Citazione spirituale

L'uomo, anelito all'infinito

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Tra archeologia religiosa e storia dal Paleolitico all'avvento del Cristianesimo

 
di

Elena Olivari


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EAN 9788830817227

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Descrizione
Tipo Libro Titolo L'uomo, anelito all'infinito - Tra archeologia religiosa e storia dal Paleolitico all'avvento del Cristianesimo Autore Editore Cittadella EAN 9788830817227 Pagine 310 Data febbraio 2020 Collana Studi e ricerche. Sez. storica
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, moniapelucchini@gmail.com il 12 febbraio 2021 alle 11:28 ha scritto:

“Amore”, “vita/morte” sono i temi più profondi che hanno ispirato poeti e narratori di tutti i tempi. Ognuno con le sue parole ha offerto un modo diverso di vedere l’infinito, l’ignoto e tutte le suggestioni che fanno parte del mistero ultimo della vita. Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Sono le grandi domande alle quali l’uomo ha tentato di rispondere sin dall’origine dei tempi, trovando sempre e solo in Dio, e nel mistero di un oltre, la sua pienezza.
Gli autori Daniele Cogoni ed Elena Olivari, sacerdote e docente di teologia dogmatica lui, laureata in lettere classiche e appassionata ricercatrice lei, attraverso un percorso scandito da notevoli approfondimenti su reperti archeologici e fonti storiche, mettono in luce come “il mistero della morte e la sete di eternità” siano gli aspetti determinanti che hanno spinto l’uomo alla ricerca del soprannaturale. Nel loro libro essi vogliono dimostrare come già nella preistoria la religiosità fosse un aspetto ineludibile che caratterizzava l’umano e come proprio da questo aspetto emergesse non solo la luminosità dell’uomo ma anche il suo più profondo anelito proteso verso Cristo.
Il libro, scandito da due capitoli, “Archeologia religiosa preistorica” e “Archeologia religiosa storica”, offre una ricca “Introduzione” e un’avvincente “Prefazione” del Card. Edoardo Menichelli. La “Conclusione”, dedicata all’archeologia cristiana, si completa con una bella “Appendice fotografica” curata da Marco Gentilozzi dove tutti i temi trattati emergono nei loro dati archeologici più salienti.
Dopo le precisazioni introduttive sulla religiosità, sull’archeologia religiosa, sulla scrittura, sul rapporto tra fonti storiche e archeologiche, nonché sul rapporto tra religione naturale e religione rivelata, l’attenzione alla vicenda umana nel suo protendersi verso l’Assoluto diventa saliente.
Come si attesta nel primo capitolo, il desiderio di infinito è riscontrabile già nel paleolitico, nelle ritualità funebri. Successivamente lo sciamanesimo, il culto della dea madre, l’arte parietale, il megalitismo… rappresentano “un processo spirituale condiviso” da tutti gli uomini i quali percepivano la loro condizione di fragilità in un contesto naturale tanto incontaminato quanto pericoloso. L’uomo primitivo già cercava risposte sul senso della vita e si interrogava sul dopo la morte, consapevole di una Presenza che, pur se misteriosa e indecifrabile, avrebbe dato un senso all’esistenza. Da qui la necessità di imparare a comunicare “l’incomunicabile” attraverso le più grandi invenzioni della storia: quelle dei simboli e della scrittura. Quest’ultima, nel suo sorgere, parrebbe avere avuto una funzione sacrale. La sua diffusione portò al tentativo di esprimere e tramandare le diverse credenze religiose, dando prova di come essa sia non solo la più grande “invenzione mondiale” sorta misteriosamente, quasi in contemporanea, su diversi siti geografici e tipologie culturali, ma anche il più adeguato veicolo di espressione dell’interiorità umana e dello stesso Mistero.
