Volume di lectio divina popolare sui libri delle Cronache, di Esdra e Neemia, importanti per comprendere la storia della salvezza narrata dall'Antico Testamento.
PRESENTAZIONE
LA SPADA E LA CAZZUOLA
In un famoso discorso in occasione del IX anniversario della propria incoronazione, il 29 giugno del 1972, papa Paolo VI afferma di avere la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, c’è l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida della chiesa [...]. È entrato il dubbio nelle nostre coscienze ed è entrato per le finestre che invece dovevano essere aperte alla luce [...]. Anche nella chiesa regna questo stato di incerteza; si credeva che dopo il concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza...».
Per papa Montini, però, la secolarizzazione non disperderà il cattolicesimo; la crisi invece offrirà alla chiesa l’opportunità di sognare un futuro diverso attingendo forza dalle sue radici spirituali di sempre: si tratterà di ricostruire pastoralmente la comunità cristiana. In questi ultimi anni, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di papa Francesco, vediamo che il sogno di Paolo VI incomincia a realizzarsi. Le comunità cristiane sono esortate dai loro pastori a prendere in mano la cazzuola per costruire una nuova pastorale di evangelizzazione, tenendo sempre al fianco la spada della Parola di Dio tramandataci dalla chiesa primitiva.
La lectio divina dei libri di 1-2Cronache e di Esdra-Neemia, che proponiamo ci può aiutare ad approfondire in un clima di meditazione e di preghiera i germi di speranza che stanno spuntando nella chiesa del nostro tempo, quando sembra che i nostri templi si stiano progressivamente svuotando.
I cittadini di Gerusalemme ricostruivano le mura della città con la spada e la cazzuola (cf. Ne 4,11). Con la spada cinta ai fianchi, potevano affermare chiaramente: noi vogliamo essere quello che siamo sempre stati, cioè il popolo che il Signore si è scelto. La nuova identità sopraindividuale doveva essere frutto dell’obbedienza alla Torah proclamata solennemente nell’assemblea (Esdra-Neemia) e della costante scrutatio delle Scritture (1-2Cronache). Con la cazzuola in mano, potevano ricostruire una nuova comunità che, dopo le guerre maccabaiche, si tenesse pronta per un’era di pace sotto la guida di un nuovo Salomone (1-2Cronache).
Il metodo di lectio divina proposto da questa collana (lettura del testo, interpretazione e attualizzazione) è ripreso dalla prima liturgia della Parola registrata nella Bibbia (Ne 8,1-18): un testo dove possiamo ritrovare in nuce gli elementi portanti della lettura della Scrittura tradizionale nel popolo ebraico e continuata nel cristianesimo.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
In una lettera a Paolino di Nola, verso il 395, san Girolamo scriveva: «Chiunque si proponga di conoscere le Scritture senza avere una conoscenza delle Cronache, si rende ridicolo». Non sembra però che nella tradizione cristiana, ma nemmeno in quella ebraica, ci sia stata una profonda considerazione per questo libro della Bibbia. Il motivo potrebbe essere dovuto al fatto che la metà di esso riproduce precedenti libri biblici. Oggi, per una strana ironia della sorte, il Cronista così disputato come storico è diventato un tema guida nella recente ricerca biblica, soprattutto perché è l’unica composizione di cui noi possediamo attualmente alcune fonti. Possiamo quindi scoprire come si usava riportarle, riscrivendole in modo che parlassero ancora a una nuova generazione.
A chi scrive e chi è il Cronista?
La comunità a cui si rivolge il Cronista non è quella che vive nel postesilio sotto l’impero persiano e nemmeno quella governata dai dominatori greci; è invece quella che vive subito dopo le guerre maccabaiche nella seconda metà del II secolo a.C., una comunità che è riuscita a sopravvivere alla forza dell’ellenizzazione forzata, ma che ha ancora bisogno di rinforzarsi, ritornando alle proprie radici storiche della fede per poter sognare un nuovo futuro proveniente dall’alto.
Perché pensiamo che la comunità a cui si rivolge il nostro autore sia quella postmaccabaica? Innanzitutto nel libro si può constatare un uso esteso e preciso delle regole ermeneutiche tipiche della letteratura rabbinica, ma usate già nel II secolo a.C. nei testi di Qumran e in quelli dei LXX; inoltre solo nel periodo ellenistico diventa probabile una nuova fioritura letteraria in lingua ebraica, perché riprendono le scuole scribali, soprattutto quella presso il tempio; il Cronista poi usa tante fonti bibliche e quindi tanti rotoli, considerati da lui testi canonici, materiale costoso e raro. E se teniamo conto dell’assenza, secondo il Talmud (b.Sanhedrin 104b), di 1-2Cronache dall’elenco dei libri attribuiti verso il 200 a.C. agli «uomini della grande assemblea», i quali non tengono conto della conversione del re giudaico Manasse, che anzi escludono dal mondo futuro per aver trascinato il popolo lontano dalla legge, potremmo allora accettare la proposta di G. Steins1 di considerare 1-2Cronache come l’ultimo libro del canone ebraico, scritto nella seconda metà del II secolo a.C.
