INTRODUZIONE
di Georges Gharib
Nessun personaggio biblico è stato oggetto di figurazioni tanto varie e tanto sentite come quello di Gesù Cristo nel quale i Cristiani si riconoscono e dal quale prendono il nome. Da 20 secoli, la sua immagine la si può ritrovare dovunque: dipinta sui muri, sulle tavole e sulle icone, scolpita nel marmo, nell'avorio e nel legno; nei grandi santuari e nelle chiese più umili, nei palazzi, nelle edicole stradali e nelle case; di essa sono pieni i musei dei quali, generalmente, costituisce uno dei più apprezzati tesori. Il fenomeno, se vale per tutto il mondo cristiano e per le Chiese cristiane di tutte le denominazioni, vale in modo particolare per le immagini di Cristo prodotte e venerate in Oriente.
Gli Orientali, che hanno perfezionato nel corso dei secoli una propria immagine di Cristo, vi riconoscono un vero ritratto del Signore, contenente i tratti somatici che egli aveva quando viveva sulla terra. Ciò spiega l'obbligo fatto ai pittori di trasmettere lo stesso tipo di immagine. Questa fedeltà a canoni prefissati, se nuoce alla creazione artistica come viene intesa in Occidente a partire dal Rinascimento, ha una sua logica e aiuta la Chiesa a trasmettere nell'ambito della propria teologia cristologica la figura del suo Signore.
L'immagine di Cristo non è stata una creazione spontanea, bensì il frutto di un laborioso cammino di ricerca e di tentativi che si cercherà di scoprire e di delineare a grandi tratti. Il libro, pertanto, terzo di una trilogia (i due primi hanno trattato delle immagini mariane e di quelle dei santi), si articola in due parti. La prima, da considerare storica, si divide in sette capitoli. La seconda parte, invece, prende in rassegna trenta diverse immagini di Cristo, riprodotte a colori e studiate ciascuna nel suo contesto storico, artistico e liturgico. Le immagini scelte spaziano dal IV al XX secolo. Alcune sono in affresco e in mosaico; la maggioranza è costituita da icone su legno, alcune delle quali dipinte ad encausto; e altre, più numerose, a tempera. Ad ognuna è stata premessa una preghiera, tratta per lo più dalla ricca eucologia liturgica bizantina. Questo per sottolineare la destinazione liturgica di ogni icona, che primeggia sull'aspetto artistico.
Il lavoro è stato condotto sotto la guida di numerosi autori antichi e recenti, alcuni dei quali sono stati indicati nella breve bibliografia, gli altri nelle note che accompagnano il testo. Due libri, in particolare, abbiamo tenuto costantemente presenti: si tratta di due manuali di pittura greci: il primo è quello del monaco athonita Dionisio da Furnà, intitolato Ermeneutica della pittura (sec. XVIII); il secondo è quello più recente di Foti Kontoglou intitolato Ekphrasis, un vero trattato di iconografia sacra (sec. XX), che, pur esponendo l'iconografia tradizionale, offre spunti validi per un vero rinnovamento.
Va sottolineato, per finire, che il libro non è destinato agli specialisti, ma al grande pubblico che, sempre più numeroso e attento, cerca e trova nel mondo delle icone un nutrimento alla sua sete di preghiera e di assoluto.