Considerato già dai contemporanei un'autentica autorità in materia di teologia, tanto da meritare unanimemente il soprannome di «Teologo», in realtà il contributo offerto da Gregorio Nazianzeno in campo dottrinale non è significativo tanto sul piano speculativo quanto piuttosto sul piano intellettuale. E, la sua, una teologia di testimonianza, «operaia», che nasce da un'intensa attività svolta concretamente a sostegno della Chiesa e del cristianesimo ortodosso. In questo senso la teologia di Gregorio Nazianzeno corona la sua attività pastorale e riconduce al cuore della sua spiritualità. Nelle cinque orazioni e nelle tre epistole «teologiche», considerate tra i migliori prodotti dell'eloquenza teologica del IV secolo, Gregorio difende l'ortodossia nicena e contribuisce alla definizione del dogma di fede con la passione, la lucidità e il vigore di sempre. In appendice i Carmina Arcana, poesie di altissimo pregio sul piano della storia della cultura, nobilitate dall'orgoglioso tentativo di dare forma e dignità al genere letterario della poesia cristiana.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Il titolo di «discorsi teologici» fu assegnato alla serie di orazioni, strettamente connesse e compaginate insieme, che gli editori Maurini hanno classificato con i nn. 2 7-3 1 della loro raccolta dei discorsi di Gregorio Nazianzeno. Queste orazioni rappresentano il simbolo dell'attività pastorale di Gregorio e ci conducono direttamente all'intimo della sua spiritualità tanto da procurargli presso i posteri il titolo di «il Teologo». Questo fatto può stupire il lettore abituato a considerare ai vertici della teologia greca altri personaggi, che per forza speculativa possono essere considerati più teologi di Gregorio: basti pensare ad Origene, a Basilio, a Gregorio di Nissa. E in effetti, come vedremo poi, gran parte della speculazione teologica del nostro scrittore costituisce uno sviluppo e un approfondimento di quella di Basilio.
La «teologia» è, per Gregorio, qualcosa di ben definito ma, tutto sommato, di non particolarmente «scientifico». Essa indica soprattutto la scienza, la conoscenza delle cose di Dio. Se si fosse domandato al Nazianzeno in che senso egli si sentiva teologo, questi avrebbe forse risposto che si considerava tale perché la sua dottrina su Dio era retta, ispirata alla tradizione della Chiesa, conforme al Concilio di Nicea e corroborata dall'insegnamento autentico dei suoi grandi maestri. Ma non dovette essere solamente questo il carattere essenziale che il mondo bizantino scorse in Gregorio di Nazianzo. Come osserva lo Spidlik, nella tradizione orientale Giovanni Evangelista chiamato «teologo» perché all'inizio del suo Vangelo rende testimonianza alla divinità del Logos. Gregorio perciò rende la medesima testimonianza e vuole essere «l'araldo fedele della divinità». In sostanza, quindi, la teologia è l'impegno, lo sforzo costantemente dedicato alla difesa della Trinità tutta intera contro le bestemmie degli eretici, ma questa difesa si attua non solo sul piano intellettuale ed erudito, bensì anche con la spiritualità e l'ascesi. «Se la filosofia è uno stato di vita, la teologia è soprattutto una funzione», osserva Spidlék riprendendo le parole dello Szymusiak.
Ciò è confermato da quanto dice V Lossky 3, secondo il quale il titolo di «teologo» fu attribuito a Gregorio in virtù della sua dottrina spirituale. Questa spiritualità fu talvolta segnata da errori e da debolezze umane, da momenti di sconforto e di disperazione: questi sentimenti, uniti a una grande sensibilità e a un'ombrosa timidezza, lo indussero talora a provare risentimento anche verso il suo più grande amico, Basilio, al quale Gregorio rimproverò di non averlo tenuto nel debito conto. Debolezze, senza dubbio, quali si incontrano ovunque e in ogni tempo, per cui non c'è da meravigliarsi che abbiano segnato anche la vita di Gregorio: eppure, quanta sensibilità nei rapporti umani, quanto entusiasmo; quanta dignità, anche, allorquando giunse il momento di accorgersi di essere stato tradito o, comunque, di aver trovato soltanto della ingratitudine presso coloro che credeva di aver beneficato! Quando fu necessario, nonostante tutte le debolezze e le vanità del passato, Gregorio seppe trarsi in disparte abbandonando — e non fu cosa da poco — persino l'autorità che gli veniva dalla cattedra di Costantinopoli, per ritirarsi alla vita di solitudine e di sofferenze nella isolata e asfittica comunità di Nazianzo, lui, che era stato il vescovo della capitale dell'Impero e aveva trattato da pari a pari con l'imperatore Teodosio.
Tutta la vita di Gregorio, dunque, fu spesa a sostegno e in difesa della teologia, ed egli annunciò, appunto, questa «teologia» non solo con la parola, ma anche con la testimonianza della propria vita, anche correndo il rischio di essere ucciso. Gregorio non fu soltanto al maestro della ortodossia nicena, l'autore di ben architettate formule che illustrano il rapporto tra il Padre e il Figlio all'interno della natura divina, il tenace sostenitore della divinità dello Spirito Santo e del homoúsion della terza Persona della Trinità, polemizzando in questo persino con Basilio; nell'insegnamento scritto di Gregorio si rileva, ad ogni istante, una partecipazione umana che non è puro e semplice sentimentalismo o l'impressione epidermica di un momento: la teologia di Gregorio implica la dottrina della salvezza, il mistero della generazione e della incarnazione di Cristo, l'ascesi che impegna l'uomo a diventare simile a Dio qui in terra, la purificazione che è compito del cristiano in vista della conoscenza che gli è riservata nel cielo, nella unione con la divinità, allorquando Dio sarà tutto in tutti. L'astrattezza è l'ultimo dei difetti che possano caratterizzare la predicazione di Gregorio.
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P S il 11 ottobre 2015 alle 20:06 ha scritto:
Stiamo parlando di un grande padre della Chiesa dei primi secoli. Eppure i discorsi teologici, benché così antichi, sono sempre attuali. Consiglio di leggerlo e non solo questi, anche gli scritti di Atanasio, di Basilio, di Gregorio Magno. La chiarezza di questi grandi santi, grandi teologi dovrebbe far riflettere tutti, questa è la vera fede che così chiaramente si esprime! Torniamo alla Tradizione, non dimentichiamo da dove veniamo e la nostra storia cristiana.