Nell'infuocato clima provocato dalla eresia ariana nella metà del IV sec., Ilario di Poitiers è tra i più accaniti difensori dell'ortodossia. Nel 359 scrive il Liber II ad Constantium: una supplica all'imperatore, pregandolo di autorizzare un dibattito tra lui e Saturnino di Arles, che lo aveva ingiustamente accusato di tradimento della vera fede evangelica. Un documento importante per ricostruire la posizione dei vescovi della Gallia, e più particolarmente dell'Aquitania, di fronte alla professione di fede di Nicea.
Ilario fu il primo autore nella cristianità latina a comporre inni come strumento di acculturazione dottrinale dei suoi fedeli. Di tali testi ne sono giunti a noi solo tre: Cristo Dio in cui Ilario esprime la sua fede nell'unico Dio; La resurrezione di Cristo, inno pasquale affidato a una voce femminile che incarna l'anima del neofita da poco rigenerata nella Veglia battesimale di Pasqua; Le tentazioni di Cristo che mette in contrapposizione il primo e il secondo Adamo, l'Adamo terrestre e caduco con l'Adamo celeste vittorioso sulla morte e su Satana.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
I. IL QUADRO STORICO
L'arianesimo in Occidente
A partire dal 310, il presbitero Ario di Alessandria aveva cominciato a predicare le sue dottrine, che accentuavano da una parte l'assoluta trascendenza e unicità di Dio, dall'altra il subordinazionismo del Figlio rispetto al Padre, fino a negarne la divinità e a considerarlo una creatura.
La diffusione delle sue idee aveva provocato una controversia teologica e politica che incendiò tutto l'Oriente, al punto da richiedere l'intervento dell'imperatore Costantino il quale, convocando il concilio generale di Nicea del 325, aveva inteso appunto arginare, in qualche modo, il non sereno sviluppo del contenzioso dottrinale.
Almeno fino alla metà del secolo IV, la cosiddetta controversia ariana rimarrà tuttavia quasi sconosciuta aí vescovi occidentali, alcuni dei quali confessano di conoscere appena l'esistenza e la formula dottrinale di un concilio celebrato a Nicea. Sarà Costanzo II, divenuto dopo la morte di Costante unico im peratore a partire dal 353, a pretendere che non solo i vescovi orientali, ma anche gli occidentali, si adeguino al suo indirizzo religioso filoariano, esiliando all'occorrenza i vescovi più recalcitranti.
La scarsa incidenza e diffusione delle decisioni nicene, con la problematica e controversa utilizzazione del termine homoousios, peraltro discusso anche tra gli orientali, spiega perché, per gli occidentali, quasi unico difensore della dottrina di Nicea fosse rimasto Atanasio, dal 328 vescovo di Alessandria: ma già nel 335, nel sinodo di Tiro, egli viene esiliato da Costantino che, intanto, aveva richiamato Ario.
Saranno, anzi, i diversi esili di Atanasio, dovuti anch'essi a motivi politici oltre che teologici, a far sì che lo stesso papa di Roma, Giulio (337-352), possa finalmente venire a conoscere gli esatti termini della rilevante vertenza dottrinale, prendendo le difese e riconoscendo l'autorità di Atanasio.
Il vescovo cristiano nel IV secolo
Nel corso del lungo e articolato processo che è stato definito di cristianizzazione dell'impero — inaugurato nelle prime decadi del secolo IV a seguito del provvedimento, detto anche impropriamente editto che, a Milano, era stato concordato tra Flavio Valerio Costantino, signore dell'Occidente, e Licínio, signore dell'Oriente durante il loro incontro del 3134 —, una delle conseguenze più notevoli fu quella della «promozione del vescovo, sia nell'ordine amministrativo e sociale che in quello della cultura e dell'arte».
Dopo l'esaltazione sublime della figura teologica del vescovo cristiano, tratteggiata a metà del secolo III da parte di Cipriano di Cartagine, nei termini di un esercizio carismatico intraecclesiale, a cominciare dalla nuova stagione della tolleranza imperiale verso i culti e, soprattutto, negli anni successivi al concilio di Nicea del 325, la funzione episcopale, già presente e viva a livello di esperienza di ecclesia, inizia ad acquistare anche un certo suo rango giuridico e sociale, bene in vista tra gli altri officia dell'Impero romano, anche a proposito degli "affari religiosi".
Ciò, peraltro, risulta in linea con la definizione di "vescovo di quelli di fuori" (epìskopos tón ektòs), autoattribuitasi, stando allo storico Eusebio, dall'imperatore Costantino in persona.
Qui trovi riportati i commenti degli utenti di LibreriadelSanto.it, con il nome dell'utente e il voto (espresso da 1 a 5 stelline) che ha dato al prodotto.
I commenti compaiono ordinati per data di inserimento dal meno recente (in alto) al più recente (in basso).
Prof. Stefano Coccia il 30 ottobre 2015 alle 15:00 ha scritto:
Bellissimo questo libro. L'ho comprato perché la mia passione per i Padri della Chiesa mi porta sempre di più a leggere, soprattutto i padri occidentali. La vita e gli scritti di Ilario di Poitiers mi piacciono davvero molto perché riescono a trasmettere la fede autentica. L'introduzione, come sempre, è molto interessante perché spiega i vari problemi che hanno portato il santo di Poitiers a scrivere all'imperatore Costanzo e come l'arianesimo, eresia prettamente orientale, sia arrivata in Occidente e come il vescovo Atanasio l'abbia combattuta. Anche le note sono molto interessanti ed esaustive. Ilario di Poitiers chiede all'imperatore Costanzo di difendersi pubblicamente alla presenza dell'imperatore stesso delle accuse mossegli da Saturnino di Arles filo-ariano che accusava il vescovo Ilario di essere eretico. Molto belli e davvero incantevoli sono gli Inni che il vescovo di Poitiers scrive sia perché i suoi fedeli possano cantarli, sia per far comprendere la giusta dottrina. Gli Inni di Ambrogio sono fatti meglio, a mio parere, ma anche questi sono davvero bellissimi sia nello scritto che nella forma.