Il sacramento dell'ordine
-Dacci oggi il nostro pane degli Apostoli
(Gestis Verbisque)EAN 9788830815766
Il volume che si presenta, il numero 16 della collana Gestis verbisque, offre una visione originale sulla persona del ministro decifrabile all’interno di due polarità: Cristo e la Chiesa. Il ministro è conformato a Cristo capo della Chiesa come «Agere in persona Christi capitis et in nomine Ecclesiae». L’autore segnala anche una terza via originale: la successione apostolica derivante dal carisma che permette alla Chiesa di essere apostolica in una conformità radicale all’esperienza di Gesù con gli Apostoli. È certamente chiaro lo scopo e la tesi di fondo che attraversa come fil rouge l’intero libro. La successione apostolica (nella pienezza dell’episcopato e nella partecipazione propria agli altri gradi dell’ordine) offre alla Chiesa di oggi una continuità dinamica con la prima Chiesa affinché gli uomini e le donne del nostro tempo vivano l’autentica esperienza dei discepoli di Gesù.
Il cuore della proposta teologica di Giovanni Frausini – riassumibile nel primo capitolo – come anche quella di una parte considerevole dei docenti dell’Istituto Teologico Marchigiano (attualmente impegnati soprattutto nei contributi alla suddetta collana) consiste nel fare emergere il metodo della sacramentaria in una circolarità unitaria tra la lex orandi, la lex credendi e lex vivendi. L’originalità della proposta dell’autore è costituita dal raggiungimento, se pur in mysterio, del metodo mistagogico che partendo dalla celebrazione giunge all’intellectus fidei e introduce i credenti nella Trinità. Nel secondo capitolo l’autore sintetizza il modo della chiamata dei candidati all’ordine sacro nella prassi della Chiesa all’inizio del suo sorgere: una necessità della Chiesa (nella chiamata di Mattia si rileva l’esigenza di dover occupare il posto di Giuda) e non la realizzazione di un sogno o progetto personale. Nel terzo partendo dai numeri 10 e 11 della LG, che ricordano l’esercizio del sacerdozio di Cristo comune innanzitutto legato ai sacramenti e perciò ai riti, approfondendo l’insegnamento sull’unico sacerdozio di Cristo sommo sacerdote – da cui prendono forma il sacerdozio battesimale e ordinato – si intuisce che il ministero ordinato non è né prima né dopo la Chiesa perché i due elementi risultano in un’identica correlazione. Nel quarto capitolo si offrono le linee essenziali dell’essere apostoli di Cristo. L’apostolato – a detta dell’autore – non è mai stato limitato ai Dodici: il termine Apostolo benché significhi “mandato” tuttavia è in primo luogo un invito a essere con Lui e solo in seconda battuta è un invito a guarire e scacciare demoni (cf.Mc 3,15; Mt 10,1). Un particolare non trascurabile e che merita di essere segnalato, nonostante l’abisso bibliografico sul ministero ordinato, è lo specifico stare con Lui dell’apostolato e che Frausini non manca di evidenziare anzitutto con la caratteristica della loro rappresentatività di gruppo dei Dodici. Mattia sostituisce Giuda perché il ruolo degli Apostoli fu importante appunto poiché “gruppo”. Anche l’idea di “essere mandati a due a due” ha valore non solo di semplice aiuto ma di collegialità apostolica poiché la chiamata per una comunione con Cristo si attua sempre contemporaneamente in una comunità. In questo capitolo Frausini rileva che la preghiera di ordinazione episcopale fa entrare nell’intimo della Trinità e contemporaneamente pone una connessione tra la Chiesa apostolica e quella di oggi in cui l’opera della Trinità e l’agire della Chiesa si intersecano. Anche nel quinto capitolo Frausini si sofferma sulla preghiera di ordinazione episcopale approfondendone il suo significato teologico e recuperando la dimensione trinitaria in una sorta di ri-presentazione sacramentale tra la Trinità e l’agire della Chiesa. Nel sesto capitolo esaminando la lezione sulla successione apostolica viene colto il nesso tra quest’ultima e la vita trinitaria per affermare che attraverso la testimonianza apostolica la Chiesa coglie la sua missionarietà senza perdere la sua chiara identità; in ambito ecumenico l’ecclesiologia di Lutero è antisacramentale nella misura in cui separa la vera Chiesa (invisibile) dall’istituzione giuridicamente strutturata (quella apostolica) cosicché il problema apostolico tra la Chiesa visibile e quella invisibile va ricercato in quello cristologico, nell’aporia che divide il Cristo storico