Nel secondo capitolo si attesta come nella società ellenistica si affermarono i miti, ossatura dei poemi omerici. Essi offrivano spunti per una riflessione politica e religiosa e più tardi saranno anche legati allo sviluppo di una filosofia che indaga il destino dell’uomo e in particolare il tema dell’immortalità dell’anima. La scrittura contribuirà allo sviluppo delle grandi religioni mondiali, le quali si riconoscono nelle loro “scritture sacre”. Emblematico è che per ebrei e cristiani la fede si fonda proprio sulla “Parola di Dio” custodita nelle Sacre Scritture, una Parola che, nel credo cristiano, si è “fatta Carne”. Il grande e “poliedrico evento” della nascita di Gesù, della sua morte e risurrezione nonché il sorgere del cristianesimo a lui connesso (questioni indagate tutte sulla base delle fonti storiche e archeologiche) è definito nel libro “la cesura per eccellenza” all’interno della storia, un unicum senza precedenti è infatti non solo l’annuncio dell’Incarnazione e della Resurrezione di Cristo ma anche la promessa di una vita dopo la morte per chi crede nel suo Amore: risposta alle attese più profonde dell’umanità. Gli insegnamenti della Kabbalah ebraica, come anche la grande attenzione e venerazione che i Greci e i Romani avevano verso i loro defunti, continuavano ad essere segnali forti della necessità di affidarsi ad una giustizia superiore a quella umana mediante la quale risolvere il problema della morte. Cristo con la sua resurrezione “ha portato a compimento ciò che l’umanità attendeva da sempre” fornendo una risposta definitiva. Certo è che Gesù appariva assai scomodo agli occhi dei suoi contemporanei in quanto vissuto nel periodo in cui il potere era in mano al “Princeps” mentre Egli veniva considerato addirittura un “altro Princeps”, seppur di natura completamente diversa. Tra il I° e il II° sec. d.C. vari romanzi e satire alluderanno ai Vangeli, ciò mette in luce come l’evento del cristianesimo fosse tutt’altro che marginale; l’esempio più famoso è rappresentato dalla Cena di Trimalcione tratta dal Satyricon di Petronio accuratamente analizzato.
Il libro, scandito da spiegazioni chiare ed esaustive pur nella complessità degli argomenti, colpisce per il forte connubio tra storia e religione, e per la continua interazione tra umano e divino. Si può notare in esso come l’uomo di ogni tempo cerca di dare un senso alla propria vita partendo dalla morte, che lo spinge a guardare “oltre”. Se la novità più grande rivelata da Gesù sarà la sua resurrezione è perché ciò costituisce una risposta chiara e definitiva, pervasa dall’amore. Dall’uomo primitivo fino alle grandi civiltà greca e romana il culto più importante era quello dei morti, dettato però da un amore che neanche il distacco può spezzare. Questo sentimento innalza l’uomo a riflettere su un infinito, un’eternità a cui è destinato. È all’apice di questo percorso che Dio manda Suo Figlio per amore, rispondendo perfettamente all’esigenza innata di essere amati.
Il libro indagando il senso dell’esistenza attraverso l’analisi archeologico/storica dice molto del cuore dell’uomo alla ricerca continua di un Dio Amore a cui affidarsi e nel quale bearsi.
Cardini del cammino religioso dell’umanità tracciato dagli Autori sono pertanto l’amore e la morte redenta: “l’amore come elemento di superamento della morte, come trasformazione della morte in vita, come canale privilegiato del rapporto con Dio”. Lo stesso Gesù “si è posto al centro della danza tra la morte e la vita”, redimendole trasfigurandole e riconciliandole in Sé in un modo impensabile all’umana ragione, tanto che la Chiesa nella sua liturgia può proclamare con fede: “la via non è tolta ma trasformata”.
Testimonianza di questa trasformazione è non solo l’esito escatologico e la comunione con i defunti a cui giunge tutta la ricerca, ma anche l’interessante apparato fotografico che impreziosisce il libro che, nel suo insieme, gli Autori considerano un “modesto abbozzo senza pretese”, ma che il Card. Menichelli, nella sua prefazione ritiene essere un “bel testo”, “bello da leggere”.