Contro questa datazione recente delle Cronache di solito si adduce una citazione di 2Cr 4,12-13LXX da parte di Eupolemo, uno storico giudeo della seconda metà del II secolo a.C. Si è notato però che non è chiaro il testo da cui lo storico giudeo prenda le sue notizie. E poi Eupolemo fa di Davide il figlio di Saul: un segno che non conosceva ancora le Cronache. Anche ritenere Davide come inventore e costruttore di strumenti musicali, il che richiamerebbe Sir 47,9-10, non convince, essendo un motivo ricorrente. Inoltre il Siracide non sembra conoscere l’interpretazione negativa e ironica data dall’autore alla morte di Giosia (2Cr 35,20-24). Infine l’ultimo argomento: il riferimento a una moneta persiana – diecimila dariche in 1Cr 29,7 – pare dimostrare il contrario. Si tratterebbe invece delle dracme greche.
Il Cronista è anche l’autore dei libri di Esdra e Neemia?
In questi ultimi trent’anni si è discusso sull’opinione, diventata comune tra gli studiosi, che questi libri fossero opera di un unico autore, idea che si fondava sulla base di queste argomentazioni fondamentali:
– la presenza dei primi versi di Esdra al termine di Cronache;
– il libro apocrifo di 1Esdra, che contiene materiale parallelo a 2Cr 35-36 ed Esd 1-10 e Ne 8 in un unico libro;
– affinità linguistiche e stilistiche tra 1-2Cronache ed Esdra-Neemia;
– comunanza di teologia e di visuale tra le due opere.
Si è vivacemente argomentato, da parte di alcuni studiosi, che le prime tre caratteristiche elencate non provano una paternità comune per questi libri; altri però continuano a rimanere fermi nella loro opinione. Comunque almeno sull’ultimo punto la ricerca sembra decisiva. Oggi si riconoscono le seguenti differenze di teologia e di visuale tra le due opere:
– in Esdra e Neemia è totalmente assente l’interesse per Davide e per il patto con la dinastia davidica, assai importante invece per l’autore delle Cronache;
– le tradizioni dell’Esodo, così in evidenza in Esdra e Neemia, sono praticamente ignorate dall’autore delle Cronache;
– rispetto ai matrimoni misti Esdra e Neemia hanno un atteggiamento di avversione, mentre l’autore delle Cronache è più tollerante;
– la retribuzione immediata richiamata frequentemente nelle Cronache è assente in Esdra e Neemia.
Sembra quindi che 1-2Cronache esprima una linea teologica diversa da quella presente nei libri di Esdra e Neemia, a cui si ispirano i farisei. Lo scriba che ha composto 1-2Cronache, avendo accesso ai rotoli del tesoro del tempio, probabilmente apparteneva al personale del santuario. Da qualcuno si pensa ai «figli di Zadok», in particolare ai sadducei, che volevano riformare il giudaismo ritornando alla Scrittura e che appaiono alla fine del secolo II a.C.
Il genere letterario di 1-2Cronache
Nel libro incontriamo una grande varietà di generi letterari: liste, genealogie lineari e segmentate, discorsi, oracoli profetici, una lettera, legislazione riguardante l’organizzazione e la pratica liturgica, citazioni di fonti, poesia, narrativa. Ma il Cronista che genere di opera vuole donarci?
Le opinioni degli studiosi sono varie. Le Cronache sarebbero un midrash giudaico, un commento agli scritti dei profeti, una storia, una storiografia, una riscrittura della Bibbia (rewritten Bible), una esegesi, un’opera di teologia, un sermone storico con l’intento dell’esortazione, una letteratura utopica.
Come spesso succede, ogni opinione ha qualcosa di vero. Tutti gli studiosi riconoscono che 1-2Cronache intendono offrire un messaggio ai lettori della propria epoca. Le loro diverse proposte potrebbero essere inserite entro la cornice più larga di una «storia artistica», composta a conclusione del canone ebraico nel periodo successivo alle guerre maccabaiche. Si tratta, infatti, di una storia che non solo vuole informare sul passato, ma ha lo scopo di formare i lettori a ritrovare una propria identità come comunità, la quale vive in tempi in cui rischia di scomparire fra le braccia del mondo ellenistico globalizzato. In 1-2Cronache non si trova soltanto un racconto di quello che effettivamente è avvenuto nel passato, come pretendono gli storici moderni, ma si vuole anche donare un quadro del passato che spieghi il presente. L’autore presenta il passato di Israele in forma nuova, in vista di un futuro differente; con ciò egli vuole dare un messaggio di speranza alla sua comunità.
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Dott. Manuel Sant il 4 giugno 2015 alle 20:05 ha scritto:
Questi libri della Bibbia sono tra i meno conosciuti e utilizzati nella Liturgia (e proprio per questo ho scelto di leggere questo libro) eppure contengono degli spunti bellissimi che l'autore riesce a far apprezzare davvero, pieni di suggestione secondo me i libri di Esdra e Neemia che narrano del ritorno a Gerusalemme e della ricostruzione non solo materiale, ma anche del rapporto con Dio. Attuale...