Codificazione latina e orientale e canoni preliminari
EAN 9788840141008
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DETTAGLI DI «Codificazione latina e orientale e canoni preliminari»
Tipo
Libro
Titolo
Codificazione latina e orientale e canoni preliminari
Autori
Salachas Dimitrios, Sabbarese Luigi
Editore
Urbaniana University Press
EAN
9788840141008
Pagine
268
Data
novembre 2003
COMMENTI DEI LETTORI A «Codificazione latina e orientale e canoni preliminari»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Codificazione latina e orientale e canoni preliminari»
Recensione di Giorgio Fedalto della rivista Studia Patavina
Il lavoro di Dimitrios Salachas e Luigi Sabarrese, specialisti rispettivamente nel diritto canonico orientale e in quello latino, fa ben capire i passi compiuti dopo il concilio Vaticano II per quanto riguarda la riflessione della Chiesa su se stessa e sui rapporti con le altre Chiese, specialmente orientali. Il volume esamina in parallelo i canoni preliminari dei due nuovi codici, quello di diritto canonico (1983) e quello dei canoni delle Chiese orientali (1990), ne valuta convergenze ed innovazioni, però consente anche di aprire, per dir così, delle finestre sul diritto che la Chiesa ha espresso lungo i secoli e come essa lo adatti costantemente alle nuove esigenze che le si presentano.
Trattandosi di Chiese orientali sono passati in rassegna anche dei concetti abitualmente estranei alla nostra tradizione latina, come quello di oikonomia, vale a dire “una sapiente equi-tà basata sulla condiscendenza e la carità”, che i pastori devono saper impiegare nei casi con-creti, accanto alla akribeia, cioè “la giustizia e la rigida osservanza della legge”, favorendo al massimo “nella cura pastorale il bene delle anime”, concetti questi diversi da quello latino di epikeia, che si ha quando l’autorità ecclesiastica corregge il canone nel caso particolare “in quanto lo considera difettoso e manchevole in quelle situazioni”. Vengono pure analizzate formule giuridiche impiegate nei canoni del Codice orientale, come ad esempio quella di ap-partenenza ad una Chiesa sui iuris, ed è pure ricordato il lavoro di elaborazione concettuale che si è dovuto operare per collegare gli antichi istituti ai nuovi concetti di comunione o di Chiesa come popolo di Dio, qui ben esaminati e discussi.
Nel volume è altrettanto utile la riflessione sul come si siano formate lungo il tempo le Chiese orientali cattoliche. Del resto, ne aveva accennato pure la “Lumen gentium”, quando spiegava che “varie Chiese, in vari luoghi fondate dagli Apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in molti gruppi, organicamente uniti, i quali, salva restando l’unità della fede e l’unica divina costituzione della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un patrimonio teologico e spirituale proprio”. Pur meno conosciute di quelle che si sono staccate dal ceppo petrino, tali Chiese sono diverse: sei patriarcali (Armena, Caldea, Copta, Maronita, Melkita, Sira), due arcivescovili maggiori (Siro-Malabarese ed Ucraina), quattro metropolitane sui iuris (Etiopica, Siro-Malankarese, Romena, Rutena), dieci altre sui iuris, di cui non è ancora chiara la configurazione giuridica (Bielorussa, Albanese, Bulgara, Ungherese, Italo-Albanese (greco-bizantina in Italia), di Krizevci (in ex-Iugoslavia), Macedone (in ex-Iugoslavia), Russa, Slovacca, Greca (in Grecia). Sviluppatesi dall’attività evangelizzatrice degli Apostoli in ambienti culturali diversi, le antiche Chiese patriarcali, “quasi matrici della fede, ne hanno generate altre che sono come loro figlie”; con esse restano ancor oggi legate da vincoli di carità, nel reciproco rispetto di diritti e doveri.
La loro storia è molto varia. Alcune risalgono al tempo dei grandi concili di Efeso e Calcedonia: staccatesi dalla comunione delle maggiori Chiese, vi sono poi ritornate. Altre, come i maggiori patriarcati orientali, si sono poi separate dalla comunione con Roma, magari per ritornarvi più tardi.
