú tradizionale, o comunque quella che non sottolinea a sufficienza un proprio superamento, per colpa di scarsa attenzione al senso del mistero? al carattere di ineffabilità della Rivelazione? Difficile rispondere.
Comunque, a me risulta per lo meno strano che nel suo lavoro non ci sia traccia di un tema che proprio la teologia cattolica ivi ha affrontato negli anni di immediato post-Concilio, e proprio in riferimento a Rivelazione, cioè per rispondere al quesito: «Che cosa pensare delle nostre tradizioni religiose indiane? È possibile valorizzare i nostri antichissimi testi sacri quali portatori di Rivelazione, e giudicarli in qualche modo ispirati?». Nel 1974 a Bangalore (Centro biblico-catechetico-liturgico) è uscito un volume, a mio parere molto importante, dal titolo: Research Seminar on Non-Biblical Scriptures, a cura di D.S. Amalorpavadass; in esso si affronta appunto il problema di ispirazione e rivelazione nelle Scritture sacre al di fuori della Bibbia. Raccoglie il frutto di anni di incontri di studio fra teologi e anche vescovi dell’India, e di un Seminario conclusivo di circa due settimane, ancora con la partecipazione di vescovi chiamati a sostenere responsabilmente la scelta di poter valorizzare nella santa Messa un carattere «indiano» assumendovi letture dai testi sacri induisti. Quella Messa fu poi approvata da Roma, e io nel 1978 ho avuto la gioia di partecipare alla sua celebrazione all’interno di un convegno internazionale. So che in seguito sono stati sospesi i permessi, riservandoli per situazioni particolari. Ma su alcune riviste teologiche e pastorali in Italia non ho cessato di parlarne come di un segno di nuova chiesa e di nuova teologia e liturgia; anche se, ovviamente, per un futuro alquanto lontano. Ebbene: perché Saldanha non vi accenna? Forse perché sia Roma che la chiesa d’India ritengono di passare a un seppellimento di quella troppo euforica fase post-conciliare? O forse perché la problematica cui rispondeva quella iniziativa di teologia e di pastorale si collegava ancora a una nozione di rivelazione di tipo troppo concettuale e dottrinale? non utile quindi al senso di «auto-comunicazione» che ispira la ricerca cui si è dedicato Saldanha? Per il momento rimango senza risposte.
Ma resta intera tutta la mia gioiosa ammirazione per ciò che ci ha donato il nostro teologo indiano Peter Paul Saldanha con il presente suo preziosissimo lavoro.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Inizia lo studio sulla vicenda della Dei Verbum, sulle fasi della discussione preparatoria e del dibattito dentro il Concilio; ma sempre con attenzione all’influenza della teologia di Barth e di Rahner sugli artefici del documento. E poi un capitolo è dedicato piú esplicitamente ai due esponenti della nuova teologia che hanno sorretto la svolta da una concezione intellettualistica di Rivelazione (derivata dal Vaticano I: Dio ci dona parole e dottrine su di Sé) a una concezione personalistica (Dio comunica Se stesso a noi; entra in relazione comunicativa con noi). Due ritratti di grande rilievo. Ma non escludendo: Barth e Rahner comportano dei vertici; in essi si riassumono quasi tutti i teologi moderni; essi li rappresentano. L’influenza di Barth sul Concilio è piuttosto indiretta; mentre Rahner ha operato all’interno dei lavori conciliari. Credo però che una delle ragioni della scelta rispecchi la chiave metodologica che sta alla base della mentalità dell’Autore e che traspare da tutto intero il volume: egli ama la dialettica tra diversità e unità, ama la diversità ma per amore dell’unità; ogni diversità per quanto estrema svela il suo carattere di dono se viene rapportata vitalmente con un’altra diversità, in un fecondo scambio, in un «dare e ricevere» in cui si esprima la vitalità del dinamismo creativo di Dio. Barth sottolinea troppo il «solus Deus»?, e il «solus Christus»?; Rahner troppo il valore dell’uomo? fino a far partire ogni discorso dall’antropologia? Ma il primo, dopo l’incontro con l’evento del Concilio è giunto ad ammorbidire le sue posizioni, per es. circa le religioni non cristiane, ch’egli all’inizio riteneva solo forme di idolatria e di orgogliosa aggressione all’alterità sovrana di Dio. E Rahner valorizza nell’uomo la tensione verso Dio in quanto iniziale forma di grazia e quindi quale primo dono di Cristo salvatore dell’uomo. Questo criterio di incontro positivo e fecondo tra «diversi’», padre Saldanha lo applica, all’inizio anche ai rapporti tra Vaticano I e Vaticano II, e alla fine del suo studio, appunto anche al rapporto tra le culture e le religioni (sí, Gesú Cristo è l’unico Rivelatore e Salvatore, eppure anche le altre religioni ci possono apportare valori in nome di Dio!). La sua prospettiva – lo sottolineo subito – è mistica; egli misura tutto sulla trascendenza escatologica, guarda dall’alto del Mistero… per il quale ogni cosa può essere trasfigurata cosí da poter dare un suo proprio contributo alla finale Armonia.
