Sopra il cielo di Ravello
-60 anni con il beato Bonaventura da Potenza
EAN 9788820988685
Perché ancora un libro sul beato Bonaventura da Potenza? La risposta è contenuta nella Presentazione del cardinale José Saraiva Martins, già prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, lì dove afferma che «il lucano padre Gianfranco Grieco, dopo le due prime biografie edite nel 1989 e nel 1993, ci fa dono, nel III centenario della morte del beato, di questo libro che ha tutte le caratteristiche di un’originalità e di una genialità senza precedenti » (p. 5). Il presule individua ben dieci elementi di novità che attraversano in lungo e in largo il felice saggio che qui presentiamo, tra cui ci preme sottolineare il fatto che già nel 1722, solo undici anni dalla morte di fra Bonaventura da Potenza, il frate minore riformato Benedetto Mazzara, nel tomo decimo del Leggendario Francescano edito a Venezia, scriveva ben otto colonne di testo sulla Vita del venerabile Padre fra Bonaventura da Potenza, sacerdote conventuale.
Si tratta di un documento non più considerato in passato se non da Giuseppe Maria Rugilo e poi totalmente dimenticato dai biografi dopo il 1754. Tra gli elementi di novità, del presente saggio, occorre evidenziare quanto segue: la lunga descrizione delle soste giovanili di fra Bonaventura ad Aversa, a Maddaloni e a Lapio; gli otto anni trascorsi ad Amalfi; il rapporto del giovane fra Bonaventura con padre Domenico Girardelli da Muro Lucano; il ritrovamento di alcuni documenti inediti… Danno molto a pensare le pagine che raccontano di fra Bonaventura negli anni trascorsi ad Aversa, poi a Maddaloni e a Lapio.
Nella casa dei giovani professi, ad Aversa, il beato giunse tra la fine del 1667 e l’inizio del 1668; qui prese coscienza delle sue attitudini per la contemplazione più che per lo studio. A Maddaloni, il beato prese la decisione di abbandonare gli studi e chiese ai superiori di inoltrarsi nei sentieri della contemplazione. Qui egli ottenne il dono delle lacrime. Il beato fu visto piangere da padre Sebastiano di Cesare. A Lapio, invece, fra Bonaventura visse in solitudine e nella quiete francescana, tra penitenza e austerità. Visse tre anni di eremo che lo segnarono nel cammino di santità per tutta la vita. Leggendo questo saggio si ha l’impressione d’incontrarsi con un volto nuovo del beato Bonaventura che, per ben sessant’anni, è stato scelto dal Signore per essere strumento del suo amore e testimone dei suoi prodigi.
Ci troviamo, effettivamente, dinanzi a uno studio ricco di riferimenti storici, di excursus socio-culturali, di approfondimenti religiosi, di riquadri politici e commenti teologici. L’autore non veste i panni dell’agiografo in alcun modo. L’approccio che padre Grieco ha seguito è decisamente storico-religioso e teologico-spirituale. Storico-religioso perché riesce a scandagliare con pazienza e acume nel passato e a evocare i tratti originali del vissuto di questo umile figlio di Francesco, offrendo dei quadri ben precisi e delle analisi dettagliate, senza cadere in facili o complesse congetture storicistiche.
Teologico-spirituale, perché l’autore non ha indagato da semplice giornalista, bensì da uomo di fede, a partire cioè dall’esperienza di Cristo che ha segnato l’itinerario di vita del beato ed, evidentemente, anche il suo. In tal senso, abbiamo molto da recuperare in ambito storico: tutto ciò che riguarda la teologia e le cose dello spirito non sono poste al di fuori della storia, in una sorta di metafisica del pensiero, bensì dentro il vissuto della gente, nel cuore di chi si riconosce credente e amante di Dio e di chi resta affascinato dalla testimonianza dei santi. Raccontare l’esperienza di fede di un uomo di Dio significa, in qualche modo, andare oltre il dato oggettivo – i bruta facta – senza per questo mortificare il contenuto storico degli eventi e la verità a essi corrispondente, bensì rileggendo i fatti accaduti in una prospettiva più ampia. In tal senso, sarebbe giusto intitolare questo saggio Sotto il cielo di Ravello.
Perché l’attenzione a luoghi, personaggi, fatti storici, condizioni sociali, avvenimenti politici, e la riflessione sulla modernità che il testo propone, come anche il riferimento all’arte e alla filosofia, cioè alla condizione della modernità di quel tempo – siamo tra metà Seicento e inizi del Settecento –, ci permettono d’inserire meglio il beato nelle vicende del suo tempo e di leggere in misura meno imprecisa la sua storia di santità e lo stile di vita fraterna che i frati minori conventuali avevano assunto nella Costiera e nella Terra di Lavoro. Sotto il cielo di Ravello è un titolo appropriato anche perché in questo saggio sono raccolti i passi che fra Bonaventura ha lasciato solcando le nostre terre, camminando per gli stessi sentieri e viottoli che tutt’ora noi attraversiamo. È da leggere in questa prospettiva il primo capitolo: Dove dimorano i santi.