È pure considerata la lunga elaborazione avuta dal Codice dei canoni delle Chiese orientali. Già Pio XI non aveva accettato l’idea di un codice unico, comune alla Chiesa latina e alle Chiese orientali, ed aveva ritenuto necessaria la codificazione del diritto canonico orientale, tanto da annoverarla tra gli affari più urgenti del suo pontificato. Con il concilio Vaticano II si ribadì il principio che “le Chiese d’Oriente come anche d’Occidente hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari, poiché si raccomandano per veneranda antichità, sono più corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e più adatte a provvedere al bene delle loro anime" (“Orientalium Ecclesiarum”, 5). In altre parole “la Ecclesia universa è composta dalla comunione delle varie Chiese d’Oriente e d’Occidente, soprattutto di quelle Chiese matrici della fede, fondate dagli Apostoli e dai loro successori, le quali si reggono secondo la propria normativa, salvo restando il principio che, alla comunione universale delle Chiese, presiede per volontà divina il Vescovo di Roma, successore di Pietro”.
Il volume presenta un interesse particolare pure nella sua parte preliminare, dedicata alle fonti e alle collezioni antiche sino alla revisione dei Codici attualmente in vigore. È infatti di grande interesse ricordare come la Chiesa o, se si vuole, le Chiese, nel passato abbiano costantemente avuto delle norme giuridiche, che sia pur non racchiuse in un codice erano tuttavia presentate in modi diversi. Vivendo in epoca ecumenica sarebbe stato interessante tro-vare nel volume qualche pagina in più sul diritto giustinianeo e sul peso da esso avuto nelle Chiese dell’impero, orientali ma anche occidentali. In ogni caso colpisce la quantità di collezioni giuridiche che si sono succedute nel tempo, pur fermandosi al solo mondo latino, e come gli stessi imperatori siano intervenuti al riguardo. Si può constatare come l’evangelizzazione della vecchia Europa sia proceduta di pari passo con l’elaborazione di un diritto che la accompagnava, senza ignorare il peso ricoperto da quanti tale diritto spesso imponevano, non ultimi gli imperatori Giustiniano o Carlo Magno, ancor prima che si formassero le grandi collezioni romane, diffuse poi nell’Europa cristiana. Prima della costituzione dei codici veri e propri, una continua serie di leggi raccolta da giuristi diversi era applicata nei casi concreti, sulla linea dello spirito dell’antica Roma un tempo pagana, ma con Pietro passata lentamente al cristianesimo.
È proprio lo studio comparato tra i due sistemi giuridici, occidentale-latino e cattolico-orientale, a costituire una via interessante da percorrere e da non abbandonare se un giorno si volesse operare lo sforzo di includere in tale esame il diritto o i diritti delle numerose altre Chiese non in piena comunione con quella petrina.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Trattandosi di Chiese orientali sono passati in rassegna anche dei concetti abitualmente estranei alla nostra tradizione latina, come quello di oikonomia, vale a dire “una sapiente equi-tà basata sulla condiscendenza e la carità”, che i pastori devono saper impiegare nei casi con-creti, accanto alla akribeia, cioè “la giustizia e la rigida osservanza della legge”, favorendo al massimo “nella cura pastorale il bene delle anime”, concetti questi diversi da quello latino di epikeia, che si ha quando l’autorità ecclesiastica corregge il canone nel caso particolare “in quanto lo considera difettoso e manchevole in quelle situazioni”. Vengono pure analizzate formule giuridiche impiegate nei canoni del Codice orientale, come ad esempio quella di ap-partenenza ad una Chiesa sui iuris, ed è pure ricordato il lavoro di elaborazione concettuale che si è dovuto operare per collegare gli antichi istituti ai nuovi concetti di comunione o di Chiesa come popolo di Dio, qui ben esaminati e discussi.
