I Padri Apostolici sono gli autori più antichi, dopo il Nuovo Testamento. I loro scritti, composti entro la prima metà del II secolo, riflettono l'ambiente delle prime generazioni cristiane e rivestono per questo uno speciale interesse. In essi, infatti, si coglie il nucleo del primo annuncio della fede e della morale cristiana a confronto con il paganesimo e il giudaismo. Gli Autori non erano scrittori di professione, ma scrivevano per i cristiani con un linguaggio comprensibile e semplice; uno stile umile che fa cogliere attraverso le parole i sentimenti più profondi dell'anima e della vita umana.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Nel 1976 Antonio Quacquarelli pubblicava in questa Collana di Testi Patristici la traduzione dei Padri apostolici curandone anche l'introduzione e le note. In oltre trent'anni si sono moltiplicate le traduzioni, le ricerche e gli studi su queste opere che hanno attirato l'attenzione degli studiosi poiché si tratta degli scritti cristiani più antichi dopo quelli del Nuovo Testamento. Si è reso, dunque, necessario rivedere il lavoro di Quacquarelli aggiornando le introduzioni delle singole opere e consultando le eventuali nuove edizioni. Nonostante ciò, il presente volume si pone in continuità con il lavoro di Quacquarelli condividendone sostanzialmente l'impostazione e le finalità, anche se ovviamente tiene conto delle più recenti acquisizioni scientifiche. Al grande studioso pugliese, infatti, va ascritto il merito di aver diretto la Collana di Testi Patristici, contribuendo a diffondere il sapere cristiano per mezzo delle traduzioni delle più famose e importanti opere dei Padri della Chiesa. Tra i lavori più apprezzati e di maggior pregio di Quacquarelli è proprio la traduzione dei Padri apostolici, che lo studioso volle collocare tra i primi volumi della collana sottolineandone l'importanza ai fini della comprensione del cristianesimo delle origini. In questa sede, dunque, mentre si offre una nuova traduzione, è doveroso rinnovare sensi di gratitudine e di ammirazione per un maestro che ha segnato la storia degli studi patristici in Italia e sulle cui orme tentiamo di incamminati.
Con il nome di Padri apostolici sono quegli scritti che si caratterizzano per la loro antichità e il loro aggancio con l'età apostolica e che, per (mesto, sono una fonte primaria per lo studio del cristianesimo primitivo, specie dell'età sub-apostolica (ca. 70-150 d.C). Questa denominazione non fu data né nell'età patristica, né nel medioevo, ma nell'epoca moderna da J.B. Cotelier, che nel 1672 pubblicò una raccolta di scritti comprendente Barnaba, Clemente Romano, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne e il Pastore di Erma . Successivamente a questo gruppo furono aggiunti i frammenti di Papia di Gerapoli e l' epistola A Diogneto e poi nell'800 dopo la scoperta di Filoteo Bryennios fu immessa. anche la Didachè. Di ognuno di questi autori e opere daremo notizie più dettagliate nelle rispettive introduzioni delle singole traduzioni.
Le opere dei Padri apostolici furono composte entro la prima metà del II secolo, perciò riflettono l'ambiente delle prime generazioni cristiane e rivestono uno speciale interesse per il fatto che vennero composte in un periodo nel quale il Nuovo Testamento era ancora in formazione e non appariva ancora come un corpus ben definito. In quel contesto i fedeli si basavano ancora sulla memoria viva della tradizione orale e le strutture ecclesiali non erano ancora stabilizzate, anche se le radici del monoepiscopato, come sistema di governo della Chiesa, e la consapevolezza di una regula fidei vanno cercate proprio in questo periodo. In tal senso, è emblematico notare come gli autori di questi scritti, molti dei quali purtroppo restano anonimi, andassero alla ricerca affannosa di tutto quanto concernesse Cristo, per cui pur scrivendo da luoghi diversi, chi da Roma, chi da Antiochia, chi da Smirne, esprimono una unità di fede fondata su Cristo e sulla predicazione apostolica.
Gli autori di queste opere non erano scrittori di professione, ma scrivevano per i cristiani, con il linguaggio comprensibile e semplice con cui si rivolgevano ai loro fratelli nella fede. Per lo più essi seguono la parola di Dio che i loro interlocutori conoscono e su cui fondano i loro ragionamenti, per questo non hanno bisogno di particolari sistemi filosofici, né di discorsi eloquenti e raffinati, ma di riflessioni che rievocano l'esperienza che ogni giorno essi fanno delle cose che cadono sotto i loro occhi. Siamo, dunque, di fronte ad un genus dicendi simplex, lo stile umile che fa cogliere attraverso le parole i sentimenti più profondi dell'anima e della vita umana. In tal senso, non si dovrà ricercare in queste opere le grandi e complete dottrine teologiche che caratterizzeranno il prosieguo della letteratura cristiana antica, bensì si dovrà avvertire l'esperienza di Cristo che gli autori si sforzano di testimoniare con la vita. In altri termini, si è di fronte ad una teologia vissuta e insegnata che ben si adatta agli uomini di ogni tempo e luogo, dal momento che dall'esperienza di Cristo si ricava una lezione ricca di motivazioni, condotta con umiltà e chiarezza, che da una parte rivela l'uomo a se stesso, dall'altra lo innalza alla contemplazione dei grandi misteri del Dio vivente.
La tentazione dell'anacronismo è sempre alle porte, quando si leggono le opere antiche, specie quelle che hanno un grande significato per i lettori, in particolare peri credenti cristiani; il che evidentemente non ne favorisce la comprensione. Per questo, quando si leggono i Padri apostolici si deve tenere presente che la Chiesa, sebbene avesse già tutto l'essenziale, ovvero la dottrina, i sacramenti e la gerarchia, era ancora ai suoi primissimi passi e quel nucleo primitivo e ristretto di cristiani si muoveva in un ambiente molto diverso dal nostro per mentalità, pensiero, costumi ed istituzioni. È evidente che ci dovesse essere un profondo legame tra i membri delle singole comunità e tra le comunità fra loro e che tutti conoscessero i pastori e i pastori i membri delle loro comunità. Nonostante ciò, non è corretto pensare che la Chiesa primitiva fosse del tutto diversa da quella che è giunta a noi, perché «è sempre la stessa Chiesa, lo stesso corpo di Cristo che lega in sé uomini di varie civiltà e di vari secoli: è sempre lo stesso mistero di unione e di amore». Questa ermeneutica della continuità è una chiave utile per aprire lo scrigno della comprensione dei testi dei Padri apostolici e ritornare ad una fonte così feconda per la fede e la spiritualità cristiana. Atteso ciò, l'alveo vitale in cui collocare le opere dei Padri apostolici è quello della predicazione cristiana primitiva che, favorita dall'unione politica di tutto il mondo sotto l'impero romano e dalla lingua comune greco-ellenistica penetrata ovunque, raggiunse ebrei e pagani.
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Prof. Stefano Coccia il 7 maggio 2013 alle 13:28 ha scritto:
Libro davvero bellissimo ed eccezionale. Leggere queste pagine mette i brividi perché è come sentir parlare dei problemi di oggi. Leggere opere di santi come Ignazio d'Antiochia, Policarpo di Smirne è qualcosa di unico. Avessimo un po di santità che c'era in quel tempo.