«In tanti anni sono cambiati gli studi sul vangelo di Marco e, nella misura del possibile, ho cercato di servirmene. Ma, in tanti anni, sono cambiati soprattutto i miei occhi che leggono. Mi pare d'aver capito che l'essenziale non è sempre la ricerca di significati nuovi, ma la penetrazione della bellezza e della profondità di ciò che è detto, che è lì, quasi in superficie, ma di cui bisogna accorgersi. Per accorgersi è necessaria una lettura partecipata e sempre capace di stupirsi. È questo che mi sono proposto nel mio commento. Aggiungo che il mio scopo è di far incontrare la Parola con la vita e la vita con la Parola. È "scontrandosi" con l'esistenza che la Parola svela il suo vero significato».
PREFAZIONE
di BRUNO MAGGIONI
Sono convinto che questo mio commento al vangelo di Marco — pur avendo lo stesso titolo di un commento precedente apparso nel lontano 1976 e più volte ristampato fino ad oggi — sia del tutto nuovo, o quasi del tutto. Dal 1976 ad oggi sono apparsi molti studi sul vangelo di Marco e nella misura del possibile ho cercato di servirmene. Tuttavia devo confessare che soprattutto è cambiato il mio modo di leggere un vangelo e, più in generale, ogni altra pagina della Bibbia. In tanti anni non soltanto sono cambiati gli studi che mi hanno aiutato a capire, ma sono soprattutto cambiati i miei occhi che leggono. Credo di comprendere che la profondità della lettura di un testo non equivale sempre alla complessità, bensì — almeno a volte — anche alla semplicità. Mi pare di aver capito che l'essenziale non è sempre la ricerca di significati nuovi, ma la penetrazione della bellezza e della profondità di ciò che è detto, che è lì, quasi in superficie, ma di cui bisogna accorgersi. Per accorgersi è necessaria una lettura incessante e partecipata, capace sempre di stupirsi.
Ricordo di aver letto che un grande rabbino — osservando come alcuni suoi colleghi si accapigliavano su una stessa frase — chiamò i suoi discepoli dicendo: «Vedete, molti commettono l'errore, di fronte al testo biblico, di voler andare sempre in profondità. In realtà le cose più difficili e più belle sono quelle che sono lì, andando in profondità non le vedete più. Sono lì, dovete osservarle, dovete leggerle e rileggerle tante volte».
Alle sue parole gli alunni si stupivano perché secondo loro bisognava andare in profondità. Lui si riempì la pipa e incominciò a fumare.
Aggiungo che il mio scopo, come sempre, è di far incontrare la Parola con la vita e la vita con la Parola. Sono sempre più convinto che la Parola di Dio si fa appello attraverso un'esistenza concreta, mai senza l'esistenza. È nell'esistenza, scontrandosi con l'esistenza, che la Parola svela il suo vero significato, mostrando anche quella diversità che sovrasta i nostri pensieri, quanto il cielo sovrasta la terra: non soltanto i nostri pensieri sul mondo, ma i nostri pensieri su Dio. Non basta dunque l'ascolto della Parola, come non basta il semplice ascolto dell'esistenza. Ascoltare significa confrontare la Parola con l'esistenza e l'esistenza con la Parola.
Se questo mio commento aiuta a confrontare l'esistenza e la Parola, non tocca a me dirlo. Lo dirà il lettore, se si accorgerà che il significato suggerito è veramente nel testo e se, nel contempo, si accorgerà che proprio quel significato tocca concretamente la sua vita.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Autore e datazione
Chi è l'autore del secondo vangelo? La questione non è certamente priva di importanza, anche se non è in alcun modo decisiva — secondo il metodo da noi scelto — per l'interpretazione del testo e per il suo valore teologico.
La tradizione cristiana antica è unanime nell'attribuire il secondo vangelo a Marco. Non c'è motivo serio — nonostante non manchino discussioni — per dubitare che si tratti di Giovanni Marco, personaggio più volte menzionato nel Nuovo Testamento.
Secondo una notizia di Atti 12,12, la madre di Marco — di nome Maria — era benestante, e possedeva una casa spaziosa in cui poteva radunarsi l'intera comunità. È proprio in casa sua che Pietro trovò ospitalità dopo essere stato liberato dalla prigione: «Si recò nella casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera». Marco ha due nomi: l'ebraico Giovanni e il soprannome greco/latino Marcos/Marcus. Questo fa pensare a una famiglia che parlava anche greco e che, certo, intratteneva rapporti anche con il mondo greco/romano.
Paolo nel suo biglietto a Filemone nomina Marco per primo nell'elenco dei collaboratori (Fm 24). Con stima e affetto Paolo parla ancora di Marco nella lettera ai Colossesi (4,10), ponendolo fra i pochi giudei convertiti che veramente hanno collaborato con lui:
Oggi gli studiosi ritengono quasi unanimemente che il vangelo di Marco sia stato il primo ad essere scritto. In un certo senso, dunque, Marco è l'inventore del genere «vangelo». SI discute sulla sua datazione. Secondo l'opinione ancora oggi più diffusa sarebbe stato scritto intorno agli anni 70. Sulla base, però, di un frammento ritrovato a Qumran e altri indizi, non mancano autori - per esempio O'Callaghan e C. Thiede - che riportano la composizione del vangelo di Marco addirittura verso l'anno 50.
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Danilo Boccassini il 12 gennaio 2012 alle 17:17 ha scritto:
Il più breve tra i vangeli non merita affatto un breve commento. Anzi, proprio la sua essenzialità fa' riflettere. Così, nella seconda lettura continua del Vangelo di Marco, don Bruno incontra nuovi problemi e nuove soluzioni per poter permettere a noi lettori di portare a frutto le nostre meditazioni.
Un commento che si presenta in un formato tascabile, ma non per questo scevro di riflessioni: lasciarsi scappare un'occasione del genere sarebbe un errore!
Domenico Di Natale il 6 aprile 2017 alle 13:12 ha scritto:
Un commento tutto nuovo di don Bruno Maggioni (forse il più bello di tutta la serie). È un commento che ha dietro le spalle l'esperienza del pastore, del biblista e dell'uomo che ha passato tutta la vita a confrontarsi con la parola di Dio. Scrive nella prefazione: "Il mio scopo, come sempre, è di far incontrare la Parola con la vita e la vita con la Parola.. Sono convinto che è nell'esistenza, scontrandosi con l'esistenza, che la Parola svela il suo vero significato". Ogni giorno siamo chiamati a vivere la Parola e questo testo aiuta a farlo. Buon cammino
Mara Pedrini il 14 novembre 2017 alle 17:49 ha scritto:
Ho acquistato questo commentario dietro suggerimento del mio Padre Spirituale, per una lettura più approfondita del Vangelo...ho finito per acquistare tutti e 4 i libri di Maggioni che sempre appaiono freschi nei commenti e offrono ottimi spunti di riflessione.