Tornando al volume, qualche cenno sulla parte Seconda, nella quale i frutti delle ricerche precedenti maturano una profonda teologia sui contenuti nei quali si esprime l’«Auto-Comunicazione di Dio». Seguendo i dati biblici, letti e interpretati alla luce della Tradizione, due sono le… «braccia» che Dio protende verso l’uomo al fine d’incontrarlo e «abbracciarlo», per assumerlo dentro la propria vita: la Parola e l’Amore, vale a dire il Verbo e lo Spirito. Seguendo ancora una volta la teologia di Barth e Rahner, il principio e l’orizzonte di ogni discorso teologico si trova in Dio-Trinità. Orizzonte trinitario. Il tema della Parola porta Saldanha ad aprire una lunga trattazione sul Nome (e i sui nomi) di Dio, per sottolineare ancora una volta che con quei nomi Dio, piú che concederci conoscenze fissabili in concetti finiti, ci comunica il Mistero della sua Persona (trina), che si dona a noi per una relazione che crei quasi di fatto la nostra stessa persona, almeno in quanto soggetto elevato a dignità di reale cor-rispondenza e relazionalità nei confronti di Dio. Analogo discorso viene poi fatto per il tema dello Spirito, ma – giustamente – sottolineando fortissimamente l’Amore. Come si vede, attualissime queste tesi. Qui però non ci si imbatterà in riflessioni e considerazioni lunghe e calde; ma quasi soltanto in nomi e dati e ricerche, e tuttavia tale fredda dottrina riuscirebbe a provocare e ad alimentare, proprio per il suo modo asciutto, fortissime spinte a salire verso le vette della contemplazione mistica.
In conclusione: il teologo indiano Saldanha si inserisce in pieno nella nostra teologia cristiana occidentale e si pone accanto, con serietà e senza complessi, a tutti i nostri piú esemplari teologi. Allora viene da chiederci: come mai non si avverte l’eco della teologia indiana (la sua), che pure esiste ed è notevole, valida e significativa?
Contribuisce, forse, a metterla in silenzio? Non credo. Forse egli la ritiene troppo legata a una nostra occidentale, quella piú tradizionale, o comunque quella che non sottolinea a sufficienza un proprio superamento, per colpa di scarsa attenzione al senso del mistero? al carattere di ineffabilità della Rivelazione? Difficile rispondere.
Comunque, a me risulta per lo meno strano che nel suo lavoro non ci sia traccia di un tema che proprio la teologia cattolica ivi ha affrontato negli anni di immediato post-Concilio, e proprio in riferimento a Rivelazione, cioè per rispondere al quesito: «Che cosa pensare delle nostre tradizioni religiose indiane? È possibile valorizzare i nostri antichissimi testi sacri quali portatori di Rivelazione, e giudicarli in qualche modo ispirati?». Nel 1974 a Bangalore (Centro biblico-catechetico-liturgico) è uscito un volume, a mio parere molto importante, dal titolo: Research Seminar on Non-Biblical Scriptures, a cura di D.S. Amalorpavadass; in esso si affronta appunto il problema di ispirazione e rivelazione nelle Scritture sacre al di fuori della Bibbia. Raccoglie il frutto di anni di incontri di studio fra teologi e anche vescovi dell’India, e di un Seminario conclusivo di circa due settimane, ancora con la partecipazione di vescovi chiamati a sostenere responsabilmente la scelta di poter valorizzare nella santa Messa un carattere «indiano» assumendovi letture dai testi sacri induisti. Quella Messa fu poi approvata da Roma, e io nel 1978 ho avuto la gioia di partecipare alla sua celebrazione all’interno di un convegno internazionale. So che in seguito sono stati sospesi i permessi, riservandoli per situazioni particolari. Ma su alcune riviste teologiche e pastorali in Italia non ho cessato di parlarne come di un segno di nuova chiesa e di nuova teologia e liturgia; anche se, ovviamente, per un futuro alquanto lontano. Ebbene: perché Saldanha non vi accenna? Forse perché sia Roma che la chiesa d’India ritengono di passare a un seppellimento di quella troppo euforica fase post-conciliare? O forse perché la problematica cui rispondeva quella iniziativa di teologia e di pastorale si collegava ancora a una nozione di rivelazione di tipo troppo concettuale e dottrinale? non utile quindi al senso di «auto-comunicazione» che ispira la ricerca cui si è dedicato Saldanha? Per il momento rimango senza risposte.
Ma resta intera tutta la mia gioiosa ammirazione per ciò che ci ha donato il nostro teologo indiano Peter Paul Saldanha con il presente suo preziosissimo lavoro.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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