Il libro, scritto a quattro mani, si inserisce nel prolifico filone della denuncia sociale del degrado che investe Napoli e i suoi dintorni. Ma non c'è solo accusa e puntare il dito: qui bene e male, riscatto e disperazione s'intrecciano. Davide Cerullo, un giovane di Scampia, con coraggio ha scelto di uscire dal tunnel della perdizione, prendere la parola a farsi testimone di un cambiamento possibile, dell'agire silenzioso ma pugnace dei tanti esempi di sacerdoti, consacrati e laici che lottano giorno dopo giorno per offrire ai ragazzi di Scampia la possibilità di scegliere per la vita. Don Pronzato tira le fila del discorso, tenendo insieme un materiale, delle memorie spesso volutamente confuse, quasi a volere che a prendere la parola sia il mondo caotico che è Scampia. Il libro si divide in due parti: la prima che vede susseguirsi squarci di vita e di morte nel contesto degradato di Scampia; una seconda in cui Davide e Ciro si affacciano idealmente su quella realtà, su quel dolore, ingiustizie e sofferenza, ma anche sulla speranza, la gioia e il bene, alla ricerca di «una ragione valida perché si possa e si debba cambiar vita».
"Un libro piacevole e avvincente, dalla agevole lettura, che ti prende, ti coinvolge, ti fa soffrire e ti appassiona, ti inquieta e ti interroga, ti pone problemi che, quasi sempre sfuggono a coloro che non li vivono direttamente, ma che pesano - e come! - sulle coscienze dei singoli e di tutti, condizionando e offuscando l'appartenenza, l'identità, il sentirsi e dirsi napoletano". (dalla presentazione del card. Crescenzio Sepe)
Il libro è corredato da un intenso ed eloquente inserto fotografico di Davide Cerullo.
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live, holly-_holly@live.it il 26 marzo 2009 alle 18:29 ha scritto:
ho appena cominciato a leggere e mi ci è voluto uno strattone della mia amica per distogliere i miei occhi e tutta me stessa da quelle righe,quelle poche pagine mi avevano in pochi minuti completamente presa e resa partecipe di tanta sofferenza,difronte ad una realtà agghiacciante mi sono sentita gelare il sangue,ma in quelle righe ho letto anche tante parole di speranza,e sono sicura che andando avanti nel leggere i miei occhi cominceranno ad aprirsi.venusia
Miri il 15 dicembre 2009 alle 18:42 ha scritto:
ho avuto l'opportunità di conoscere Davide e visitare con lui le Vele prima ancora di aver letto il suo libro: l'impatto è stato fortissimo, surreale, e da allora penso ogni giorno a Scampia e ai suoi bambini. Un grazie a Davide e a chi ha il coraggio di opporsi a tutta questa disumanità.
erika il 20 dicembre 2009 alle 22:28 ha scritto:
Vi siete mai chiesti come vivono i bambini di Scampia? E già, perchè essere adolescente o bambino a Scampia non è affatto semplice, anzi, si diventa adulti molto presto. Padri in carcere, madri che spesso sono più preoccupate di guardare televovele piuttosto che tenere d'occhio i figli e i figli che vivono in strada tra spacciatori e delinquenti. Cosa chiedono questi bambini? Amore, carezze, affetto! Certo ci sono anche però ragazzi che ce la fanno, come chi scrive il libro che, una volta uscito dal carcere cambia radicalmente la sua vita, rompendo per sempre con il passato; ma ci sono tanti altri ragazzi che questa forza e questo coraggio non lo hanno e si perdono. Fondamentali gli istituti religiosi che, nel silenzio più totale si adoperano per aiutare questi ragazzi a rimanere fuori dalla strada.
Si legge, si riflette e ci si vergogna pure che nel 2009 ci siano ancora certe situazioni.
arianna il 4 marzo 2011 alle 19:26 ha scritto:
io non ho letto questo libro ma ho una figlia di quasi 8 anni e un,fortunatamente,ex marito,che si trova in carcere e, da quando e' nata nostra figlia e' entrato e uscito di galera almeno 4 volte!non c'e' bisogno di commentare i bambini di Scampia...io sono del nord e ho vissuto le stesse realta'.Chi paga,purtroppo son sempre i bambini e quelle mamme che,come me,hanno amato a dismisura colui che credevano cambiasse prima o poi.
Rosi il 3 aprile 2013 alle 18:04 ha scritto:
Questo libro si arma solo di parole e foto (bellissime) per iniziare a combattere sul serio i pregiudizi,i luoghi comuni che vogliono i destini di chi nasce in certi territori già segnati e lo fa senza raccontare favole, ma la realtà che è dura, ma non senza motivi che riguardano tutta la società civile che resta muta, ma che è anche speranza nel momento in cui, con delicatezza, si prova a raccontare.
giovanna mazza il 24 marzo 2020 alle 13:36 ha scritto:
il racconto di un uomo che ha sofferto per essere nato nel posto sbagliato, dove però avrebbe potuto nascere ognuno di noi, più fortunati senza il minimo merito. il suo merito è quello di aver capito che il suo nome era scritto nel palmo della mano di Dio e lo racconta con un'onestà disarmante, che fa molto riflettere.