ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Le opere di Evagrio Pontico, dopo la condanna inflitta all'origenismo (15 anatematismi, nei quali furono inclusi anche Didimo di Alessandria ed Evagrio Pontico) nel Concilio Ecumenico di Costantinopoli del 553, andarono in gran parte perdute. Si salvarono quelle in cui si credeva che non comparisse nessuna dottrina contraria all'ortodossia e, di queste, non poche furono tramandate sotto il nome di san Nilo. Fu questo il motivo per cui, per molti secoli, fu perfino difficile indagare il vero pensiero originale di Evagrio, soprattutto in fatto di dottrina teologica. Naturalmente, anche il nome stesso dell'autore rimase pressoché interamente nell'ombra.
«Nel nostro tempo invece — scriveva A. Levasti appena qualche decennio fa — Evagrio Pontico è in auge. Intorno a lui le ricerche, le ipotesi, i commenti, le discussioni si moltiplicano; gli si riconoscono scritti attribuiti da secoli ad altri; gli orientalisti e i grecisti polemizzano
logicamente. I teologi ne indagano il pensiero, meravigliandosi della sua arditezza o scoprendolo quale precursore, in psicologia, della scienza contemporanea. Come mistico ed asceta fu ammirato ed esaltato da migliaia di suoi confratelli del deserto; poi vennero i dissidi, le critiche, le condanne e, per secoli, la sua fama fu offuscata» Può dunque destare qualche meraviglia che a uno scrittore cosa ammirato nel suo primo apparire sia stata riservata una sorte così singolare e così avversa da divenire un bersaglio di condanna e da essere quasi del tutto dimenticato, e che solo in tempi recenti sia stato ripreso, rimesso in luce e, in parte almeno, dite so e giustificato. Eppure le cose sono andate proprio così. Le ragioni occorre ricercarle nell'ambiente, in cui egli venne a trovarsi, come si vedrà più largamente nelle notizie biografiche. Qui si dovrà per ora tener presente che egli, fin dai suoi primi anni, si trovò a contatto con Basilio il Grande e Gregorio Nazianzeno, indubbi ammiratori di Origene. Dopo alcuni anni, risoltosi per la vita cenobitica, passò in Egitto e visse in amicizia familiare con altri monaci, in tutto aderenti alle dottrine origeniane. Ma nel mondo greco, ad opera soprattutto di Epifanio, vescovo di Sala-mina, le opere di Origene erano divenute un obiettivo di viva opposizione. Fu proprio negli anni in cui Evagrio dimorò nel deserto egiziano che venne di moda, tra gli avversari, di designare i sostenitori della dottrina di Origene con il titolo spregiativo di «origenisti». L'opposizione divenne ancora maggiore quando Teofilo, vescovo di Alessandria, aderì alla lotta ingaggiata da Epifanio e indisse prima un sinodo ad Alessandria (401), in cui fu decisa la condanna delle opere di Origene e, subito dopo, venne effettuata la cacciata in esilio di tutti i monaci origenisti dimoranti nei cenobi del deserto. Ma Evagrio non fu compreso in quella sorte, essendo già morto nel 399.
Resta perciò indecisa la parte, più o meno viva, se non addirittura decisiva, sostenuta da Evagrio in quegli anni per l'affermazione delle dottrine origeniane. Gli eventi che seguirono ve lo introdussero fino a esservi compreso nella condanna del Concilio di Costantinopoli del 553. È certo anzitutto che la controversia origeniana rimase ancorata in una prima fase, pur avendo Epifanio di Salamina dichiarato che l'origenismo era la più pericolosa delle eresie. Quanto a Evagrio può sorprendere una prima testimonianza di Girolamo, che pur li si dimostrò avversario, il quale giunse ad affermare che le sue opere erano diffuse in greco e in latino, ed erano oggetto di assidue letture. Altre testimonianze confermano la stessa verità, pur trattandosi, questa volta, di devoti discepoli. Va ricordato anzitutto Palladio che nella sua Storia Lausiaca (c. 38) ci ha lasciato le notizie più ampie finora possedute intorno alla biografia evagriana. Anche l'autore dell'Historia monachorum dice di lui, descrivendo il suo viaggio attraverso il deserto egiziano: «Abbiamo pure conosciuto alle Celle un personaggio molto saggio e ammirevole in tutto, di nome Evagrio». È superfluo aggiungere il nome di un altro discepolo, Cassiano, divulgatore in Occidente dell'ascetismo egiziano, appreso largamente e profondamente alla scuola di Evagrio.
Sempre in Oriente noi possiamo constatare la stima dimostrata dai maggiori scrittori di storia ecclesiastica nei confronti di Evagrio e delle sue opere. Evagrio sembrava dunque al di fuori della controversia origeniana. E invece egli vi fu implicato per vicende apparentemente solo marginali, dovute proprio all'evagrionismo esasperato di certi monaci palestinesi della prima metà del VI secolo: essi dimoravano nella cosiddetta «Nuova Laura», a sud di Betlemme. Contro di loro e le loro dottrine si pronunciò nel 543 l'imperatore Giustiniano. Dieci anni dopo, nel 553, il Concilio di Costantinopoli emanò una quindicina di anatemi, in cui Origene era apertamente condannato. Anche Evagrio vi era effettivamente compreso, e così le sue opere andarono in gran parte disperse.