da quello pneumatologico. Nel settimo capitolo l’autore approfondisce il metodo teologico della preghiera di ordinazione dei presbiteri per far emergere la dimensione trinitaria presente in essa. Il capitolo decimo rilegge i tria munera: munus santificandi, docendi e regendi collegabili al trinomio parola-liturgia-carità, analizzando il versante cristologico-trinitario. Per ciò che concerne il munus docendi del Vescovo l’autore rileva che esso non apparterrebbe al proprium dell’azione pastorale poiché se lo si leggesse al contrario si rischierebbe di ridurre la pratica pastorale a un insieme di attività. Il servizio di testimonianza si fonda sul monito paolino di 1Cor 11,23 in cui si avverte di trasmettere ciò che si è ricevuto, benché la sana dottrina non prescinda mai da una condotta conforme (cf.1Tm 1,5). Per quanto attiene al munus santificandi Frausini evidenzia che l’esercizio di esso non si riduce solo alla sfera liturgica ma comprende anche il ministero della Parola, il lavoro pastorale, la preghiera nel guidare la comunità, poiché anche tutte queste altre dimensioni sono parti integranti di quell’opera di santificazione (cf.1Tm 4,5). Insegnamento, santificazione e governo si attuano in modo interscambiabile in ciascun aspetto del servizio ministeriale in modo che sia tutto ordinato all’edificazione della Chiesa e alla gloria della Trinità Santa. Il Vescovo come primo responsabile e i presbiteri come suoi collaboratori, con l’aiuto dei Diaconi, esercitano questo servizio che non si riduce mai al solo ambito liturgico. Per il munus regendi il fondamento cristologico è l’esempio di Cristo Buon Pastore che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita per le pecore (cf.Pastores gregis, 42). Lo stile di Gesù servo è la via maestra per esercitare la responsabilità pastorale. Con il capitolo dodicesimo si giunge a esaminare la teologia del presbiterio che vede un movimento non unidirezionale dei preti verso il Vescovo essendo un’esigenza anche del Vescovo impegnarsi attivamente nella ricerca della concordia con il presbiterio. Se questa è una necessità non solo unidirezionale lo è in primis perché il presbiterio costituisce l’epifania dell’amore relazionale della Trinità e non può che essere luogo dell’esperienza trinitaria che plasma strutturalmente la Chiesa fin dall’inizio. Di pregevole interesse è l’aspetto che l’autore coglie in rapporto al mistero del presbiterio poiché approfondendo l’Ecclesia de Trinitate designata nel primo capitolo della LG mostra che i rischi di considerare il presbiterato come via di santificazione personale piuttosto che come santità ad intra del presbiterio, come accadeva nella teologia medievale in cui solo l’episcopato e il ministero del parroco che erano considerati come modi di dedicare definitivamente e totalmente la propria vita a Dio, è oggi quanto mai rilevante. Il Vaticano II riconosce in ogni prete un credente dedicato a Dio, com’è per gli sposi nell’esercizio della vita familiare. Tutto ciò perché il mistero della Chiesa si illumina solo nella luce della Trinità delle Persone che in Dio sono relazione per antonomasia. Si passa al tredicesimo capitolo dedicato alle relazioni tra il presbiterio e il Vescovo. Un rischio che l’autore non manca di considerare è quello relativo a una sorta di riduzione allo stato sacrale dei ministri ordinati, giacché soprattutto oggi viene loro chiesto di essere uomini del culto per valorizzare così il laicato, sempre più desideroso di essere protagonista della vita ecclesiale. Per ciò che riguarda le relazioni tra il Vescovo e i presbiteri (cf.Presbiterorum Ordinis 7) si fa notare che il “come fratelli e amici” sta a indicare un rapporto tutt’altro che professionale e relegato alle cose da fare (relazione funzionale). La tentazione del Vescovo, oggi più che mai, di essere preoccupato a problemi che lo assillano (scarsa incidenza della fede nella vita di tanti battezzati, ridotta partecipazione alla vita della comunità, scarsità di clero, problemi legali e organizzativi, ecc.) rischia di non farlo più riuscire a relazionarsi da “persona a persona” con il presbiterio. Lo stesso vale per i presbiteri con il Vescovo: la mancanza di confidenza, il timore, la diffidenza non favoriscono un rapporto personale profondo. L’autore rileggendo un’affermazione di Marcello Semeraro, che a sua volta commenta l’Esortazione post-sinodale Pastores gregis 4, afferma che il Vescovo “deve stare dov’è la sofferenza” senza mai smettere di costruire strade di salvezza, aprendo sempre “nuove strade” alla libertà di ogni uomo. Frausini aggiunge anche che le riunioni di clero diventano momenti qualificanti del presbiterio. Compito del Vescovo – senza mai sostituirsi nel discernimento ai superiori del Seminario – è l’impegno che incomincia già con i candidati al presbiterato di una conoscenza affettuosa del loro carattere, attitudini, aspirazioni a livello di vita spirituale, zelo e ideali, condizioni economiche delle loro famiglie e tutto ciò che li riguarda. Rimane senz’altro di pregevole rilievo, ma che apre anche a ulteriori indagini e dibattitti, il riferimento al Vescovo emerito Mons. Carlo Ghidelli che nella sua lettera Missione compiuta descrive i propri sentimenti di lancinante dolore per le rassegnate dimissioni per limiti di età da lui definite «uno strappo vissuto con animo esacerbato e profondo dolore, una vera e propria espropriazione, un esilio». Frausini termina il suo libro ritenendo che un parroco-presbitero non vivrà nessun problema nel lasciare la comunità nel caso fosse stato semplicemente l’uomo dei sacramenti, ma se invece fosse stato il padre di una comunità che ha accompagnato e guidato i fratelli allora il cambio frequente dopo i nove anni costituirà indubbiamente un problema, perché entrerà in una nuova comunità come da “estraneo tra estranei”. Tutto questo vale ancor di più per il Vescovo. Quello che in ultima battuta pare lasciare perplessi è l’assenza totale di una considerazione da parte dell’autore sui risvolti positivi che un trasferimento può avere: sulla testimonianza al Vangelo, su se stessi, sulla comunità parrocchiale e diocesana. Non di rado invece sembra si assista a situazioni contrarie e ad atteggiamenti di chiusura talvolta poco edificanti davanti alla richiesta di trasferimento di un parroco dopo i nove anni canonici.
L’originalità del presente volume rimane senz’altro la scelta di muovere dall’analisi teologica del rito di ordinazione dei vescovi e dei presbiteri (lex orandi) per giungere a una ripresa dell’asse teologico del ministero presbiterale (lex credendi). Esso ha il merito di far emergere non solo l’aspetto teologico della lex orandi e della lex credendi ma anche l’attualità della lex vivendi poiché l’autore, a più riprese, palesa i fattori che generano la “crisi” e la demotivazione pastorale nel presbitero mostrando che in questa sua “crisi” si radica un’altra: quella dell’identità ecclesiale. Frausini sottolinea che i presbiteri non hanno solo bisogno di sapere quale sia la natura teologica del loro ministero – che rimane certamente sempre fondamentale – né tantomeno di essere giudicati sulla base di come sanno creare esperienze spirituali o suscitare entusiasmo, ma bensì di sperimentare una Chiesa più agile che liberi la loro identità da un “verticale” che li vede perlopiù come “uomini del sacro”. La “crisi pastorale” dei presbiteri, sembra voler dire l’autore, dev’essere superata sciogliendo il nodo non tanto cristologico e funzionale quanto ecclesiologico: la bassa qualità delle relazioni ecclesiali è alla base della “crisi” del presbitero poiché, secondo Frausini, difficilmente un presbitero si demotiva per cause teologiche o affettive (queste ultime possono far manifestare il disagio, ma non sono la ragione più profonda) semmai il versante affettivo diventa compensatorio della difficoltà delle relazioni con i laici, gli altri presbiteri e il Vescovo. Il contributo, dunque, ha il pregio non solo di leggere la situazione attuale del sacramento dell’ordine ma anche di individuare lucidamente il problema odierno della “crisi” del presbitero, rimandando a un’ulteriore indagine che lo analizzi maggiormente suggerendo più approfondite analisi sul sacramento dell’ordine.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2018
(http://www.pul.it)
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Don Antonio Marotta il 6 settembre 2017 alle 20:53 ha scritto:
Anche quest'opera dell'autore Frosini vale la pena di leggerla. Insieme a quella sul Presbiterio è un apporto imprescindibile nel panorama italiano. È il frutto del suo serio insegnamento nella specializzazione di Sacramentaria di Ancona. Il tema viene presentato da diverse prospettive e vuole essere una mistagogia del dono sacramentale. Il Sacramento dell'Ordine viene riletto alla luce della categoria dell'apostolicita'.