Il Commento alle XIII epistole di Paolo di Pelagio costituisce l'opera più estesa del celebre avversario di Agostino: un commento sistematico a tutte le epistole paoline, fatta eccezione per quella agli Ebrei. Tale Commento risulta importante per far luce su alcuni aspetti del pensiero di Pelagio prima della polemica con Agostino: l'autore, infatti, non si limita a spiegare le parole dell'Apostolo, ma fa emergere il proprio punto di vista su tematiche fondamentali come il peccato originale, la grazia, il libero arbitrio.
Un'opera fondamentale, dunque, per quanti vogliono conoscere la figura di Pelagio attingendo direttamente alle sue parole, senza il filtro delle opere del vescovo di Ippona che, per quanto rimanga una fonte importante, non può certo essere un testimone imparziale.La traduzione è preceduta da un'ampia introduzione che ricostruisce il contesto storico-dottrinale in cui Pelagio ha operato; vengono descritte le principali tematiche del Commento e analizzati alcuni problemi di tradizione testuale, in modo da fornire delle linee-guida per orientarsi meglio nella lettura dell'opera.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Il presente lavoro si pone lo scopo di rendere fruibile nella traduzione italiana il Commento alle XIII epistole di Paolo di Pelagio. Si tratta dell'opera più estesa del celebre avversario di Agostino, un commento sistematico a tutte le epistole paoline, fatta eccezione per quella agli Ebrei. Pur nei limiti del genere cui appartiene, il Commento risulta importante per far luce su alcuni aspetti del pensiero di Pelagio prima della polemica con Agostino: l'autore, infatti, non si limita a glossare le parole dell'Apostolo, ma fa emergere il proprio punto di vista su tematiche fondamentali come il peccato originale, la grazia, il libero arbitrio. Un'opera essenziale, dunque, per quanti vogliono conoscere la figura di Pelagio attingendo direttamente alle sue parole, senza il filtro delle opere del vescovo di Ippona che, per quanto rimanga una fonte importante per ricostruire la vicenda pelagiana, non può certo essere considerato un testimone imparziale.
La traduzione è preceduta dalla presente introduzione in cui si è voluto ricostruire il contesto storico-dottrinale in cui Pelagio ha operato, fondamentale per comprendere a pieno i suoi scritti. Sono state poi descritte le principali tematiche del Commento e sono stati analizzati alcuni problemi di tradizione testuale, in modo da fornire delle linee-guida per orientarsi meglio nella lettura dell'opera. Il Commento è un'analisi del testo sacro non sempre perspicua e di immediata comprensione, complice anche l'estrema brevità di molte osservazioni: per questo il testo è stato corredato di note esplicative che possono renderne più agevole la fruizione.
Questo lavoro è stato possibile grazie agli studi su Pelagio condotti nei tre anni di Dottorato di Ricerca presso l'Università di e ringraziare il prof. Claudio Moreschini Pisa: vorrei in questa sede per avermi guidato nell'attività di ricerca e realizzazione del presente volume.
1. PELAGIO: VITA E OPERE
Sulla vita di Pela prima del suo arrivo a Roma alla fine del IV secolo si hanno scarsissime notizie. Stando alle testimonianze di Agostino, Mario Mercatore e Orosio la sua patria di origine sarebbe stata la Gran Bretagna, mentre Gerolamo sostiene che fosse di stirpe irlandese, forse, come ha osservato Georges de Plinval, per far ricadere su di lui la cattiva fama di questa popolazione, considerata barbara e idolatra.
Niente sappiamo della sua educazione: gli studiosi concordano nel ritenere che provenisse da famiglia cristiana e avesse frequentato in patria le scuole romane. Qui avrebbe ricevuto le nozioni fondamentali dell'istruzione classica: nella sua giovinezza deve aver letto Terenzio e Virgilio, Cicerone e Sallustio, Lucrezio e Giovenale, pur senza aver dedicato a questi autori uno studio veramente approfondito. Non si trovano invece riferimenti nelle opere di Pelagio ad autori greci: è molto probabile che egli non conoscesse il greco, o comunque lo conoscesse in maniera talmente scarsa da non essere in grado di leggere gli autori greci in lingua originale.
Fra il 375 e il 380 d.C. Pelagio giunge a Roma, probabilmente per compiervi gli studi giuridici.. secondo alcuni nell'uomo di grande eloquenza ed erudizione, che abbandonò l'attività del foro per la Chiesa, di cui parla con scarsa simpatia Gerolamo nell'epistola 50, si può ravvisare proprio la figura di Pelagio. Roma si offriva a Pelagio come un ambiente ricco di vita spirituale e religiosa; vi i trovavano circoli di spiritualità e sincero ascetismo, cui aderivano laici illustri: ne facevano parte i corrispondenti e gli amici di Gerolamo, quali Pammachio, Oceano, Donnione, e numerose nobili donne cristiane, provenienti dall'alto patriziato romano. È a Roma che Pelagio entra in relazione con Ilario, figura non ben definita, uomo di governo e dotto scrittore cristiano, forse da identificare con l'autore di un commento alle epistole di Paolo, noto con il nome di Ambrosiaster. Sempre agli anni della permanenza romana risale anche l'amicizia con l'asceta e vescovo Paolino di Nola, cui Pelagio inviò una lettera in cui chiariva la sua concezione della grazia.
Pelagio condusse a Roma una vita di solitudine, dedicata allo studio dei testi sacri e al perseguimento di un ideale ascetico di elevazione e perfezione: tuttavia, nonostante la comune designazione dei contemporanei di «monaco bretone», non sembra che abbia mai aderito a gruppi di asceti che professassero un genere di vita propriamente monastica, ma visse da laico, abbracciando spontaneamente un ideale di vita ascetica ed esercitando una notevole influenza nell'ambiente romano della fine del IV secolo.