Libertà e responsabilità. La filosofia di Hans Jonas
(Idee. Filosofia e Antropologia)EAN 9788831101509
La biografia di Jonas, che precede la trattazione del suo pensiero, risulta ben scritta, con spunti originali dovuti ai colloqui dell’Autrice con la moglie Lore e alla consultazione di materiale inedito, e fornisce un inquadramento atto a considerare correttamente la genealogia di questo spirito filosofante. Furono infatti le «esperienze estreme» (p. 5) di cui la vita di Jonas fu ricca, come la militanza nelle associazioni sioniste, l’esilio nella giovinezza, la partecipazione al conflitto mondiale e la diaspora negli anni della maturità, a imprimere un afflato impegnato e pratico alla sua opera.
Il lavoro di Jonas sembra agli inizi incardinarsi nel filone accademico con le ricerche sul concetto di Gnosi, tema cui dedicherà la sua prima opera in preparazione del dottorato, assistito da Martin Heidegger e Rudolf Bultmann. In realtà, come il lavoro dei suoi maestri si rivolgeva ai testi della tradizione per ricostruire il «senso primitivo delle parole più semplici», apprendendo l’Urphänomen in cui esso s’era condensato, così la «Gnosi», secondo l’Autrice, è il pretesto per approntare con gli strumenti dell’analitica trascendentale heideggeriana e della fenomenologia «un dialogo con tale forma di nichilismo antico», il quale avrebbe giovato alla comprensione del «nichilismo moderno e tardo-moderno» (pp. 23-24).
Dopo aver delineato questa prima fase ed aver messo in luce la Kehre del secondo dopoguerra in direzione di un fecondo confronto con le scienze della natura, conseguente «a cinque anni di servizio militare nell’esercito inglese nella guerra contro Hitler» (p. 5), l’Autrice dedica i primi quattro capitoli della monografia ad una ricostruzione minuziosa, a tratti manualistica, di tutto il pensiero di Jonas fino alla morte. In particolare due opere capitali, Organismus und Freiheit. Ansätze zu einer philosophischen Biologie e Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die technologische Zivilisation, fungono da nuclei portanti per l’esposizione del pensiero jonasiano, la quale si mostra curata e approfondita ma forse affaticata dall’alternarsi molto frequente di citazioni dai testi e rimandi in nota.
Carichi di importanti sviluppi teoretici sono gli ultimi due capitoli, in cui l’Autrice trae le fila del ragionamento dipanato nella prima parte del volume, chiarendo così la problematica sottesa all’intero lavoro di ricerca condotto sulla philosophische Biologie jonasiana. A partire infatti dal rapporto stretto tra filosofia e scienza, il lavoro di Jonas è teso a delineare una nuova oggettività, la cui ontologia, che non vuole ricadere nella metafisica tradizionale, è fondamento per una dottrina di doveri e valori da cui sono poi dedotte conseguenze politiche ed antropologiche relative alla posizione dell’uomo nel mondo, sintetizzate nel celebre «principio della responsabilità», se è vero che «la permanenza della vita umana sulla terra […] acquisisce la necessaria universalità induttivamente a partire dalla considerazione delle evidenti richieste dell’oggetto, la natura che si esprime nei suoi epifenomeni, nel contesto storico della tardo-modernità» (p. 215).
Uno dei punti tematizzati nel volume è il fondamentale ruolo di «apripista» (p. 158) del filosofare jonasiano per il confronto con la biologia e le scienze in generale: Jonas si mostra oggi istruttivo perché ha anticipato questioni al centro del dibattito contemporaneo e perché egli si è interrogato sul senso di una filosofia della natura nell’era della «civiltà tecnologica», non pago dell’opinione, già allora diffusa, per cui il paradigma scientifico-biologico si mostrerebbe esaustivo nei confronti della realtà. Le scienze hanno compiuto straordinari progressi e mostrato la loro potenza forgiando un’epoca intera secondo la loro struttura, ma proprio per questo esse danno a pensare più di prima, richiedendo una fondazione più solida ed originaria. Le scienze della vita hanno sorpassato nel secolo scorso la filosofia, mettendo in discussione la nozione tradizionalmente accettata di «natura», ma le hanno lasciato il compito di comprendere e ripensare il nuovo archetipo naturalistico, bisognose di un adeguato supporto concettuale per poter proseguire efficacemente le loro ricerche.
Il fallimento della proposta moderna di costituire un metodo universale per le scienze e lo scardinamento del paradigma della certezza, la crisi manifesta delle filosofie della coscienza e del soggetto trascendentale, l’affermazione d’impotenza o debolezza della ragione postmoderna: questi luoghi comuni del pensiero contemporaneo sono ricondotti dall’Autrice alla rivelazione epocale, custodita oggi dalle scienze della vita, di una «natura» che non è più il palcoscenico immobile ed incorruttibile su cui l’essere umano pensa, agisce o trasforma, ma piuttosto un centro autonomo di mutamento ed attività. Secondo il nuovo paradigma biologico, la natura non può esser ridotta al semplice non-io posto dall’io, al quieto sfondo dinanzi a cui giocano gli attori della storia, poiché se ne esibisce incontrovertibilmente l’essenziale fragilità, mutevolezza e storicità. In questi termini, la biologia filosofica può avanzare nuovamente la pretesa di costituirsi come ontologia e dottrina morale, soprassedendo sulla problematicità di un collegamento immediato tra l’essere e il dovere, al punto da contestare apertamente il vincolo classico della legge di Hume. Solo così si giustifica, secondo l’Autrice, l’accezione ontologica e normativa che le scoperte della biologia rivestono nella filosofia di Jonas, che tende ad assorbire – nella sua ontologia dai tratti aristotelici – i contenuti di una intera tradizione di studi filosofici e naturalistici.
