Nella storia della Chiesa il IV secolo è scosso dalla lotta all'eresia ariana che predicava la creaturalità, la non eternità e la subordinazione del Figlio al Padre. Tra i documenti più significativi del dibattito sulla vera natura del Figlio, per ricchezza di informazione e analisi dettagliata dell'eresia, spiccano le tre Orazioni contro gli Ariani del vescovo Atanasio d'Alessandria.Nei tre testi, composti intorno al 350 d.C., Atanasio risponde punto per punto alla dottrina eretica di Ario: generazione eterna del Figlio, la sua non creaturalità, divinità identica a quella del Padre sono i punti fermi della sua difesa. Inoltre Atanasio si dedica ad un esame puntuale della Thalia la principale opera dogmatica di Ario tanto che la lettura delle Orazioni risulta imprescindibile per chi voglia conoscere e approfondire il pensiero del discusso presbitero alessandrino.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
CENNI STORICI
Le origini della controversia ariana
Per comprendere appieno il significato storico e dottrinale delle tre Orationes Contra Arianos (= CA) di Atanasio d'Alessandria, non si può prescindere da una almeno approssimativa conoscenza delle vicende storiche che caratterizzarono la lunga controversia dottrinale iniziata con Ario.
La crisi ariana ebbe inizio ad Alessandria in una data non precisata attorno al 320, quando il vescovo locale, Alessandro, pose sotto inchiesta la dottrina di Aria anziano e influente presbitero dal passato burrascoso (cf. infra) preposto alla Chiesa di Baucalis. Dopo alcuni tentennamenti, Alessandro prese la sua decisione e invitò il prete a ritrattare; poiché però questi si rifiutò, ed anzi continuò a propagandare la propria dottrina, Alessandro fu costretto a convocare un sinodo locale cui presero parte circa 100 vescovi e che condannò le posizioni di Ario.
Ario fuggì dalla propria città e trovò accoglienza prima in Palestina e poi presso l'influente amico (e condiscepolo di Luciano di Antiochia) Eusebio, vescovo di Nicomedia. Egli intraprese subito una intensa attività epistolare per procacciare appoggi e consensi alla nuova dottrina.
Il concilio di Nicea
Quando, nel 324, Costantino, sconfitto e ucciso il collega Licinio, rimase unico imperatore, non poté tollerare la presenza di tali dissensi all'interno del Cristianesimo, nel cui universalismo scorgeva una forza da non sottovalutare per garantire l'unità dell'impero.
Fallito il tentativo di riappacificare il vescovo e il presbitero, il nuovo imperatore decise di promuovere, anche con il supporto dello Stato romano, la realizzazione di un concilio generale.
Fu così che il 20 maggio 325 2, nel palazzo imperiale di Nicea, Costantino inaugurò, con una cerimonia della massima solennità 3, i lavori del primo concilio ecumenico della Chiesa cattolica; fra i padri conciliari basterà ricordare la presenza di Alessandro d'Alessandria, accompagnato da Atanasio ancora giovane diacono, di Cecilia-no di Cartagine, dei presbiteri Vito e Vincenzo, delegati da Silvestro di Roma e di Ossio di Cordova. Per quanto riguarda le informazioni sui lavori del concilio (dominato, com'è logico pensare, dalla discussione sulla dottrina di Ario), non possedendo gli atti dobbiamo appoggiarci su fonti di altro tipo. La lettera inviata dai padri conciliari alla Chiesa di Alessandria ci informa di come, alla presenza di Costantino, i partecipanti condannarono unanimemente le formule «deriva dal nulla», «non esisteva prima di essere generato» e «c'era un tempo in cui non esisteva», così come la dottrina ariana relativa alla creaturalità del Figlio; ma la lettera ci informa solo su ciò che il concilio condannò e non su che cosa affermò (o su quali basi lo fece) 5. Altra testimonianza utile è quella fornita da Atanasio ne credo di Nicea: ma anche in questo caso non bisogna dimenticare che il vescovo alessandrino non fa opera di storico, ma di teologo e propagandista, concentrandosi solo sul dibattito dottrinale e presentando i due gruppi compatti dei padri conciliari e degli ariani.
Ai capp. 19-20 dell'opera citata, Atanasio riporta alcune delle fasi del dibattito: i padri conciliari affermarono in polemica antiariana che il Figlio non proviene dal nulla, ma «da Dio»; poiché però tale espressione, per gli eusebiani, era comune sia al Logos che agli uomini, i partecipanti al concilio furono costretti a ricorrere all'espressione «dalla sostanza del Padre», che non può essere applicata alle creature (Il credo di Nicea 19, 1-5; CA 3, 17, 2).
Per evitare quindi il pericolo di considerare il Figlio come una realtà separata dal Padre, i vescovi affermarono che il Logos era potenza e immagine del Padre, a lui uguale in tutto. Poiché però anche in questo caso gli eusebiani si trovarono d'accordo nel sostenere che tali espressioni sono comuni al Figlio ed agli uomini, i vescovi furono costretti ad affermare che il Figlio è consustanziale (homooùsios) col Padre e che non fa parte di tutte le creature (Il credo di Nicea 20, 1-5).
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carlo pappagallo il 12 febbraio 2014 alle 09:01 ha scritto:
Si tratta di una delle opere fondamentali della teologia cattolica, un punto di riferimento imprescindibile per la conoscenza e la comprensione della formulazione dogmatica della divinità-umanità di Cristo Gesù, in polemica con l'eresia ariana.
Sant'Atanasio, pur non distinguendosi, come altri Padri fecero, per una particolare originalità di pensiero, si rivela essenziale per la sistemazione e l'argomentazione del dogma cristologico.
L'opera è corredata, come tutte le opere di questa collana, da un'utile, per quanto sintetica presentazione dell'Autore, del testo e del contesto storico in cui esso fu prodotto.