ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Vita
Le notizie pervenuteci sulla vita di Didimo sono frammentarie e indirette. Diverse le fonti che parlano di lui, anche se non sempre concordano nei dettagli.
Con tutta probabilità, nacque ad Alessandria di Egitto tra il 310 e il 313; all'età di 4-5 anni perse la vista. Tuttavia, nonostante questa grave menomazione, favorito di una straordinaria memoria e di una eccezionale forza di volontà, acquistò una vasta cultura sia teologica che profana, come si può evincere dalla testimonianza dei contemporanei e dalla lettura delle sue opere. La sua formazione teologica è ancorata all'alessandrinismo, di cui è considerato uno dei rappresentanti più autorevoli e, in modo particolare, ad Origene. Fu incaricato da sant'Atanasio della direzione della scuola della chiesa di Alessandria, il famoso Didaskaleion. Non sappiamo per quanto tempo vi abbia insegnato: tuttavia, è certo che la sua vita fu consacrata totalmente allo studio. all'insegnamento e alla vita ascetica Maestro stimato e venerato, ebbe tra gli ascoltatori e ammiratori persone di grande valore conte Palladio, Rufino, Girolamo e, forse, Gregorio di Nazianzo ed Evagrio Pontico. Anche sant'Antonio, il fondatore del monachesimo egiziano, più volte andò a visitarlo nella sua cella, ad Alessandria.
I contemporanei ammiravano in lui sia l'eccezionale scienza teologica, soprattutto biblica, che la forte storie spirituale che da lui emanava, effetto di una vita evangelica eroicamente vissuta. Schivo, amante della solitudine, affabile di carattere, rifuggiva dalle polemiche accese, preferendo la via della convinzione e della dolcezza. Nonostante ciò, non mancò di intervenire in maniera decisa e chiara contro gli errori del tempo, quali il manicheismo, lo gnosticismo, l'arianesimo e le nuove eresie, come il macedonianesimo e l'apollinarismo.
Anche per quanto riguarda la vita ecclesiale preferì restare fuori dei forti contrasti e delle grandi lotte che funestarono l'esistenza della comunità cristiana di Alessandria, durante gli anni travagliati della crisi ariana. Pur mantenendo sempre un atteggiamento fermo e coerente nella professione della fede nicena, non risulta che abbia partecipato direttamente alle dolorose vicende riguardanti la sede episcopale di questa città.
Morì verso il 398, all'età di circa 85 anni.
Durante la controversia origeniaiia (V- VI sec.), segui I la sorte del maestro, di cui aveva difeso la memoria in uno scritto (Socrate, HE 4, 25) e del quale condivideva la dottrina della preesistenza delle anime e dell'apocatastasi. Per questo fu virtualmente condannato, prima, dall'editto di Giustiniano (542.543; cf. Munsi 9, 533AD) e, poi, dal Concilio di Costantinopoli II (553). Anche se il suo nome non si incontra negli anatematismi imposti da Giustiniano al Concilio, tuttavia autori contemporanei, gli alti del III Concilio di Costantinopoli (680-681), esplicitamente affermano che Didimo, assieme ad Evagrio, era stato condannato da quel Concilio. La conseguenza di questa decisione fu, oltre la scomparsa di gran parte del corpus dei suoi scritti, la impossibilita della diffusione e dell'approfondimento del suo pensiero in ambito bizantino.
Opere
Non è nostro compito soffermarci ad analizzare dettagliatamente tutte le opere di Didimo (CPG II, 2544-2572) e addentrarci nella discussione circa la paternità o meno dei singoli scritti. Molto si è scritto a questo proposito e molto si continua a scrivere, senza che, per alcune di esse, si sia raggiunta l'unanimità di consensi. Sappiamo, dalle testimonianze dei contemporanei (cf. Girolamo, De vir. ill. 109), che Didimo pubblicò, durante la sua vita, moltissime opere, la maggior parte delle quali andò perduta in seguito alla condanna del Concilio di Costalitinopoli del 553.