La prospettiva di Jonas, in tale fase di assimilazione «organica» del pensiero scientifico, si configurerebbe allora come reinterpretazione complessiva della filosofia moderna, da Descartes a Hegel, operata ripensando la teoria dell’evoluzione di Darwin. Jonas tenterebbe in tal modo di escogitare una soluzione alternativa al tradizionale dualismo forma/materia (risalente al razionalismo moderno) e al monismo materialistico proprio del biologismo, allo scopo di comprendere il fenomeno della vita secondo la peculiare «sistematicità» ed «organicità» dei suoi costituenti strutturali ed adeguando fenomenologicamente il metodo della ricerca alla natura della cosa stessa (cfr. pp. 62-67). La filosofia, in un ruolo eminentemente metafisico, ridefinisce in questi termini la relazione gnoseologica e ridetermina la categoricità dell’imperativo morale sulla base della «rinnovata consapevolezza di questa paradossale, e per certi aspetti tragica, separazione-comunanza del soggetto con l’oggetto», e di un «dover essere dell’essere», per cui «la comunità degli esseri corresponsabili» è in definitiva il luogo a cui «è affidata la custodia dell’essere umano e del suo oikos» (pp. 213 e 219). Spetta alla filosofia il compito di ricostruire un umanesimo che esibisca l’irrinunciabile ruolo dell’uomo in quanto coscienza cui l’essere affida se stesso, pregiudizio supremo secondo cui la specie umana può avanzare la pretesa di sopravvivere alla storia, a patto di vincere non l’essere, bensì la propria ambizione senza limite.
Il volume di Angela Michelis si presenta in definitiva come una buona monografia su Jonas, che analizza, talvolta in forma un po’ divulgativa, i tratti centrali e più significativi della sua concezione, con uno sguardo a temi che da qualche tempo sono al centro dell’interesse non soltanto accademico, ma politico e dell’opinione pubblica, per gli effetti ormai tangibili della questione energetica e climatica sulla quotidianità. In una fase storica fluida e colma di possibili come la nostra, un rinnovato forte appiglio teoretico come quello proposto da Jonas, discutibile ma senza dubbio affascinante e penetrante, può fornire un supporto o quanto meno uno stimolo alle intelligenze che dovranno adoperarsi a governare le sorti del nostro presente.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Nel ricostruire la filosofia di Hans Jonas l’Autrice rileva anzitutto come l’esperienza della seconda guerra mondiale (cinque anni di servizio militare nell’esercito inglese, la perdita di amici, conoscenti, parenti e della stessa madre ad Auschwitz) abbia determinato una svolta nel suo indirizzo intellettuale: dedito allo studio della gnosi , si rese conto che le categorie idealistiche, fenomenologiche ed esistenzialistiche non erano più adeguate a comprendere gli uomini nella loro dinamicità e complessità. La precarietà della corporeità, sempre sospesa tra la vita e la morte in situazione di guerra, gli fa capire l’importanza di fondere interiorità ed esteriorità nell’organismo vivente.
Pertanto, attraverso i concetti-chiave di libertà e di responsabilità, individuati come centrali nel suo pensare, Jonas ricerca la fondazione di una rinnovata capacità degli esseri umani di pensare, dialogare, agire insieme e nei riguardi della natura, che sappia rispondere alle nuove situazioni culturali, sociali, scientifiche tecnologiche e ambientali. A questo fine, imprescindibile diventa la salvaguardia della continuazione della vita sulla terra che connette necessariamente la riflessione etica a quella ecologica, a partire dall’esperienza e dalla sua riflessione sul linguaggio. Da questi pochi rilievi si evince l’attualità straordinaria di questo pensatore che l’Autrice ha seguito con puntualità e impegno nel suo itinerario speculativo, facendo ricorso abbondantemente alle sue stesse parole: un «pensare che egli stesso connota come orizzontale e dunque storico» (p. 239).
Chi in base a tale affermazione desse alla sua speculazione una interpretazione immanentista, a mio avviso, sarebbe in errore, sia per la sua fede ebraica che fa da fondale al suo pensiero, sia per l’apertura alla trascendenza presente nella sua tappa ultima. L’Autrice non contenta di aver documentato con assoluto rigore quanto dice nel testo, fa seguire al suo dettato, limpido e chiaro, una Bibliografia di e su Jonas, molto ampia e aggiornata, comprendente libri, articoli e anche recensioni in varie lingue. Per tutto questo il volume costituisce un prezioso sussidio per chi vuole accostare Jonas e trarne suggestioni per la salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 2/2008
(www.pfse-auxilium.org)
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