Composti intorno al 364-367 d.C., i "Commenti ai salmi" di Ilario di Poitiers rappresentano il primo commento in lingua latina che l'antichità cristiana abbia lasciato del Salterio. Scritto al rientro dall'esilio in Asia Minore, dove Ilario era entrato in contatto con l'universo teologico orientale e con la tradizione esegetica origeniana, il presente commento si ispira - ma con un atteggiamento libero e originale - all'imponente lavoro esegetico di Origene sui salmi andato perduto. Il presente volume, il secondo di tre tomi, è esclusivamente dedicato al salmo 118.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
ALEPH (1)
Beati i puri nella via, coloro che camminano nella legge del Signore.
Pr. 1. Quelli che si preparano a ricevere l'insegnamento della sapienza razionale 1 e perfetta devono esservi istruiti già dalle lettere stesse dell'alfabeto, in modo da raggiungere l'intelligenza piena e vera, in un certo senso, fin dall'inizio della prima formazione. Il santo apostolo Paolo, sapendo che la sola vera sapienza, il cui insegnamento sia utile, è quella che comincia nei primi tempi della vita e agli inizi stessi dell'infanzia, nella Seconda lettera a Timoteo, tra i grandi e splendidi elogi della fede e dello zelo, scrive: «Quanto a te, rimani saldo in ciò che hai imparato e creduto, sapendo da chi l'hai appreso, e che fin dall'infanzia tu conosci le Sacre Lettere, che ti possono istruire per la salvezza». Ciò è detto a proposito del presente salmo, il quale, dovendo esporre la conoscenza della verità per istruire l'ignoranza umana, offre un insegnamento ordinato mediante gli stessi primi elementi offerti dalle lettere dell'alfabeto. Difatti, seguendo l'alfabeto ebraico, si premettono ad una ad una le lettere alle singole strofe, ognuna delle quali consta di otto versetti.
Il numero complessivo dei versetti è di centosettanta-\sei. Dato che la lingua ebraica è composta in tutto di ventidue lettere, e ciascuna di esse presenta otto versetti, il suddetto numero di versetti si ottiene infatti moltiplicando per otto ogni lettera. Penso allora che il motivo per cui in tutto questo salmo si sviluppi un insegnamento ordinato mediante le lettere alfabetiche sia il seguente: come i bambini, che sono privi di istruzione e devono imparare a leggere, cominciano a conoscere prima di tutto le lettere dell'alfabeto da cui sono composte le parole, così anche l'ignoranza umana doveva essere educata ai costumi, alla disciplina, alla conoscenza di Dio attraverso questo numero ottonario, ripetuto per le singole lettere, come per apprendere le basi stesse dell'insegnamento elementare.
Pr. 2. È infatti arduo ed estremamente difficile per l'uomo raggiungere da solo, o con l'aiuto dei maestri di questo mondo, la comprensione dei precetti celesti. La debolezza della nostra natura non accetta di essere istruita negli insegnamenti divini se non per mezzo della grazia di quello stesso che ce li ha dati. Difatti, quanti leggono con ingenuità gli scritti capitati loro sotto mano, pensano che non ci sia alcuna differenza nelle parole, nei nomi e nei contenuti. Ma se già il linguaggio comune non tollera che sotto denominazioni diverse non si intendano esprimere realtà diverse, crederemo allora che le parole divine siano tanto sprovvedute e confuse, da soffrire di povertà nell'uso dei termini o da ignorare le distinzioni per categorie?
Pr. 3. Molti infatti, quando sentono parlare di legge, di norma di giustizia, di precetti, di testimonianze, di giudizi — cose tutte che sono state disposte da Mosè secondo il significato proprio di ciascuna categoria —, potrebbero pensare che si tratti di una sola e medesima realtà, ignorando che altro è la legge, altro la norma di giustizia, altro il precetto, altro la testimonianza, altro il giudizio. Che queste cose siano molto differenti e distinte tra loro ci è attestato dal salmo diciottesimo, in cui è contenuto il significato specifico di ciascun nome e categoria. Si dice infatti: «La legge del Signore è pura, converte l'anima. La testimonianza del Signore è fedele, istruisce i piccoli. Le sentenze del Signore sono rette, fanno gioire il cuore. Il precetto del Signore è splendente, illumina gli occhi. Il timore del Signore è santo, rimane per i secoli dei secoli. I giudizi del Signore sono veri, giusti in lui». Esistono dunque differenze tra queste cose considerate una per una, ed è proprio dell'uomo saggio e intelligente distinguere nelle Scritture dove si definisce la legge, dove il precetto, dove le testimonianze, dove le norme di giustizia, dove i giudizi, in modo che queste parole, mirabilmente distinte dal linguaggio profetico secondo il significato peculiare di ciascuna, non siano confuse dalla debolezza della nostra ignoranza, con un'opinione priva di sapienza e di competenza.