Nel volume è altrettanto utile la riflessione sul come si siano formate lungo il tempo le Chiese orientali cattoliche. Del resto, ne aveva accennato pure la “Lumen gentium”, quando spiegava che “varie Chiese, in vari luoghi fondate dagli Apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in molti gruppi, organicamente uniti, i quali, salva restando l’unità della fede e l’unica divina costituzione della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un patrimonio teologico e spirituale proprio”. Pur meno conosciute di quelle che si sono staccate dal ceppo petrino, tali Chiese sono diverse: sei patriarcali (Armena, Caldea, Copta, Maronita, Melkita, Sira), due arcivescovili maggiori (Siro-Malabarese ed Ucraina), quattro metropolitane sui iuris (Etiopica, Siro-Malankarese, Romena, Rutena), dieci altre sui iuris, di cui non è ancora chiara la configurazione giuridica (Bielorussa, Albanese, Bulgara, Ungherese, Italo-Albanese (greco-bizantina in Italia), di Krizevci (in ex-Iugoslavia), Macedone (in ex-Iugoslavia), Russa, Slovacca, Greca (in Grecia). Sviluppatesi dall’attività evangelizzatrice degli Apostoli in ambienti culturali diversi, le antiche Chiese patriarcali, “quasi matrici della fede, ne hanno generate altre che sono come loro figlie”; con esse restano ancor oggi legate da vincoli di carità, nel reciproco rispetto di diritti e doveri.
La loro storia è molto varia. Alcune risalgono al tempo dei grandi concili di Efeso e Calcedonia: staccatesi dalla comunione delle maggiori Chiese, vi sono poi ritornate. Altre, come i maggiori patriarcati orientali, si sono poi separate dalla comunione con Roma, magari per ritornarvi più tardi.
È pure considerata la lunga elaborazione avuta dal Codice dei canoni delle Chiese orientali. Già Pio XI non aveva accettato l’idea di un codice unico, comune alla Chiesa latina e alle Chiese orientali, ed aveva ritenuto necessaria la codificazione del diritto canonico orientale, tanto da annoverarla tra gli affari più urgenti del suo pontificato. Con il concilio Vaticano II si ribadì il principio che “le Chiese d’Oriente come anche d’Occidente hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari, poiché si raccomandano per veneranda antichità, sono più corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e più adatte a provvedere al bene delle loro anime" (“Orientalium Ecclesiarum”, 5). In altre parole “la Ecclesia universa è composta dalla comunione delle varie Chiese d’Oriente e d’Occidente, soprattutto di quelle Chiese matrici della fede, fondate dagli Apostoli e dai loro successori, le quali si reggono secondo la propria normativa, salvo restando il principio che, alla comunione universale delle Chiese, presiede per volontà divina il Vescovo di Roma, successore di Pietro”.
Il volume presenta un interesse particolare pure nella sua parte preliminare, dedicata alle fonti e alle collezioni antiche sino alla revisione dei Codici attualmente in vigore. È infatti di grande interesse ricordare come la Chiesa o, se si vuole, le Chiese, nel passato abbiano costantemente avuto delle norme giuridiche, che sia pur non racchiuse in un codice erano tuttavia presentate in modi diversi. Vivendo in epoca ecumenica sarebbe stato interessante tro-vare nel volume qualche pagina in più sul diritto giustinianeo e sul peso da esso avuto nelle Chiese dell’impero, orientali ma anche occidentali. In ogni caso colpisce la quantità di collezioni giuridiche che si sono succedute nel tempo, pur fermandosi al solo mondo latino, e come gli stessi imperatori siano intervenuti al riguardo. Si può constatare come l’evangelizzazione della vecchia Europa sia proceduta di pari passo con l’elaborazione di un diritto che la accompagnava, senza ignorare il peso ricoperto da quanti tale diritto spesso imponevano, non ultimi gli imperatori Giustiniano o Carlo Magno, ancor prima che si formassero le grandi collezioni romane, diffuse poi nell’Europa cristiana. Prima della costituzione dei codici veri e propri, una continua serie di leggi raccolta da giuristi diversi era applicata nei casi concreti, sulla linea dello spirito dell’antica Roma un tempo pagana, ma con Pietro passata lentamente al cristianesimo.
È proprio lo studio comparato tra i due sistemi giuridici, occidentale-latino e cattolico-orientale, a costituire una via interessante da percorrere e da non abbandonare se un giorno si volesse operare lo sforzo di includere in tale esame il diritto o i diritti delle numerose altre Chiese non in piena comunione con quella petrina.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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