Monia Pelucchini

il 22 febbraio 2021 alle 15:18 ha scritto:

Gli autori, don Daniele Cogoni e Elena Olivari, ci presentano un testo notevole, scritto a quattro mani (una tecnica non facile), dove competenze diverse e ben bilanciate si fondono verso un unico obiettivo, dove il fenomeno religioso si legge attraverso il suo strutturarsi storico concreto, il suo prendere spessore nel tempo (nel suo divenire), il suo determinare e determinarsi nel contesto con altri fenomeni umani, quali l’organizzazione della società, il formarsi della mentalità, l’imporsi e il costruirsi di ambienti sociali diversi. Il libro appare come una via verso il sacro, corredato da una speciale segnaletica, offerta in maniera pertinente e fruibile dall’archeologia religiosa, di cui il testo si compone, diviso in due corpose parti (due capitoli: dedicati uno all’archeologia preistorica e l’altro all’archeologia storica) e una bella appendice fotografica.
La lettura diventa una proposta per un percorso reale (non virtuale!), in quanto, attraverso l’incontro di “porzioni” di vita vissuta (che l’archeologia con dovizia di particolari ci racconta) e “siti” concreti, si può nutrire la mente e sostare con gusto.
In Italia le scienze religiose sono spesso slegate alle grandi tradizioni culturali non confessionali, che contraddistinguono invece gli studi teologici tedeschi, antropologico-sociali inglesi e storico-mitologici francesi; questo lavoro viceversa presenta un carattere di novità a riguardo, infatti, sottolineando l’approccio fenomenologico, fa emergere ciò che distingue la religione da altre dimensioni e ci permette di identificare i caratteri irriducibili del fatto religioso. L’innesto tra discipline diverse, considerate in sinergia tra di loro, consente e mostra una religiosità mai avulsa dal contesto, ma dentro le forme storiche che di volta in volta i credenti si danno e radicata nei cambiamenti delle forme di culto. Profonde e diverse tradizioni culturali si celano dietro alle istituzioni religiose. Trapela, pertanto, di fronte all’urgenza del bisogno di ricomposizione, l’utilità di comparare metodi diversi, per superare una diffusa dicotomia della società odierna, che scinde il sacro dal profano nel tentativo di affermare una presunta secolarità, la quale appare sempre più artificiosa (e soprattutto inesistente) nelle culture antiche. In questo libro si congiunge una duplice prospettiva: quella dell’archeologia e della storia dove si individuano le numerose tracce dell’Infinito.
L’antropologia culturale parla di vari umanesimi: homo sapiens, homo ludens, homo faber, ecc.., ma non si può ignorare l’homo religiosus di cui il testo che andiamo a recensire dà prova. Appena l’uomo arrivò sulla terra chiese dell’aldilà! Come si afferma nel testo: l’uomo sin dai primordi anela all’Infinito!
A partire dal XIX secolo sono iniziati studi sulla cultura, la mentalità e la religiosità dei popoli primitivi. Alla luce di queste scoperte si evince come il sacro fosse una dimensione fondamentale della vita dei popoli antichi. Tra la metà degli anni ottanta e inizi anni novanta, nasce un rinnovato interesse per l’archeologia della religione dove storia e archeologia si collegano. L’archeologia religiosa si mostra come un ponte che, nella complessità della cultura odierna sempre più secolarizzata, riesce a creare connessioni e a rimuovere quelle sacche crescenti di resistenza contro la natura spirituale dell’uomo. L’archeologia religiosa ci può dunque aiutare a fornire suggestioni e spunti per la ricerca di prospettive non riduzioniste, volte ad una narrazione dell’umano più vera e viva nel suo costante divenire, capace inoltre di opporsi al soluzionismo tecnologico che si inginocchia costantemente davanti al pensiero dominante… Non conoscendo la scrittura, i popoli antichi ci hanno lasciato moltissime tracce che oggi noi possiamo interpretare grazie proprio alla conoscenza che ci offre l’archeologia religiosa. Una testimonianza che viene da lontano, soprattutto attraverso le tombe e i riti di sepoltura, in cui emerge la credenza in una realtà trascendente, capace di superare la realtà effettuale e quotidiana, nella quale si palesa una sincera coscienza delle manifestazioni dell’Infinito così puntuali e vicine alla realtà di ciascun individuo.
Il libro ci invita ad ascoltare ciò che la religione vuol dirci, scoprendo che essa è capace di affermarsi adeguatamente attraverso vestigia antiche, non nella veste idealizzata dei concetti, ma nelle varie sembianze storiche che l’hanno determinata. Si scopre allora il volto puro dei suoi credenti, il volto libero dai condizionamenti ideologici. Il testo, attraverso l’archeologia religiosa, prende in esame innanzitutto il periodo della cultura arcaica, mostrando come a questo livello la religione si presenta in modo semplice, nel suo aspetto più spontaneo e naturale, che nel divenire storico diventa pian piano più elaborato e complesso.
La religione è stata per le culture primitive come un universo simbolico, ha svolto la funzione mitologica di risposta ai grandi interrogativi dell’uomo, il mezzo concreto con il quale le cose hanno acquistato per la prima volta un senso globale. Successivamente ha consentito l’elaborazione dei vissuti, innanzitutto l’elaborazione del dolore e della morte. Risulta inoltre che la religione è un fatto esclusivamente umano, poiché solo l’uomo pone le questioni riguardanti il senso delle cose; e, inversamente, non si dà uomo senza religione. La religione è quindi non solo un fatto umano, ma pure universale.
La particolarità dei soggetti (graffiti, steli, lapidi o reperti archeologici), di cui il volume si avvale, ci racconta la fenomenologia dei luoghi e dei tempi di un’umanità sempre accompagnata e sostenuta da un anelito che la pone in avanti, in uno slancio verso l’Oltre, mentre, attraverso un lento e faticoso cammino, lascia orme indelebili.
Il testo si conclude appurando come la dimensione religiosa e la tendenza umana verso l’Alto e verso l’Altro da sé, costituisca una dimensione essenziale dell’uomo, rintracciabile dalla preistoria e visibile in tutte le tappe della storia umana; questa dimensione assume, però, la sua completezza nella religione cristiana, dove riveste pienamente un carattere relazionale e salvifico, divenendo “sacro sostanziale”, come afferma Congar nel suo testo: “La storia comparata delle religioni e l’ermeneutica”.
L’uomo ha lasciato tracce di sé da sempre, mostrando così il suo bisogno di comunicare; queste impronte sono spesso dei grandi solchi resistenti alle intemperie; segnate dal forte carattere dello spirito (in contrapposizione al carattere della bestia), si distinguono dal resto della creazione e si avvicinano al Creatore che le rende pienamente umane.
Simonetta Mosciatti