Oltre l'homo oeconomicus. Felicità, responsabilità, economia delle relazioni
(Idee. Economia)EAN 9788831101622
La collana «Idee/Economia», diretta da Luigino Bruni, si impreziosisce di un ulteriore contributo, ad opera di Leonardo Becchetti, ordinario di Economia Politica a «Tor Vergata», il quale, in oltre 250 pagine intense, cerca di far emergere, riuscendovi, un invito alla cultura contemporanea a delineare uno dei suoi compiti essenziali: integrare la dimensione dell’essere con quella del fare, approfondendo l’importanza dello scambio di doni, che collegano il piano delle relazioni a quello dell’operatività individuale e sociale. L’autore opportunamente osserva che oggi, a differenza del passato, è possibile «verificare empiricamente ciò che rende una persona realizzata» (5) e che sono sempre più frequenti le indagini sulla felicità, tanto da poterne quasi delineare una sorta di DNA, che «coincide solo in parte con quelle ipotesi a priori sulle quali le diverse scienze sociali fondano il loro concetto di persona».
E Becchetti dunque, prima ripercorre il cammino di queste indagini studiando «l’economia della felicità», spiegando «perché siamo tornati ad occuparcene» (19-25), quindi analizza «il rapporto tra reddito e felicità» e ricorda espressamente «la lezione di Scitovsky sul rapporto tra comfort e stimoli», la quale peraltro è stata oggetto di altro volume apparso sempre nella stessa collana (Cf Angelo Sconosciuto, Recensione a Tibor Scitovsky, L’economia senza gioia, in questa Rivista, anno I/2, 2007, 312-313). L’autore, quindi, passa ad occuparsi di «felicità e vita di relazioni», evidenziando alcuni paradossi, riferendo i dati su felicità e relazione, ponendo quesiti, nell’ultimo capitolo, su «la felicità come criterio per le scelte di politici ed economisti» (75-100). Guardando al nostro oggi, Becchetti avanza un’ulteriore do-manda: «Possono queste considerazioni generali aiutarci a interpretare alcuni fe-nomeni importanti dei nostri tempi come il crescente euroscetticismo? Probabilmente sì – risponde – se osserviamo come il pensiero debole delle istituzioni europee abbia progressivamente fatto esaurire (…) le motivazioni ideali che hanno spinto i cittadini europei ad avviare il percorso comunitario dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e ha parzialmente nascosto alcuni valori profondi di cui l’Europa potrebbe farsi o è già portatrice. In altri casi – prosegue – dietro il pensiero debole si sviluppa un’azione normativa fondata su un concetto di persona sicuramente diverso da quello emergente dagli studi sulla felicità con paradossali effetti sulla felicità collettiva» (9). Ecco perché occorre che ci domandiamo, e le istituzioni europee dovrebbero fare altrettanto, «se non siano queste motivazioni profonde che alimentano l’euroscetticismo.
Se non sono dunque le élites “avanzate” che hanno perso il contatto con le persone e le loro esigenze costitutive piuttosto che la base dei cittadini europei a non capire le istituzioni delle élites avanzate» (9-10)». E dunque, ad una prima parte del volume, che prende in esame gli studi sulla felicità, per individuare gli elementi essenziali che fondano la felicità umana, lo studioso fa seguire una seconda parte, nella quale – in due capitoli articolati – si occupa delle «sfide poste dall’economia della felicità» ed in particolare del tema della «ridefinizione dell’homo oeconomicus». Becchetti, con efficacia di lin-guaggio, prima affronta il tema di quella che egli chiama «la torre di Babele e la sfida della complessità», nel quale si sofferma ad analizzare quelli che potrebbe-ro definirsi i «saperi contro» e così, dopo «economisti contro ambientalisti» (106), ecco «economisti contro giuristi» (109) e, infine, «economisti contro antropologi ed altri scienziati sociali» (112). «È chiaro, a questo punto, che l’argo-mento di fondo di questa trattazione è di evidenziare come si possano definire schematicamente due tipi di scuole di pensiero, di fronte al problema dell’antro-pologia dell’uomo economico. Da una parte chi cerca di difendere un armamen-tario superato e pensa che la scienza economica debba necessariamente difendere il principio dell’individualismo massimizzante «miopemente autointeressato»», osserva ancora e così introduce la riflessione sull’«Accettare la sfida della complessità», evidenziando i paradossi di una visione parziale dell’uomo, che non integra tutti gli elementi costitutivi. Si apre così la strada per studiare e prospettare «elementi per la rifondazione della teoria dell’homo oeconomicus e dell’impresa».
Becchetti, chiede e si chiede: «Cosa impariamo dagli studi dell’economia della responsabilità sociale?». Fondamentali sono i due paragrafi su «l’economia della responsabilità sociale e dei tre pilastri come passo in avanti nella democrazia economica» (213). Se i due pilastri, imprese for profit e istituzioni non sono sufficienti «è la società civile che, con la sua azione decentralizzata (le decisioni di consumo e di risparmio) e con quella organizzata (le associazioni non governative o di terzo settore, le imprese sociali di mercato), si propone di dare un impulso decisivo nella direzione di uno sviluppo socialmente ed ecologicamente sostenibile, svolgendo un ruolo di supplenza, con l’obiettivo di non essere però un sostituto permanente di un nuovo sistema di regole ma, al contrario, di svolgere un ruolo di advocacy attiva e, dunque, di creare consenso per la definizione stessa di queste nuove regole» (215). «L’economia dei tre pilastri e della responsabilità sociale arricchisce, dunque, gli strumenti d’intervento e di partecipazione politica dei cittadini» (216) dice ancora l’autore, che subito dopo riflette sulla rilevanza e la capacità di con-tagio del consumo e del risparmio socialmente responsabili. Si considerano, dunque, alcune esperienze dell’economia sociale responsabile che, cercando di riportare la dimensione del «dono reciprocante» rappresentano esperimenti e tentativi di integrare il piano dell’essere e del fare, collegando operosità sociale e realizzazione della persona.
A conclusione di ogni capitolo dell’avvincente avventura culturale proposta, Becchetti offre un’accurata bibliografia, che invita ad allargare gli orizzonti di ciascun lettore il quale, a libro chiuso si rende davvero conto che – come efficacemente sottolinea l’ultima di copertina – «il denaro non fa la felicità: questa massima della cultura popolare è oggi confermata dalle indagini sulla felicità che sottolineano il ruolo determinante dei beni relazionali», a palese smentita di quanti, scienziati sociali, continuano a proporre modelli riduttivi della persona, quando invece è necessario tener conto di tutte le sue dimensioni.
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 2/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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