Se è vero che oggi Andrea e Matteo, apostoli del Signore, e Lorenzo e Pantaleone, martiri del Signore, così come Francesco e Chiara d’Assisi, dimorano sopra il cielo di Ravello, è altrettanto vero che questi santi, in passato, hanno abitato in quella terra tanto cara al beato e, quindi, sotto il cielo di Ravello. Di fatti, il capitolo secondo è come uno scatto fotografico sulle scene di vita quotidiana nei borghi di Ravello dell’anno 1954: una terribile alluvione colpì molti paesi della Costiera. Quell’anno, la festa del beato divenne un’occasione per invocare la misericordia di Dio e fare penitenza. Da qui la richiesta a più riprese di cambiare la data della festa del beato. Anche il capitolo terzo segue una prospettiva più storica: l’autore realizza un tracciato di storia di quella terra luminosamente aspra, eppure magicamente forte, che è la Basilicata. A tratti, padre Gianfranco indossa i panni del poeta e di un fine e raffinato scrittore: prende il sopravvento, in lui, l’amore di patria. Pur se breve, il capitolo quarto contiene un’analisi lucida della vita ecclesiale e francescana nella città di Potenza tra Seicento e Settecento.
Ai tempi del beato Bonaventura, il ricordo cultuale del serafico padre san Francesco, nella provincia di Terra di Lavoro e a Potenza in particolare, era più vivo che mai (cf. p. 43). Ci sembrano importanti le note bibliografiche, a carattere soprattutto storico, che l’autore di questo saggio pone alla fine di ogni capitolo. Interessante il capitolo quinto che, forse, ci offre una nuova chiave di lettura per comprendere la virtù dell’obbedienza praticata in toto da fra Bonaventura, vissuto sessant’anni tra l’età dell’assolutismo e l’era dei lumi. L’humus culturale del tempo fu quello dell’emancipazione totale dell’uomo, del rifiuto della verità assoluta, di ogni forma di costrizione e di dogmatismo nella fede. Il metodo cartesiano spadroneggiava in tutti gli ambienti e non semplicemente nel pensiero filosofico. Il beato si situa in un periodo culturale che rifiuta l’obbedienza al Trascendente.
Il tema della luce ritornerà esclusivamente attraverso l’arte. È quanto sembra affermare l’autore nel capitolo sesto. Se è vero che solo attraverso l’arte possiamo uscire da noi stessi, allora fra Bonaventura da Potenza fece della sua vita un esodo senza ritorno, lasciandosi sedurre completamente dall’amore per il Crocifisso e l’eucaristia. La sua devozione alla Vergine Maria cresceva di giorno in giorno. Egli comprese molto bene che la contemplazione del Mistero – la via della bellezza –, resa soprattutto dal silenzio adorante, introduce direttamente nel cuore di Dio, rispetto alla via della sola ragione umana come anche rispetto alla logica e a un approccio solo tecnico all’esistenza. Le solitudini dell’io e del pensiero immanente onnicomprensivo si possono superare, sembra raccontare il vissuto del beato, solo rivolgendosi fuori di sé e contemplando la bellezza di Dio nell’amore crocifisso di suo Figlio, Gesù Cristo!
Possiamo ritenere per vero, senza sbagliare, che dal capitolo settimo inizia una sorta di diario e di biografia del beato: la nascita a Potenza (capitolo settimo), l’ingresso in convento (capitolo ottavo), la stagione della prima itineranza (capitolo nono); il forte legame del beato con Amalfi (capitolo decimo), la ricerca della santità attraverso una vita ascetica (capitolo undicesimo), il confronto con la città di Napoli e i dintorni vivaci (Ischia, Capri, Sant’Anastasia… (capitolo dodicesimo). Assume un significato più teologico il capitolo tredicesimo, in cui l’autore presenta il beato Bonaventura da Potenza come un contemplativo del volto di Dio. Gli ultimi due capitoli sono dedicati, rispettivamente, agli anni che il beato trascorse a Ravello e alla virtù dell’obbedienza e alla libertà considerate queste ultime come le due vie che risalgono verso Cristo e da Cristo scendono verso gli uomini per dare senso all’umana esistenza (cf. p. 157).
I quindici capitoli brevemente qui presentati sono come i tasselli di un grande puzzle o, meglio, come le formelle di uno splendido mosaico antico e pregiato che manifesta la bellezza di una vita trascorsa con Cristo, in compagnia degli uomini. Tale fu la vita del beato Bonaventura da Potenza: un’esistenza spesa per Gesù Cristo e per il servizio dei fratelli. Uomo di carità, docile alla voce dello Spirito, innamorato del Crocifisso e dell’eucaristia, devoto della Vergine Maria e attento ai bisogni dei poveri, fra Bonaventura è un testimone autentico del Signore e vero figlio di Francesco, il Poverello d’Assisi. Il presente saggio s’impreziosisce con la traduzione dal francese del testo di Jean-Michel Sallmann intitolato Immagine e funzione del santo nella regione di Napoli tra la fine del XVII secolo e l’inizio del XVIII secolo. Il venerabile Domenico da Muro Lucano e il beato Bonaventura da Potenza. Vita, virtù, miracoli, doni, profezia, prodigi.
Il testo di padre Gianfranco Grieco si completa con una buona bibliografia ragionata, l’indice dei nomi e dei luoghi, e riesce a legare il passato con il presente, per proiettarlo sul futuro del terzo millennio; per questo si tratta dell’unica e vera fatica letteraria, storica e agiografica che lascia in eredità il terzo centenario della morte di fra Bonaventura da Potenza (1711-2011).
Tratto dalla rivista "Asprenas" n. 1-4/2012
(http://www.pftim.it)
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